Politica: una volta si diceva che “l’Unione fa la forza”. Oggi, non sembra più sia così. Ritorna la questione morale” da Berlinguer a Schlein e Conte. Siamo ad una politica incapace di visione ma solo del “nulla demagogico”. La lezione di Berlinguer sulla “questione morale”. A sinistra manca un partito in grado di attrarre e convincere…

La questione morale esiste, ed è gigantesca. Riguarda l’incapacità della politica di produrre buona politica, ovvero di comprendere il tempo in cui vive e affrontarlo. La rivoluzione digitale; il commercio globale; la destrutturazione del mercato del lavoro; la crisi dello stato nazionale; le enormi migrazioni intercontinentali; l’asse del mondo che s’è spostato dall’Atlantico al Pacifico; la crescita tumultuosa di nuove potenze demografiche, militari e commerciali come Cina e India. La Storia che si ripresenta sembra minacciare il modello democratico liberale, rimasto fermo al suo grande trionfo del 1989: la caduta del Muro del Berlino, la fine del comunismo, la promessa di un mondo di pace e prosperità che rischia di evaporare nella preoccupante incapacità di scuotersi. Dall’11 settembre 2001, ma forse anche prima, il Mondo brucia di questioni nuove che non comprendiamo e non affrontiamo. Perché abbiamo una politica incapace di visione ma solo del “nulla demagogico”. La questione morale posta nel 1981 da Enrico Berlinguer non aveva a che fare con un’idea astratta di onestà o di purezza morale, ma con il rapporto tra politica e potere. Nelle parole che il segretario del Partito comunista italiano (Pci) affidò a Eugenio Scalfari, e che confluirono in una famosa intervista pubblicata su Repubblica, non c’era nessun moralismo. C’era invece una asciutta ma durissima denuncia del sistema di potere che dal dopoguerra si era consolidato in particolare, ma non soltanto, intorno alla Democrazia cristiana. “I partiti non fanno più politica”, affermava in quell’intervista Berlinguer, rivendicando la diversità del Pci e spiegando che le altre forze politiche si erano trasformate in macchine di potere e clientela, e gestivano gli interessi più disparati senza più “alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”. “La loro stessa struttura organizzativa”, diceva ancora il segretario del Pci, “si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un ‘boss’ e dei ‘sotto-boss’”. Il cuore del ragionamento, come è evidente, era soprattutto politico: “La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”. Purtroppo negli ultimi trent’anni – quelli della cosiddetta seconda repubblica – quel sistema denunciato da Berlinguer pare invece diventato patrimonio ideale condiviso anche da quel partito le cui radici in parte si rifarebbero al PCI di Berlinguer. Le parole di quarant’anni fa sono applicabili con inquietante precisione anche alle formazioni politiche che oggi si collocano nel centrosinistra, di fatto ormai quasi indistinguibili dai partiti governativi di allora sotto il profilo degli interessi e perfino dei valori rappresentati. Come hanno sottolineato molti osservatori per spiegare le ragioni della sconfitta del Partito democratico (Pd) alle ultime elezioni politiche, ciò riguarda soprattutto proprio il Pd, organizzazione che è nata e si è sviluppata come strumento di potere più che come partito di idee. E che avendo ora perso il potere è entrato nella sua crisi più profonda. Ma naturalmente è un problema che non riguarda solo il Pd. Si è tentato di limitare le responsabilità all’attività di singoli, senza affrontare i nodi politici che sono alla base di ogni cosa. Rilette oggi, insomma, le parole di Berlinguer sono in grado di spiegare la crisi dei partiti dell’attuale centrosinistra. E si tratta di una crisi soprattutto politica. Per i leader di quei partiti ammetterlo significherebbe ammettere la propria sconfitta culturale. Ed è anche per questo che tra quei dirigenti si fatica spesso a rispondere sul tema