Politica: Si vota per l’Europa. Ma noi italiani votiamo preoccupati soprattutto da stipendi e salute. Mentre i partiti-tribù restano schiavi dei loro slogan…

Il bilancio familiare, la salute, l’impossibilità di programmare il domani: gli italiani fotografati in questi ultimi giorni prima dell’elezioni europee dalla Regina dei sondaggi Alessandra Ghisleri, voteranno con lo sguardo rivolto soprattutto in casa propria. Al netto dei migranti, delle guerre e del futuro dell’Ue, delle cui dinamiche la maggioranza degli elettori italiani conosce molto poco. Assistiamo a una campagna elettorale vecchio stile, con misure propaganda dell’ultimo minuto modello Achille Lauro (l’armatore napoletano di una scarpa prima e una dopo il voto sì lui, non certo il cantante… l’antesignano di Silvio Berlusconi). Ecco anche il mini-condono, il decreto contro le liste d’attesa l’ennesima “pezza a colori” con in più la social card, una mancetta che pagheranno appena in qualche faranno modo cassa, l’ennesimo rinvio del redditometro. Meloni & C. credono ancora che la rincorsa al consenso estemporaneo funzioni… l’impressione più accreditata (ma i sondaggi non possono essere rivelati) invece, ci dice che gli italiani hanno capito che i conti si fanno a urne chiuse… «Ogni campagna elettorale è ricca di promesse e slogan. Le elezioni europee sono complicate per tanti motivi, a cominciare dal fatto che le circoscrizioni elettorali sono grandi e ciascun candidato ha un territorio ampio da esplorare. Da sempre sono caratterizzate da un’affluenza più bassa rispetto alle politiche o anche in genere alle amministrative. Inoltre, i messaggi degli ultimi 15 giorni tendono a essere più ricchi di iperboli, con i partiti che si rivolgono al proprio pubblico per fidelizzarlo e, in seconda battuta, tentano di coinvolgere altri elettori. Stavolta vediamo il centrodestra parlare al centrodestra, il centrosinistra al centrosinistra e tutti quanti agli indecisi, cercando di intercettare forze nuove in una fase in cui smuovere gli astensionisti è più difficile». La premier Giorgia Meloni ha chiuso la sua partita in Albania. Quanto valgono i migranti in termini di consenso? «L’immigrazione è un tema tradizionalmente forte che era un po’ calato con il Covid, quando la salute e la fragilità della situazione sanitaria l’avevano ridimensionato nel ranking delle priorità degli italiani. È tornato importante di recente come cartina di tornasole dell’essere in Europa, tra la redistribuzione nei vari Paesi e la capacità del nostro di assorbire tutte le persone che sbarcano qui ma nella maggior parte dei casi vogliono andare altrove. È un tema molto europeo». Fino a pochi giorni fa è stata la paura dell’escalation nucleare a dominare il dibattito politico. In che misura gli italiani voteranno pensando a Kyiv, alla Nato, alla pace? «Cominciamo con il dire che è una situazione speciale proprio per la nostra generazione, noi che siamo nati quasi tutti con l’idea che non avremmo mai più visto una guerra sul suolo europeo. In Ucraina all’inizio abbiamo pensato di poter vincere per procura, fornendo armi e scommettendo sul fatto che i due contendenti avrebbero risolto la situazione sul campo di battaglia. Ma la maggior parte degli italiani è sempre stata contraria all’invio di armi. C’è un senso di distacco evidente. Si tratta di territori che abbiamo imparato a conoscere attraverso i reportage. Poi è arrivata la guerra in Medioriente che ha tolto la platea a quella ucraina. Di certo su questo argomento ogni italiano voterà auspicandosi che le ostilità finiscano, perché siamo cresciuti senza guerra, con le speranze del crollo del muro di Berlino, con il ricordo di Hiroshima a esorcizzare qualsiasi possibile tentazione nucleare». Ma qual è oggi veramente la prima preoccupazione degli italiani? Dice Ghisleri: «Sempre la stessa, l’economia familiare e la stabilità per programmare la vita. Vale per tutti, per le famiglie mononucleari, per quelle numerose, per i single. L’impossibilità di programmarci la vita ci rende fragili di fronte al futuro, fa paura. E la paura è un ottimo movente per stimolare da una parte o dall’altra e far cambiare idea all’elettore. Al secondo posto gli italiani mettono la salute, l’impossibilità attuale di arrivare ad accedere ai servizi sanitari nella propria regione». Che risultato ci si aspetta rispetto all’astensionismo, il grande spettro che si aggira per l’Europa? «È un dato interessante che dipende da molteplici fattori, dalla simulazione attraverso le proposte elettorali, dal meteo, dalla tipologia del voto che in questo caso coinvolge l’intero fine settimana. L’affluenza è importante anche perché modifica quelle che potrebbero essere le percentuali di ogni partito, ce ne sono alcuni che vengono penalizzati dalla possibile mancata affluenza e altri che ne traggono vantaggio. Infine, visto che parliamo di elezioni europee che, per quanto importanti, restano un tema oscuro per molti italiani, specialmente i giovani. Dimentichiamo spesso che non tutti vivono “appesi” all’informazione politica». Chi più chi meno le forze politiche hanno ignorato il tema Ue. Non interessa agli eletti o non interessa agli elettori? «I temi europei nei loro tanti risvolti sono complicati da far comprendere: qualcuno ha cercato di sintetizzarne la complessità con un tappo che ostacola il bere, altri l’hanno fatto presidiando uno stabilimento balneare per ricordare la Bolkestein, c’è chi è agli arresti all’estero e ha puntato sui diritti. Tra le righe di tutte queste posizioni si è letta l’Europa, con la difficoltà aggiunta di non poter prevedere le possibili alleanze future». Queste le principali indicazioni… ma interessantissimo è il flash su quanto pesano i giovani, nati con l’Erasmus e con l’euro, e dove, se lo faranno, sposteranno l’ago della bilancia in queste elezioni? Dice sempre Alessandra Ghisleri: «Partiamo da un dato, i giovani italiani sono solo l’8,5% e gli over 50 quasi il 57%, il peso è quindi molto diverso. Per intercettarne il target qualcuno ha lavorato sul tema della Palestina, ma i giovani in genere votano meno, le donne votano meno, le giovani donne ancora meno». Alla fine, si è parlato poco della dimensione comunitaria nel timore d’irritare lo spirito nazionalista ma si è parlato ancora meno del voto amministrativo. Eppure, ci riguarda molto da vicino. «Si è parlato di sicuro più di Europa che di amministrative, a fronte di 27 capoluoghi di provincia e circa 3000 comuni chiamati alle urne i leader politici si sono concentrati sulla dimensione nazionale, alla ricerca di un voto plebiscitario che offra consenso e stabilità all’attuale governo, rubando così la scena al voto locale. Bisogna anche rilevare che il Pd, per esempio, ha candidato in Europa diversi sindaci “uscenti”, a dimostrazione che le personalità affermatisi sul piano locale hanno una potenziale eco più ampia. C’è poi un ultimo aspetto interessante ed è il fatto che ogni vent’anni si vota in concomitanza con le elezioni americane, è successo nel 1984, nel 2004, oggi e succederà nel 2044. Paradossalmente gli italiani sanno chi è il presidente degli Stati Uniti ma non sanno chi guidi la Commissione europea, se nomini Ursula von der Leyen la identificano ma se domandi il contrario non sono ugualmente preparati»…

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