Politica: viviamo tempi alquanto difficili. L’ ambascia dei militanti del PD dentro un partito ‘disfunzionale’…

Parte prima…

Viviamo tempi alquanto difficili dai risvolti inquietanti, cui assistiamo tutti con sgomento e paura. Con la guerra che avanza sul mappamondo. Conflict Index, al 30 Gennaio 2024 i conflitti nel mondo sono cresciuti del 40% negli ultimi tre anni. Nel 2023 si sono verificati il 12% di conflitti in più rispetto al 2022, il 40% rispetto al 2020. Una persona su sei vive  in un’area in cui si registra un conflitto attivo. Le nostre società sono ormai squassate da un odio che non è più nemmeno sociale, bensì sono sempre più spesso ferocia tribale e intolleranza patologica. Le democrazie sono sempre più svuotate dall’astensionismo e dalla crisi dei partiti, assediate dal sovranismo interno e da quello delle autocrazie mondiali, mentre il dibattito pubblico si corrode sotto l’acido delle falsificazioni, degli algoritmi e di un complottismo che è figlio anche della degenerazione dei vecchi miti controculturali e antagonisti. In questo disfacimento di ogni certezza, i governi nazionali hanno una responsabilità doppia: oggi, non basta più amministrare l’economia e l’ordinario, è indispensabile preoccuparsi di tenere insieme la società, puntellare le istituzioni, alimentare la partecipazione, a tutela di una casa comune mentre l’Unione europea rischia di diventare inservibile per tutti, anche per chi si illude di ristrutturarla a proprio uso e consumo… Come spesso è accaduto nella storia contemporanea, all’Italia sembra invece toccata una disgrazia aggiuntiva, trovandosi in carica in un momento così delicato un governo che non solo pare ignorare la responsabilità di questa missione di interesse generale, ma anzi pare specializzato solo nell’acuire divisioni e fratture. L’abito mentale della destra post-missina è costruito su dinamiche catacombali: amici-nemici, potenti-perseguitati. Pure durante la corsa a occupare ogni ganglio statale mantiene una postura vittimista centrata su teorie del complotto e del sabotaggio. Ci boicottano. Chi? Non è dato sapere. Ci ostacolano. Chi? I poteri forti. Quali? Non ve lo diciamo. Persino le reazioni di solidarietà arrivate dal governo contro le ultime fiammate di intolleranza, che continuano a colpire cittadini che hanno la sola colpa di essere ebrei, sono modellate sulla ricerca di un nemico ulteriore e fantomatico, il ritorno delle Br, lo spettro del terrorismo. “La tolleranza delle proteste ha portato al terrorismo” dice il Ministro Lollobrigida. Sono i paradossi, di esponenti di un governo che sembra conoscere solo la legge dello scontro, il clangore del tumulto di piazza, proprio loro che poi, davanti alle piazze altrui, applaudono anche le manganellate più insensate su dei ragazzini. Questo, del resto, è il senso dello Stato della destra: l’amico può fermare il traffico (trattori), il nemico (ambientalisti) va in galera e chi è amico, lo decidono Meloni e Salvini. Ma la cura della forma non è un galateo inutile e passatista, è il cuore della democrazia. Altrimenti basta un soffio a precipitare nella notte del relativismo più rozzo, del diritto piegato al fanatismo, il calderone dove il caso Navalny e il caso Assange assai diversi invece pari sono, anzi meglio, Putin, almeno non finge di seguire regole fittizie… La Presidente del Consiglio ha aperto la sua stagione di governo con la pervicace idea di smontare poteri e prerogative del Quirinale, l’unica istituzione che in questi anni difficili ha fatto da architrave e salvagente. Infatti, il populismo non concepisce il principio degli equilibri tra poteri, scambia i contrappesi per zavorre, ha del Parlamento la visione figlia di anni di regressione digitale e listini bloccati, un luogo dove la politica si ingolfa anziché correre libera assecondando, come sogna Meloni, i suoi voleri. Ho usato, nel cercare una sintesi sul difficile presente che scorda il passato e nega ogni futuro un po’ di ‘politichese’, me ne scuso, ma è necessario alcune volte, considerare anche tecniche e movimenti nelle palazzine del nostro ceto politico. È evidente che lo scenario di due schieramenti capaci di dar vita a una nuova stagione di democrazia e “resuscitare” una minima voglia di partecipazione dei cittadini, è concepibile soltanto se ciascuno di essi saprà dar contenuto concreto al proprio “messaggio” politico. Concreta è solo la risposta ai drammatici problemi che l’epoca impone, non la loro semplice enunciazione per quanto esatta. Orbene, crollano i sistemi di Welfare? Bene, no cioè male. Come si intende difenderli e veramente si intende farlo? Con quale politica fiscale e ridistributiva? Ma, forse prima ancora, occorre pensare con quale riassetto complessivo della spesa pubblica lo si può fare. Non si vogliono riforme presidenzialistiche? Bene, sempre che sia chiaro che con ciò non si intenda dire, che con questo non vi è bisogno di riforme anche di rilievo costituzionale, visto che le attuali Regioni non vanno benissimo così come sono. Anzi vanno malissimo! Eravamo prima tutti europeisti e con la Meloni e Salvini siamo diventati tutti antieuropeisti? No di certo, ma sicuramente rispetto ai vari movimenti geopolitici occorre precisare quale Europa, di grazia, si vuole. Un’Europa dotata di volontà e autonomia o l’Europa della moneta unica senza Ministro delle Finanze, in cui di fatto l’autorità politica suprema è la Banca centrale? Infine, i due schieramenti che auspichiamo si definiscano meglio (centrosinistra e centrodestra) dovranno pur dire la loro in materia di politica internazionale e di guerra? Sulle tragedie che ogni giorno di più minacciano di travolgerci portandoci alla catastrofe nucleare, mentre sembra che i nostri politici abbiano solo da esprimere la loro e la nostra misericordia per le vittime innocenti. Altro che interpretare a proprio piacimento l’alzare bandiera bianca fatta dal Pontefice, per sollecitare l’esigenza di trattare la Pace, una volta, quello che il Papa diceva, non si commentava, se ne prendeva atto. Allora, occorre saper avanzare serie proposte di soluzione dei conflitti e imporre la loro discussione alla politica internazionale, questo dovrebbe essere il compito dell’Europa. E farebbe piacere capire se anche le nostre forze politiche, hanno proposte a riguardo? O, almeno, ci piacerebbe sapere cosa pensano di quelle avanzate da tanti Paesi (dall’India, al Brasile, al Sud Africa) che, per la guerra in Ucraina, insieme alla ferma condanna dell’invasione, ricordano la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu del febbraio del 2015, che recepiva a sua volta gli accordi di Minsk sottoscritti da Ucraina, Putin, Hollande e Merkel. E per la tragedia israeliano-palestinese non vedono soluzione possibile se non nella formazione di un vero Stato palestinese. Se si ritiene questo obbiettivo ormai impraticabile, su quale altro devono muoversi le democrazie occidentali? Sono questi i grandi problemi su cui si dovranno formare e confrontare le nuove culture politiche. Sarà una lunga marcia sia per le sinistre che le destre europee…

(continua)

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