Quirinale: si vota al buio. Non c’è alcuna certezza su chi potrebbe essere il nuovo Capo dello Stato. La preoccupazione principale dei partiti è quella di non andare a votare e continuare fino alle fine la legislatura. Quindi dopo l’elezione di “qualcuno” al Quirinale importanti sono niente urne e nuova legge elettorale…

L’elezione del Capo dello Stato, parte senza bussola. L’Ue e mercati temono la palude. Dalle 15 di oggi a Montecitorio i Grandi elettori sono quindi chiamati a votare per il nuovo Presidente della Repubblica. È “muro contro muro” tra gli schieramenti. Il rischio di tempi lunghi potrebbe quindi avere ripercussioni sulle borse, sui tassi di interesse e sullo spread. Il Covid e il governo di larghe intese nell’ultimo anno avevano nascosto l’affanno che toglie il fiato al sistema politico del nostro Paese. Le ultime 48 ore vissute invece, pericolosamente alla vigilia dell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica hanno invece sollevato il velo. E le difficoltà dei partiti sono emerse con tutte le loro contraddizioni. Sono “senza alibi”. E  Sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica pesano quattro elementi legati alla fase politica e storica che il Paese attraversa. Ma c’è anche un problema in più. Cominciamo come scrive Ezio Mauro su Repubblica oggi: “…dalla constatazione che l’intero mondo politico italiano ha vissuto sotto ipnosi questo lungo periodo di avvicinamento al Colle, suggestionato dal miraggio di due semi candidature molto diverse tra di loro – quella di Berlusconi e quella di Draghi. (… …)  Il risultato è stato nei fatti la neutralizzazione del periodo dell’avvento quirinalizio, che poteva essere speso dai partiti nella definizione delle ipotesi di intesa, di veto e di schieramento. Così oggi si parte da zero, come se non ci fosse un’intelligenza strategica della società politica da sfruttare, e nel momento in cui una candidatura appassisce si preoccupa di azzoppare anche l’altra, comunque, purché la somma risulti nulla. (… …) La seconda novità comincia dove finisce la prima. Infatti la vicenda degli ultimi mesi dimostra che per fortuna esistono i partiti, attraverso i quali si articolano le diverse culture politiche, si collegano i valori con gli ideali e con gli interessi legittimi, ed esistono i leader che impersonano e guidano questo processo. Ma sarebbe difficile oggi dire che esiste un “sistema”, nel senso di un concerto di istituzioni e di soggetti politici che al di là dei diversi ruoli di maggioranza e opposizione si riconoscono nella comune appartenenza allo spirito repubblicano. La debolezza del sistema politico trova purtroppo conferma nella “rapsodicità” con cui viene affrontato il tema del Quirinale, riducendolo a un toto-nomi invece di considerarlo sotto la fattispecie del metodo e soprattutto delle esigenze specifiche della fase. (… …) E qui c’è il terzo dato da considerare, caratteristico purtroppo dei tempi che viviamo. È la pandemia che nel silenzio della politica porta il virus a sedersi al tavolo dove si radunano gli elementi che concorrono alla selezione politica del Presidente, facendo pesare il problema sanitario, disciplinare, regolatorio, economico, di sicurezza, di libertà e di solidarietà che due anni di assedio del contagio hanno concentrato in una pressione senza precedenti sul cittadino. In questo senso si può dire che il virus è un soggetto politico improprio ma attivo, anche se cieco. (… …) C’è infine un’ultima novità. La scelta del Presidente è il primo grande evento politico del dopo-Berlusconi, nel senso che l’autocandidatura del Cavaliere, portata avanti fin sul limite dell’impossibile, segna la fine di una lunga avventura tutta giocata in prima persona, e consegna il fondatore della moderna destra italiana a un ruolo di padre nobile e non più di leader. (… …) Berlusconi che da priore diventa abate toglie ogni alibi a Salvini e Meloni, eterni aspiranti leader. L’attesa è finita, sono in prima linea, il momento è questo: il campo della destra è sgombro, si tratta di capire se sapranno riempirlo, e soprattutto guidarlo. Invocare un presunto diritto a lanciare un candidato di destra è una distorsione politica, nel senso che la destra ha certo il diritto, come chiunque, di fare le sue proposte, ma la sinistra ha il diritto corrispondente di respingerle se non rispondono alle esigenze del ruolo. (… …) Il problema non è che manca il kingmaker, come racconta chi crede che il Capo dello Stato venga fuori dalla magia di un cappello in un gioco di prestigio. La verità è che manca la capacità di egemonia, cioè di mettere in campo una cultura politico-istituzionale capace di selezionare un candidato di sicura fede democratica, rispettoso del decoro della Repubblica, capace di buonsenso istituzionale, garante della Costituzione e della tradizione dell’Italia in Europa e in Occidente: e su questo nome di garanzia per tutti, costruire il più ampio consenso. Ma l’egemonia uno non se la può dare”.  