Politica: viviamo tempi alquanto difficili. L’ ambascia dei militanti del PD dentro un partito ‘disfunzionale’…

Parte seconda…

Ciò detto, non vi nascondo che sono personalmente in difficolta. Fatico (come molti altri iscritti) sempre più a comprendere la reale dimensione politica di questo Pd. Fatico personalmente soprattutto a ritrovare la mia dimensione militante dentro questo partito, rispetto alla dimensione globale dei problemi che oggi assillano la vita di gran parte dell’umanità e qualche volta mi chiedo è “colpa mia?” Sono diventato refrattario alla dimensione militante, che viene chiesta agli iscritti del partito democratico? Eppure, penso che non mi manchi l’esperienza, ho militato nel sindacato confederale per più di trent’anni (la Cisl, oggi diventata il ‘fantasma’ della grande organizzazione che fu negli anni tra i ’70 e gli anni 2000) con incarichi di vertice a livello regionale e nazionale nella Federazione Italiana dei trasporti (FIT), con una quotidiana vicinanza coi partiti storici della sinistra, si può dire che ho militato da questa parte della barricata per un’intera vita. Dunque, refrattario e ormai (forse anche per età) inadatto rispetto ai tempi e all’attualità che quotidianamente viviamo? Sono… mi sento perennemente divaricato tra i pensieri alti che oggi ritornano ad insistere proprio sull’esistenza e la condizione umana, che è sempre più difficile anche in questa parte del mondo. Sì, divaricato tra questi pensieri e lo stare dentro una quotidianità di vita frammentata, no!  Il termine esatto è “frantumata”, in mille questioni di sopravvivenza che ognuno di noi alla fine è costretto a vivere individualmente in una condizione di semi solitudine (com’è descritta in una poesia di Costantino Kavafis) che rappresentano sicuramente oggi il nostro individuale, ma che a guardare bene, sono ancora quelli di un “collettivo sociale”, che ben al di là, dell’individualismo che caratterizza la società moderna, mantiene le radici nell’Umanesimo seppur vediamo spengersi la sua dimensione culturale. Con l’Umanesimo si affermava una cultura che metteva l’uomo, al centro dell’universo che con la ragione era capace di scegliere e realizzare il proprio destino. L’Umanesimo che ha attraversato e caratterizzato via via tutti i movimenti culturali degli ultimi secoli (una cultura che vede l’uomo non come una bestia perchè non si comporta come tale). Invece, oggi assistiamo sempre meno sorpresi alla bestialità dei conflitti, tornano le guerre, una al centro d’Europa tra Russia e l’Ucrain, e dopo due anni non si riesce ancora a comprendere come fermarla, restabilendo un clima di Pace. E altrettanto succede con la più recente ennesima guerra Mediorientale tra Israele e Palestina, con un carico esorbitante di vite civili spezzate. Per finire poi, nella realtà,  alle questioni ordinarie del vivere quotidiano delle persone: le pensioni, il reddito da lavoro, la casa, la sanità e l’istruzione, con la percezione acuta che tutto vada arretrando e perdendosi… Ma c’è di più per non esser contenti della militanza nel Pd questa è di fatto spesa in una dimensione di quartiere, nei Municipi della Città Metropolitana, con un’attività dei Circoli dispersiva e dati alla mano, poco attraente, anche per gran parte degli stessi iscritti al partito, che non partecipano in alcun modo, se non con il rinnovo della tessera annuale. Alla fine, il corpo veramente attivo del partito, si riduce a circa un terzo dei suoi iscritti. Così l’intero partito funziona o meglio non funziona affatto! Visto che ogni circolo è una “scatola cinese” se stante, che metterne d’accordo tre, all’interno dello stesso Municipio sul nome di un unico coordinatore, diventa un’impresa di Sisifo… Allora, facendola breve: come si fa ad andare oltre questo stato d’animo, oltre questa situazione? Uno stato d’animo che sono sicuro non è solo mio. Come si fa ad