Le scelte economiche che in questo ultimo trentennio hanno portato l’Europa a crescere la metà degli Stati Uniti e l’Italia la metà – o anche meno – dell’Europa, sono state il viatico che hanno portato all’attuale terremoto politico. Verso un nuovo ordine mondiale. È opinione ampiamente condivisa che negli ultimi decenni il mondo occidentale guidato dal modello neoliberista, prima elaborato in alcune università americane e poi tradotto in specifici suggerimenti di politica economica. E’ diventato un contributo negativo allo sviluppo economico generale. A partire dagli anni ’70 a livello accademico è emersa infatti una modellistica in cui i sistemi economici sono naturalmente orientati ad esiti ottimali nel senso walrasiano (la legge di Walras implica che, anche se esistono eccessi di domanda o offerta nei singoli mercati, la somma di questi deve essere nulla. Così, se in un mercato c’è un eccesso di domanda, deve esistere in un altro mercato un eccesso di offerta.). Se i sistemi non sono vicini alla piena occupazione, ciò è dovuto a rigidità che impediscono la piena flessibilità dei salari e dei prezzi o a comportamenti dissennati delle autorità pubbliche. Non esistendo di fatto problemi di carenza di domanda aggregata, gli interventi di politica fiscale devono essere marginalizzati; lo strumento d’intervento deve essere ricondotto alla politica monetaria, stante che l’inflazione è ritenuta anch’essa un fatto puramente monetario. Il nuovo modello di politica economica doveva sostituirsi a quello precedente che, sulla base di una lettura molto parziale, non sarebbe più stato in grado di garantire un adeguato funzionamento del sistema economico, essenzialmente per la pervasività dell’intervento pubblico. Dall’elaborazione teorica sono nate le proposte di politica economica: meccanismi contrattuali compatibili con la flessibilità dei rapporti di lavoro; sistemi di produzione e scambio tendenti alla concorrenza da perseguire con la legislazione antimonopolistica. Doveva in particolare essere superata la presenza pubblica nella sfera produttiva attraverso un esteso processo di privatizzazioni. La liberalizzazione degli scambi e la deregolamentazione finanziaria dovevano essere poi il canone cui conformarsi negli scambi internazionali. Nello stesso senso il ridimensionamento degli interventi pubblici, soprattutto nella sfera fiscale, era finalizzato a un aumento dell’offerta di lavoro e di risparmio, presupposto per tassi di crescita sostenuti. Si prometteva, in altri termini, un mondo efficiente e ad alta crescita, con assetti distributivi appropriati all’interno di ogni paese e con benefici distribuiti fra tutti i paesi. Si è manifestata in tutti i paesi dell’area occidentale una tendenza alla concentrazione dei redditi e della ricchezza, con effetti nocivi sulla coesione sociale; lungi dall’affermazione di regimi tendenzialmente concorrenziali, dominano su scala mondiale nei settori rilevanti strutture oligopolistiche fortemente concentrate; infine, si è manifestata una tendenza alla finanziarizzazione che ha prodotto rilevati fenomeni d’instabilità. Se il quadro generale è quello appena descritto, le modalità di applicazione del modello e gli effetti sono stati diversi in USA, Europa e Italia… Il Neoliberismo è l’ideologia che ha segnato il nostro passato e con tutta probabilità non guiderà il nostro futuro”. Tutto ciò porta all’andamento delle elezioni europee, avvenute la settimana scorsa. L’esito delle elezioni ha mostrato in modo netto la crisi dei governi francese e tedesco, cioè dei due paesi che sono stati determinanti nella costruzione e nella guida dell’Unione europea fin dallo storico incontro tra De Gaulle e Adenauer nel 1958. E questo mentre nel mondo si inaspriscono le rivalità e si stringono inedite alleanze. L’importanza di queste elezioni europee era ampiamente nota. Ma non era possibile prevedere un cambiamento così radicale nel mondo europeo. La vittoria del partito di Le Pen in Francia era sicuramente attesa. Ma il risultato supera ogni previsione a causa del crollo del partito di Macron, con un misero 14% di voti. Fino a pochi giorni fa Francia e Germania, seppure con accenti diversi, erano ancora una coppia al centro dell’Unione Europea. Ora il quadro è cambiato. Alla clamorosa sconfitta di Macron si accompagna quella di Scholz. I tre partiti del governo tedesco hanno subito perdite clamorose, raggiungendo insieme poco più del 30% dei voti, circa un terzo del totale dei voti tedeschi. In sostanza, l’alleanza franco-tedesca vede il collasso dei partiti degli attuali governi. Ma non è l’unica novità. Marine Le Pen, leader del partito di estrema destra, ha vinto più del previsto. Se la vittoria si consolidasse nelle elezioni del 30 giugno e 7 luglio, potremmo assistere ad una svolta clamorosa per la Francia e l’Unione Europea, con il giovane Jordan Bardella capo del