Oggi, dunque, come se negli ultimi sei mesi non si fosse mai parlato del successore di Sergio Mattarella, il Parlamento si ritrova a votare a scrutinio segreto senza una bussola. Non si tratta solo di uno stallo ma, per il momento, anche di un’assenza di prospettiva. Che sta provocando allarme e agitazione. Non solo in Italia. Ma in Europa e sui mercati finanziari. Perché un’Italia paralizzata per troppo tempo sotto il precario tabernacolo di un accordo sul Colle preoccupa tutti. L’idea che il Paese resti impantanato nella palude è un incubo che turba i sonni a Roma, a Bruxelles e nelle principali piazze finanziarie. In attesa di conoscere il nome del nuovo Presidente della Repubblica e, forse, del nuovo Presidente del Consiglio le strade si sono fatte più tortuose dopo il vertice del centrodestra di ieri, con la rinuncia di Silvio Berlusconi e il suo ribadito rancoroso stop a Draghi (è un ingrato dice Berlusconi)… ma soprattutto non ci dovranno essere elezioni anticipate nei prossimi mesi e il Parlamento avrà quindi modo di cercare di approvare una nuova legge elettorale. Sono tre i motivi per cui si dovrebbe votare l’anno prossimo, alla scadenza naturale della legislatura. Oltre alle ragioni politiche e agl’interessi personali diversi, che contrappongono e lacerano anche al loro interno i Partiti, sembra farsi sempre più strada la necessità di una legge proporzionale con uno sbarramento che potrebbe essere al 5 per cento. La situazione oggi, evidenzia che centinaia di deputati e senatori non saranno rieletti per la riduzione dei seggi a 600 complessivi, 400 alla Camera e 200 al Senato, e perché molti elettori hanno cambiato idea come quelli che scelsero il Movimento 5 stelle… quindi votare quest’anno comporterebbe uno stallo di parecchi mesi tra la data dello scioglimento delle Camere e quello della fiducia al nuovo governo proprio mentre bisogna accelerare l’attuazione del Pnrr; e l’uscita dall’emergenza Covid… ma va da se che la riforma che ha ridotto il numero di seggi è tuttora “orfana” delle norme indispensabili per garantire in prospettiva il buon funzionamento delle Camere. Possiamo ricordare che cosa è avvenuto alle elezioni negli ultimi vent’anni. Premesso che la data del voto viene fissata tra i 45 e i 70 giorni dopo lo scioglimento delle Camere, e in media si tratta di due mesi, il governo nato più velocemente fu quello di Silvio Berlusconi nel 2008 che ottenne la fiducia 31 giorni dopo il voto di metà aprile, seguito nel 2006 da quello di Romano Prodi che la ottenne 43 giorni dopo il voto. Molto più lunghi i tempi nel 2013 e nel 2018. Enrico Letta ebbe la fiducia 64 giorni dopo il voto e Giuseppe Conte addirittura tre mesi dopo, all’inizio di giugno. Sergio Mattarella aveva sciolto le Camere il 28 dicembre 2017: quattro anni fa ci furono più di cinque mesi di stallo. Da settimane solo Fratelli d’Italia sta chiedendo le elezioni anticipate per ovvie ragioni essendo l’unico partito di opposizione e in alta quota nei sondaggi. Infatti, a Giorgia Meloni non è piaciuto che Silvio Berlusconi, nella nota con la quale annuncia il ritiro della propria candidatura al Quirinale, auspichi la permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi fino alla fine della legislatura. Nello stesso tempo tutti discutono della necessità di modificare il Rosatellum che prevede il 36 per cento di seggi con il maggioritario, il 64 con il proporzionale e due soglie di sbarramento a livello nazionale: il 3 per cento per le liste e il 10 per cento per le coalizioni. Che poi ci si riesca è un altro discorso. Sembra farsi strada una legge proporzionale con uno sbarramento che potrebbe essere al 5 per cento. Sono ragionamenti generali senza ancora entrare nei dettagli, come per esempio l’ipotesi di indicare prima del voto la coalizione con la quale formare il governo, e soprattutto in attesa di capire quale orientamento avrà la meglio all’interno dei Partiti. Una vecchia volpe come il leghista Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato che quest’anno compirà i 30 anni di presenza in Parlamento, già nell’agosto scorso in un’intervista al Venerdì di Repubblica dava per scontata l’approvazione di una legge proporzionale con premio di maggioranza entro il prossimo autunno con un accordo tra centrodestra, Partito democratico e Italia viva. All’inizio di dicembre Antonio Polito sul Corriere della Sera, seppure in un discorso più ampio sull’interesse di destra e sinistra di poter contare su una neonata componente di centro nell’eventualità che dalle elezioni uscisse una situazione bloccata, notava che anche bipolaristi convinti come Enrico Letta e Matteo Salvini potrebbero orientarsi sul proporzionale per evitare accordi sulla spartizione di collegi del maggioritario rispettivamente con Giuseppe Conte e con Giorgia Meloni. Ma oggi, iniziano le votazioni  per l’elezione dell’inquilino del Colle dei prossimi 7 anni. Ci vorrà tempo, ma non è la prima volta… ce ne voluto anche nelle precedenti votazioni. Dopo l’elezione del Presidente della Repubblica molte cose (forse) saranno più chiare, naturalmente, e l’auspicio è che la prossima legislatura possa essere costituente con una riforma che renda più efficienti le istituzioni dopo un taglio dei parlamentari voluto solo per demagogia. Un’ultima notazione. Visto che si discute sempre a livello “provinciale” ricordandosi delle relazioni internazionali solo occasionalmente, uno dei tanti motivi per cui c’è bisogno di stabilità, dal Quirinale in giù, sta nel fatto che l’Italia è una nazione cardine dell’Unione europea e della Nato mentre, per esempio, si rischia una guerra in Ucraina…

E’ sempre tempo di Coaching!

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuito

0

Aggiungi un commento