andare avanti? Bisognerebbe chiedersi una volta per tutte: “Perché la Sinistra fa così fatica a parlare al Paese?” È una domanda fondamentale se vogliamo capire, anche nei circoli, una volta per tutte, cosa dobbiamo fare: per arginare e contendere il sostegno popolare che oggi va a destra. Io, mi sono ‘riscritto’ al Pd qualche mese prima del Congresso, dopo la debacle del 25 settembre. L’ho vissuto come un ritorno a casa, convinto che dopo quelle elezioni il partito necessariamente si sarebbe finalmente rinnovato. “Congresso costituente”. Pareva che il Pd avesse compreso come fosse necessario “rifare il partito” (parafrasando il titolo di un libro di Antonio Floridia). Sì, insomma che fosse finalmente giunto il momento di ragionare sulle ragioni della nostra crisi, della crisi più generale della Sinistra italiana, guardando anche a quel che accadeva in Europa e nel Mondo. Me ne ero andato all’arrivo di Renzi (era stata una questione di pelle, per me si vedeva ad occhio nudo chi era costui). La Leopolda, il partito nel partito, attorniato da un “Giglio Magico” di fedelissimi, l’aria strafottente, l’eloquio irriverente, lo slogan “bisogna rottamare” dare aria ai locali, all’insegna del motto di Bartali: “l’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare!” Mischiato con il motto berlusconiano del “ghe pensi mi!” Ma lasciamo perdere, d’altronde molti del gruppo dirigente del Pd si erano già adattati da tempo al pensiero “breve” e una volta arrivato quello lì, poteva succedere solo quello che è successo. Me ne sono andato quindi ben prima delle scissioni per le quali non ho una propensione particolare e quindi non vi ho partecipato. Me ne sono andato via prima. Personalmente ho sempre pensato e interiorizzato l’Unità come un valore cui ispirarmi, un valore di Sinistra, che faceva il paio con la Solidarietà. Sì, insomma, mi pare di avere avuto sempre ben presente che il valore dell’Io, del singolo è tale se tiene conto del valore dell’altro se guarda all’eguaglianza umana, oltre ogni differenza di razza, status sociale e di genere. Un Io che fosse comunque ancora parte di un Noi. Ecco da ciò, la spinta ad esserci ancora, di stare in campo nonostante l’età, i connessi acciacchi e una ordinaria stanchezza legata all’accumulo degli anni. Il Pd è stato mobilitato l’anno scorso mesi e mesi per le due fasi congressuali quella nazionale e le relative votazioni, poi più recentemente per i livelli regionali e metropolitani, dei coordinamenti di Municipio, delle donne democratiche. Non lo nascondo, mi sono sentito un po’ un marziano, con l’impressione di vivere in una specie di ‘votificio’. Ed è cresciuta la convinzione che alla fine oltre il voto non vi sia molto altro. Noi iscritti nei circoli siamo praticamente i protagonisti principali di questo continuo votare e votarci, ma alla fine non è questo né vera democrazia interna, né l’iniezione di fiducia necessaria a rivitalizzare e rinnovare il partito, anzi ne conferma lo stato “comatoso”. Ho maturato la convinzione che questo Pd vada ‘rivoltato come un guanto’…perché con meno di ciò “perdiamo solo tempo!” E non andiamo da nessuna parte. D’altronde dentro il partito non si sentono che lamentazioni sul partito stesso. Quindi cosa si aspetta ancora? Ci sono scadenze elettorali quindi questa è la priorità! Già le prossime elezioni europee passando per alcune elezioni regionali… ma così non succede altro che attendere di volta in volta… come va a finire, con il rischio che poi a farci decidere sia qualche decimale in più o meno della volta precedente. E la decisione, la compie il gruppo dirigente in ragione del fatto se tenere la Segretaria o mandarla a casa dopo il prossimo 10 giugno. Arriveremmo così a 10 o forse sono già 11 i segretari del partito che sono cambiati in questi poco più di 16 anni di esistenza del Pd. “Un congresso costituente” era stato detto. Non