delle distorsioni nel rapporto tra potere e politica, anche quando le domande non hanno nulla a che fare con il coinvolgimento nelle inchieste della magistratura. E tutto si fa più difficile quando quel coinvolgimento – direttamente o indirettamente – si realizza. È ciò che sta succedendo in questi giorni, con le notizie che arrivano dalla Puglia e dal Piemonte relative a un presunto sistema corruttivo annidato all’interno delle rispettive istituzioni regionali. Così, in questi giorni, a sinistra si è rimasti per lo più in silenzio o quasi. E, quando si è deciso di parlare, invece di affrontare la questione politica – ossia la trasformazione anche a sinistra dei partiti in “federazioni di camarille” al servizio di leader carismatici – si è preferito affondare il colpo sugli aspetti giudiziari, si è preferito mostrarsi indignati e cedere a un moralismo che si accende rapidamente, come altrettanto rapidamente si spegne. Ma non può stupire: in fin dei conti è un modo per provare a limitare le responsabilità all’attività di singoli, e dunque per tentare di salvare la baracca senza affrontare i nodi politici che sono alla base di ogni cosa. Anche se quei nodi minano la baracca alle fondamenta molto più di quanto non facciano singole vicende giudiziarie. Ecco allora che nel Partito democratico si è definito lo scandalo come “inaccettabile”, e sono state annunciate massima inflessibilità e intransigenza nei confronti di chi dovesse essere coinvolto. Gettate sul piatto così, senza nessun tipo di analisi, restano parole inutili, e tanto consuete da essere ormai logore. Il voto di scambio lo lascio alla magistratura, lo scontro Conte/Schlein non mi appassiona. Quello che mi fa dolore e rabbia è la mancanza di una realtà politica di sinistra che si doveva e si poteva costruire, come credibile alternativa politica, con umiltà e coraggio dal basso. Perché la “roba seria” ha sempre bisogno di tempo per essere assimilata e condivisa dalla società moderna che non è più quella degli anni ’90. Ma la lotta di classe c’è benché il PD l’abbia lasciata alla destra sociale o quel poco che rimane di una sinistra alternativa extraparlamentare. Le vicende pugliesi e piemontesi sono la metafora di quello che si è voluto chiamare indistintamente “campo”. Campo perché, non avendo di fatto un progetto politico nuovo, coraggioso ed in grado di appassionare gli orfani e i disincantati della sinistra, poteva riferirsi solo all’ammucchiata per la “crociata” contro le destre. Sventolando ovvio l’antifascismo e l’antimafia. Succede quando piuttosto che capire “chi sei e cosa vuoi fare”, si preferisce guardare agli altri… sventolando, delle bandiere sbiadite. Il trasformismo del Pd, la buona volontà di Schlein che si scontra con le correnti e resta una soluzione politica da gazebo. Il famoso “Avvocato del popolo”, pescato per caso nei salotti romani è stato molto abile nel passare dal gialloverde al giallorosso, e fortunato per essersi trovato al posto giusto nel momento cupo e disastroso di pandemia da Covid. Cosa che gli ha consentito una “connessione sentimentale” con gli italiani, ragionevolmente impauriti e disuniti. Conte è stato abile e astuto a trasformare i “grillini”: da M5s del vaffa a M5s del populismo di sinistra. E da oggi è anche il totem per la difesa e il ripristino della Legalità! Schlein, considerata una sorta di “vello d’oro salvifico” per la classe dirigente pdessina, è servita a non sciogliere il Pd e garantire il posto nel nuovo Parlamento a tanti “quadri”. Anzi è riuscita a riesumare anche i fuoriusciti che si sono ripresentati nella veste di “figliuoli prodighi”. Bisognerebbe domandarsi perché il nostro Paese non abbia più una forza eco socialista in grado di attrarre e convincere una base e un elettorato rifugiatosi in buona parte nell’astensionismo che infondo lo chiede ormai da molto tempo invano…

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