governo e Marine Le Pen candidata alla presidenza della Repubblica nel 2027. C’è stato un tempo in cui l’alleanza franco-tedesca era considerata un punto di svolta, fondamentale nella costruzione della Comunità europea. Fu sugellata nello storico incontro nell’autunno del 1958 tra Charles de Gaulle, eletto in estate alla guida della Francia, e Konrad Adenauer, nella residenza privata di Colombey-les-Deux-Églises. Una svolta che dominò i decenni successivi con l’alleanza franco-tedesca. Tuttavia, per de Gaulle i paesi appartenenti alla Comunità europea dovevano mantenere la propria sovranità in un quadro di stretta collaborazione sia nelle politiche interne che in quella internazionale. Ma ciò che seguì fu caratterizzato da tendenze diverse, con Mitterrand e Delors che videro nell’alleanza franco-tedesca la direzione dell’Unione Europea come alternativa sostanziale alla sovranità degli Stati che la componevano. Come possiamo ben comprendere questo capitolo della storia europea si è probabilmente chiuso con questa clamorosa sconfitta di Macron e Scholz nei due principali paesi dell’Unione. Il cambiamento radicale in Francia coincide – come si diceva – con la clamorosa sconfitta del governo tedesco, con la somma dei partiti di centrosinistra al 31 per cento: Socialdemocrazia ridotta a 14 seggi, Verdi e Liberali rispettivamente a 12 e 5 seggi. Insieme i partiti che sostengono l’attuale governo hanno meno di un terzo dei 96 seggi tedeschi al Parlamento europeo. Il recente successo della destra in Francia e Germania ha avuto importanti ripercussioni anche in Italia con il consolidamento del partito di destra Fratelli d’Italia, guidato da Giorgia Meloni e dei suoi alleati: Forza Italia, fondata da Berlusconi, e la Lega guidata da Salvini. Buono nonostante tutto ciò il risultato del Partito democratico guidato da Elly Schlein con oltre il 24 per cento dei voti. Un avanzamento che, però, coincide con il drastico arretramento, seppure previsto, del Movimento Cinque Stelle. La politica europea va subendo un cambiamento radicale con il successo iniziale dell’approccio americano basato sulla rottura dei rapporti con la Russia. L’America ha vinto la prima mano della partita giocata in Europa, ma si ritrova ad affrontare una realtà inaspettata. La Russia, apparentemente espulsa dall’Europa, ha stretto un accordo con la Cina. Nel frattempo, Cina e Russia fanno parte dell’alleanza tra Brasile e Sudafrica insieme all’India, dove il capo del governo Narendra Modi ha vinto nuovamente le recenti elezioni. E molti altri paesi devono essere aggiunti dall’America Latina e dall’Africa. Gli Stati Uniti preparandoni alle elezioni presidenziali del prossimo novembre hanno praticamente scordato (congelando gli aiuti militari per quasi 6 mesi) l’Ucraina, cercando nel contempo di frenare la politica israeliana nei confronti della Palestina dopo la sostanziale distruzione dei centri abitati nella Striscia di Gaza e la dispersione di oltre un milione e mezzo di palestinesi sui 2 milioni e mezzo della Striscia. Al profondo cambiamento dello scenario europeo si accompagnano gli inaspettati cambiamenti in Medio Oriente dove l’Arabia Saudita ha pianificato un importante rapporto con l’Iran pur avendo una vecchia alleanza con gli Stati Uniti. Allo stesso tempo, si è schierata a favore di una soluzione del conflitto con la Palestina indipendente da Israele. Il mondo è diventato più complicato negli ultimi anni, quando il problema sembrava essere proprio la separazione della Russia dai confini europei e forse l’eliminazione di Putin dalla leadership russa. Biden – che ha anche problemi familiari a causa della condanna del figlio come ex consigliere del governo ucraino – ha cercato di convincere il governo israeliano a fermare l’attacco a Gaza senza riconoscere il ruolo di Hamas nella lotta per l’indipendenza palestinese. Ma finora senza risultati concreti, vista la posizione di Netanyahu volta a eliminare il tentativo palestinese di avere uno Stato indipendente accanto a Israele. La politica di Biden resta alla ricerca di una soluzione incentrata sulla sospensione del conflitto – ma con quale esito? – dello scontro israelo-palestinese che potrebbe favorire il possibile successo di Trump alle elezioni di novembre. Una vittoria che, tra l’altro, coinciderebbe con la volontà di Trump di sospendere il conflitto con la Russia, ponendo la Cina al centro del confronto. Pertanto, i cambiamenti verificatisi nelle esperienze europee vengono inaspettatamente inseriti in un quadro internazionale in movimento. Il futuro non può essere più di tanto previsto. Ma è certo che il quadro economico e politico mondiale è cambiato sotto molti aspetti. Vedremo quali conseguenze avranno i terremoti in Francia e Germania, i paesi più importanti nel passato come nel futuro dell’Unione Europea…
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