è andata così. Un tempo lungo per un congresso lungo, anzi lunghissimo, si potrebbe dire la prosecuzione di un congresso perenne… all’intero del tempo trascorso da quando fu fondato il Pd. Eternamente in competizione fuori (visto le pressoché annuali cadenze elettorali) ma soprattutto dentro il partito (su cosa votiamo esattamente? A riguardo c’è ancora tanto da capire e declinare). Dicevo di un partito “votificio”, un partito autoreferente, un gruppo dirigente tutt’altro che eterogeneo e sicuramente datato anche anagraficamente, non credo ci sia da dire molto altro riguardo la situazione del partito. Dico solo, che ormai è più che un’impressione, stiamo sempre fermi allo stesso punto e siamo tutt’altro, che di fronte a un processo di rinnovamento profondo del partito, necessario come diciamo sempre per riportare alla politica buona parte dell’astensionismo (sono ben circa 17milioni che non votano più). Domandiamoci, la Elly Schlein la prima Segretaria donna, la stiamo veramente aiutando ad andare avanti o la costringiamo pressoché quotidianamente a sfogliare la margherita, ben oltre la questione della sua candidatura alle Europee (non si ha da fare, non si deve presentare non è etico farlo per poi non andare in Europa, si, lo deve fare comunque, ma non dà capolista unica in tutte le circoscrizioni, così, altrimenti si penalizzano altre donne). Ma che cavolo! E’ così difficile capire che così per lei (ma anche per noi) è solo un costante sorta d’interrogativo esistenziale, la costringiamo (ci costringiamo) a continuare a chiedersi “il partito m’ama o non mi ama?” E di convesso c’è chi tra noi si chiede di continuo: “ma lei ama il partito?” Ecco detto e fatto: passiamo il nostro tempo sfogliando margherite! D’altronde il tiro al piccione, il tiro al segretario/segretaria del Pd nel Pd è assurto ormai a sport nazionale, oggetto a critiche le più disparate e soprattutto anche di segno opposto, ma tuttavia è lo sport che pratichiamo… Mi domando: “ma un partito così è rinnovabile?” Io ho la convinzione che quello di segretario/a del Pd sia non già un mestiere difficile, ma di fatto sia impossibile. Al netto degli errori e dei limiti di chi quel mestiere lo svolge pro tempore. Ad avvalorare tale conclusione non sta solo la saga dei dieci segretari che si sono succeduti in tale responsabilità. Mi spiego. Si sostiene, non a torto, che, pur avendo archiviato la versione spinta (sino alla velleitaria presunzione di autosufficienza) della cosiddetta “vocazione maggioritaria”, lo statuto ideale del partito prescriva un pluralismo interno, la tensione a includere culture e orientamenti politici diversi. Di centro e di sinistra; di una sinistra moderata e di una sinistra radicale, laici e cattolici. Naturalmente nel presupposto che le sue molteplici anime coltivino solo uno spirito dialogico e inclusivo, ma tutti con la loro identità, rappresentanze e programmi nel governo del Paese. Bene, ma la sintesi si fa problematica, quando stando all’opposizione, la situazione di crisi economica rende la situazione sociale incandescente e accentua le diseguaglianze, diciamo quindi che l’ ”anima più di sinistra” del Pd indica le contraddizioni di un capitalismo senza regole e chiede controlli e cambiamenti e alla critica aggiunge delle proposte, non contentandosi evidentemente solo di un ruolo meramente testimoniale. Ecco, che dentro il partito sul versante opposto, si indulge al “governismo”, ribadendo che stando al governo (ma oggi, non ci stanno gli altri? E soprattutto ci sta la destra!) occorre attestarsi su posizioni liberiste che in realtà a guardar bene spesso non si discostano sostanzialmente da quelle della destra che sta al governo. Quelle di chi, nel Pd, si spinse a considerare il sostegno a Monti prima e a Draghi poi, non già un fatto congiunturale (governi tecnici), ma chiedono atti di responsabilità e condivisione, ma così si vuole e si cerca solo l’inveramento della stessa ragione politica del Pd. Riproponendo di fatto sempre due prospettive divaricate e non componibili. Che francamente non capisco proprio a chi serve. Dentro al Pd, non vedo, ne sento nessuno, proporre la rivoluzione comunista con l’uscita dal Capitalismo, ma sento e faccio anch’io critiche al capitalismo o meglio alla sua versione neoliberista e meramente finanziaria, che ha generato diseguaglianze profonde, ampliato l’area della povertà, aperto conflitti armati ecc… Sono critiche che ormai pongano anche i principali economisti americani e occidentali… da Joseph Stiglitz premio Nobel per l’Economia nel 2001 a Thomas Piketty Economista autore del saggio Il Capitale nel XXI secolo… ma non sono i soli. Molti economisti oggi parlano di “Suicidio del Capitalismo” e propongono “un socialismo possibile”). Lo stesso discorso vale per altre polarità quelle tra passato e presente: tra eredi della filiera Pci-Pds-Ds ed eredi di quella Dc-Ppi-Margherita; o, più avanti, tra chi la torsione renziana l’ha sposata senza riserve e chi l’ha osteggiata o subita. Ancora: tra laici inclini a un laicismo ideologico e militante e “cattolici” tra virgolette, che si intestano la rappresentanza di una categoria religiosa (il cattolicesimo) anziché politica. Cosa che non osano più fare neppure il Papa, i Vescovi e i Preti. Tra l’altro con una curiosa schizofrenia: tutti molto reattivi sulle questioni etiche (come il fine vita), ma assai meno su altri fronti quali la questione sociale e soprattutto la pace e la guerra cui pure dovrebbero essere molto sensibili come “cattolici”. Un’ulteriore polarità quella che attiene alla singolare, ambivalente forma-partito del Pd. Partito di iscritti o partito di elettori? Ove lo strumento delle primarie per eleggere il leader, di natura sua, conferisce ad esso forte legittimazione, autonomia e protagonismo nel mentre, per converso, si ambisce a proporsi come il partito più partito, ovvero come associazione politica connotata da democrazia interna e organi collettivi di direzione politica. Esibendo il Pd, il termine “partito” nel nome. Un ragionamento semplice: oggi non esistendo di fatto più i grandi partiti di massa, gli iscritti non bastano da soli a garantire una sufficiente rappresentatività politica generale e l’elettorato (con i sondaggi che la fanno da padroni) è sicuramente importante, quindi utilizzare anche le primarie… ma a questo punto facciamolo bene. L’ispirazione l’abbiamo presa dal modello di primarie americane? Bene facciamo anche noi l’iscrizione ad un albo degli elettori. Questo modello preso in prestito solo a metà, si presta a interpretazioni non univoche e non ci aiuta (come ben si vede) nel ritrovare aneliti unitari. Poi servirebbe anche e soprattutto una legge elettorale che riproponga la scelta degli elettori e mantenga un alto grado di rispetto per la democrazia, togliendo di mezzo premi di maggioranza indecenti… Modestamente credo che queste molteplici polarità possano comunque essere governate a condizione che, in tutti noi, prevalga appunto lo spirito unitario e la coscienza di essere militanti di un partito unico. È increscioso quanto ingeneroso dovere osservare che ciò piuttosto difetta al nostro interno, che all’assedio esterno che subiamo quotidianamente si somma all’assedio interno a chi guida il Pd! Qui sta il noto “hic rhodus”. Ovvero il “Qui si salta” usando attribuire il gene divisivo del Pd a un patologico correntismo. A questo punto dovremmo essere meno superficiali e più precisi nella diagnosi, considerando proprio le discendenze del partito democratico. Il Pd più di altri, è l’erede di signori partiti che hanno forgiato la storia della democrazia italiana. Con implicazioni positive e negative. Positive, specie nello spessore delle culture politiche e nella qualità di una classe dirigente sperimentata. Meno improvvisata o meno… “underdog”. Ma anche purtroppo negative: con un ceto politico professionale esteso e ingombrante che non brilla per distacco e generosità. Sempre preoccupato di trovare una sistemazione… Mi domando il senso di interrogarci e dilaniarci sul terzo mandato per Presidenti di Regione (basta con questo vezzo di parlare di Governatori, (ricominciamo noi a chiamarli come la costituzione stabilisce) e per i Sindaci. Noi abbiamo parlamentari e personale politico che siedono nei loro scranni ai vari livelli da ben di più di due mandati completi. C’è chi ha accumulato decenni di presenza nelle istituzioni e i nomi li conosciamo tutti. E poi, sempre più raramente ci si imbatte in politici o amministratori di un certo livello che concepiscano il proprio impegno nelle istituzioni come un servizio civico a termine. Per poi tornare alla propria professione (che spesso non hanno). Si veda la esorbitante pressione per fare cadere il limite dei mandati o per accaparrarsi un posto nelle liste per l’europarlamento da parte degli amministratori in scadenza. Anche perché, non siamo più al governo, e per il Pd si è sensibilmente ridotta la possibilità di collocare ex politici nelle banche, negli enti di Stato e del parastato, nelle lobby, nelle organizzazioni internazionali. Il pallino a riguardo l’ha in mano il Governo Meloni. Trattasi di un dato (e purtroppo di un vincolo) strutturale e materiale, prima che ancora culturale. Solo che ciò interagisce con le polarità già di loro difficili da governare cui si è fatto cenno pocanzi. Quindi tutte le attese e le tensioni finiscono per scaricarsi sul leader, il cui mestiere è ormai al limite dell’impossibile. Dunque, il problema non sono tanto e solo le correnti, ma l’indice di strumentalità inscritto in divergenze politiche enfatizzate a bella apposta con le quali si rivestono più modeste, le ambizioni personali dei componenti il nostro gruppo dirigente. Ed ecco che i boomer del partito quelli come me con ormai i capelli bianchi ribattono il tempo agli altri, ai millennials che con Elly eletta Segreteria sono entrati in Segreteria nazionale riaprendo di fatto il dibattito sul rinnovamento del partito. La conseguenza è una sorta di effetto “ipnotico” che prende un po’ tutti quanti noi… con un: “forse è meglio restare immobili… confusi sullo sfondo di questi tempi sempre più difficili… lo scriveva mettendolo bene in vista su Repubblica in un articolo Giovanna Casadio. Tutto il resto …resta (scusate il bisticcio di parole) confuso sullo sfondo del nostro militare da iscritti fedeli nei Circoli del Pd, in un mugugno di un grande scontento. E, non è mica cosa da poco! Visto che dovremmo discutere sulla nostra visione di Europa in prospettiva e sul come si può stare oggi da pacifisti convinti in un mondo di guerre. Quali sono le nostre proposte, le nostre priorità politiche per il Paese, l’Europa, il Mondo. Per quel che mi riguarda: non c’è dubbio che con l’arrivo della Schlein (pur con le discusse primarie) – Elly che nessuno aveva sentito arrivare – il partito si è in parte ringiovanito ci sono in circolo un po’ più millennials nel Pd. Ci siamo noi boomers – quelli nati fino alla metà degli anni ’60 – e poi ci sono i millennials, coloro che sono venuti al mondo tra il 1980 e la metà degli anni ’90. Come Elly, che è del 1985. Con lei, quindi, c’è la generazione dei millennials che entra nel partito e che già di per sé dovrebbe essere una promessa di rinnovamento, anzi vista la situazione direi proprio di rifondazione radicale. Enrico Letta, classe 1966, ex segretario aveva garantito un congresso costituente, che poi è finito come è finito: di costituente poco e niente, giusto l’allargamento ai bersaniani tornati a casa. Ed Elly la prima segretaria donna (l’unica vera novità). Che ha promosso alcuni millennials in posti chiave. E però, come è strana la vita, siamo ancora noi boomer che vogliono dare il tempo al partito invocando un cambiamento che invece di fatto avversiamo. In tanti dicono: “C’è un mondo fuori che ha bisogno di essere ascoltato, che ha forse qualcosa da dire che potrebbe rinvigorire il Pd. Altri che parlano dei pericoli che corre la democrazia e quindi della necessità di darsi una mossa. Occorre aprire il partito al nuovo se non praticamente rifarlo tutto daccapo”, Ma poi? Tutti fermi… e refrattari di fatto agli stessi cambiamenti che invochiamo… Si chiedono lumi, a Romano Prodi, il “padre nobile” del Pd, che non manca l’occasione per ricordarci di assumere una postura di forte opposizione, per il rischio di evitare di farsi soggiogare dai metodi della destra, evitando di imitarla e coltivando un campo il più largo possibile… l’idea è sempre quella dell’Ulivo, dimostratasi tuttavia insufficiente… O Gianni Cuperlo (caro amico, caro compagno), che continua lucidamente a indicare al Pd le tante, sicuramente troppe occasioni mancate e ci invita a pensare, a dare peso a un pensiero riformatore nelle nostre discussioni infinite, a non vergognarsi di essere stati comunisti italiani ed essere sempre e ancora antifascisti. E Nicola Zingaretti che ci indica le occasioni da non sprecare, salvo che ho poi l’impressione, che lui ha sprecato l’opportunità di una vita, sé dimesso da segretario vergognandosi del partito… personalmente penso che di questo dovrebbe lui vergognarsi almeno un po’! In definitiva siamo noi boomer ad averlo sognato il Pd, ad averlo creato, plasmato, abbandonato, ripreso, rinnegato e riabbracciato. Eravamo pieni di speranza… oggi siamo pieni solo di disincanto. Certo poi le correnti si sono mangiate il partito. Il Renzismo ‘ancora vive e combatte insieme a noi’. E anche il ‘governismo a tutti i costi ‘continua a farla da padrone anche tra le nostre fila, incapace di fare una opposizione qualsiasi… conta ancora la sua parte. Continua così a disamorarsi molto del popolo che vorremmo rappresentare. Intendo semplicemente dire che non l’hanno perso i millennials appena arrivati, non li ha persi la Schlein e i suoi, i 6 milioni e 700mila voti che mancano all’appello e non ci hanno più votati. Quindi chi li ha persi questi voti? Magari quelli che c’erano prima di Elly Schlein? E che pensano solo ad esserci ancora dopo di lei. Quanti eletti con i nostri voti di fronte al loro perdere consenso elettorale, sono diventati i più critici e lamentosi rispetto al partito e alla sua gente. Magari perché il “corpaccione” degli iscritti (anch’esso ormai al quanto dimagrito assieme al consenso) è troppo anziano, pieno zeppo di over 65 e diviene per molti dirigenti il perfetto alibi: “non comprendono il rinnovamento” nè “la portata alternativa delle piste ciclabili sul sistema di viabilità della città di Milano”. Ma per favore, evitiamo se possibile almeno le caricature tra di noi. Forse chi è canuto, capisce che politica è fatta come dice il senile Rino Formica di “merda e sangue”, purtroppo oggi c’è un netto prevalere della prima sul secondo. Se questi nostri dirigenti dassero la possibilità di parlare di dire la nostra… e soprattutto ascoltassero, provassero ad ascoltare, facendo congressi veri con la possibilità di parlare… in 3 o 4 minuti d’intervento non c’è lo spazio per un ragionamento. Valorizziamo il c.d. “corpaccione” del Partito. Sapendo, che non basta Schlein & C. che ci mantengano le simpatie cospicue di molti elettori se iI Pd è ancora il primo partito nella raccolta del 2xmille con 8,1 milioni di euro ricevuti nello scorso anno. Ma nel frattempo, dal 2008 a oggi, si sono persi più di sei milioni di voti… gli iscritti sono importanti e devono poter contare…
(continua)

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: riceverai una risposta oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuita

 





0

Aggiungi un commento