Renzi, Salvini e Di Maio: leader ambigui, producono politiche confuse e opache aiutando solo l’antipolitica…

Un duello televisivo fine a se stesso, per accreditarsi reciprocamente, quali leader di due schieramenti avversi, entrambi alla ricerca di un personale rilancio, a prescindere da tutti e tutto salvo da se stessi… Che cosa dà a Matteo Renzi e a Matteo Salvini la tracotanza di affrontarsi volendo dare l’impressione al telespettatore di aver il dito vicino al pulsante che può spegnere la vita del governo? E cosa spinge Di Maio se non la tracotanza, nel comunicare pubblicamente, che ci vuole un altro Consiglio dei Ministri, perché la manovra economica va ancora discussa e chiusa… come se ciò non fosse già accaduto due giorni fa? Secondo la maggioranza degli analisti – che sono un po’ come i sondaggisti, a rischio ‘cazzata’ – con la riduzione del numero dei parlamentari approvata settimana scorsa, la legislatura è in cassaforte e sarebbe quindi “condannata” a durare… Da ciò, in molti, hanno maturato la convinzione che il governo fosse d’improvviso più stabile. E invece no, dicono altri analisti. Nulla impedisce di immaginare il voto ma soprattutto nulla impedisce di immaginare un altro governo che lasci a casa Giuseppe Conte e faccia fare una figura da cioccolataio a Nicola Zingaretti… I due Mattei vedono il Parlamento come un Suk. Lega e Italia Viva avrebbero tra le mani alcune decine di parlamentari disposti ad abbandonare M5s e Pd e far cadere il governo Conte. Un mercato che chiarirebbe la statura morale dei due leader che si atteggiano invece a rinnovatori della politica. Quindi sia Salvini dall’opposizione che Renzi dall’interno del Governo, minacciano la stabilità del Conte2. Tutto nasce da una degenerazione della vita parlamentare di cui i giornali ormai scrivono apertamente. Salvini  e Renzi avendo nelle mani un certo numero di Deputati e Senatori disposti ad abbandonare Luigi Di Maio (per Salvini) o Zingaretti (per Renzi); sarebbero in grado se questo tsunami (che potrebbe essere chiamato  “Scilipoticum” dal famoso Scilipoti) si avverasse di  far fare al premier Conte le valige. I capi di Lega e Italia Viva invece di chiamare a sé subito gli indecisi, si trastullano facendoli stare sull’uscio… Il Parlamento sarebbe quindi sul punto di diventare un Far West, con sceriffi e banditi che si scambiano le parti e così pure  rangers e indiani. Ma forse questa previsione non tiene conto della fantasia diabolica dei capi di Lega, di Italia Viva e a modo suo del capo politico del M5S che, totalmente privi di decenza, si divertono a tenere in fibrillazione il quadro politico e – perché no? – ottenere una grande visibilità e qualche possibile vantaggio (per esempio, Renzi e Di Maio pensano alle prossime nomine pubbliche). Ma c’è di più. I tempi e modi della scissione di Renzi dal Pd nonché i suoi primi atti autorizzano a pensare che niente e nessuno riuscirà a dissuaderlo dal suo proposito di applicarsi alla metodica ricerca di quotidiani distinguo dentro la maggioranza di governo. Com’è avvenuto nel confronto/scontro sulla manovra economica. Nella convinzione, più o meno fondata, che una tale visibilità, che cura di differenziarsi possa portare consensi a un partito che, allo stato, è solo il prodotto di una transumanza parlamentare. Ma, pur al netto di un palese indice generale di strumentalità, merita di essere notata la circostanza che egli abbia scelto da subito di smarcarsi sulla materia fiscale… È il caso della sua opposizione a una rimodulazione selettiva dell’Iva tesa a finanziare una riduzione fiscale non meramente simbolica sui salari più bassi. Non disponendo il governo di altre risorse per… dare un segnale di sinistra. Così come è il caso del dissenso renziano all’abbassamento del tetto nell’uso del contante. Quello del fisco è terreno singolarmente sensibile sul piano elettorale ed eloquente sul piano del posizionamento politico. Al punto che Renzi, giocando con gli slogan e le assonanze (penso ai no-vax), ha parlato della sua Italia viva come di partito no-tax. O puntualizzando: “non sono contro il governo, ma contro le tasse”. Ed ecco che gli fanno eco i grillini, che sembrano ”imbufaliti” nei confronti del Premier Conte… Ma come erano tutti d’accordo, anche i 5 stelle. Ma quando i contenuti sono usciti fuori da palazzo Chigi, i malumori dei grillini sono esplosi. È a quel punto che Di Maio è stato obbligato a comparire in video, chiamando un nuovo Cdm per lunedì prossimo. La palla passa a Conte, diventato il terminale della protesta grillina. Il premier replica nel primo pomeriggio da Bruxelles. La linea è chiara: va bene qualche aggiustamento, ma l’impianto delle norme contestate non può essere stravolto. Ha dalla sua il Pd. Una fonte di governo dem conferma: “Al massimo ci può essere un passaggio di maggioranza per delle limature al decreto fiscale, ma la manovra è stata approvata”. Nel mirino dei grillini è finito innanzitutto il tetto del contante, portato subito da 3.000 a 2.000 euro e che scenderà a 1.000 euro nel 2022. Il sottosegretario al Mef in quota 5 stelle Alessio Villarosa lo dice chiaramente: “Non ci sono stime che consentano di valutare l’efficacia della riduzione dell’utilizzo del contante”. Su questo Conte si gioca il grosso della partita con Di Maio perché il premier voleva portare subito il tetto a mille euro. Poi c’è la norma che prevede una multa per gli esercenti che rifiutano di accettare i pagamenti con il bancomat o la carta di credito. Nel decreto fiscale uscito dal Cdm c’è scritto che la multa è pari a 30 euro, maggiorata del 4% del valore della transazione rifiutata. Già Di Maio, aveva seguito Renzi sull’Iva, facendo blocco e impedendone una qualsiasi e minima rimodulazione… Al di là delle smentite è sempre più palese il “conflitto” tra il Capo politico del Movimento nei confronti del Primo Ministro Conte, reo, secondo lui, di oscurare il suo ruolo e di sottrargli consenso… Ecco quindi che: …Renzi e Salvini mettono nei loro mirini il ‘fisco nemico’. E Di Maio non è da meno. Cos’è: se non un salto all’indietro e fors’anche sottotraccia una possibile nuova maggioranza? Sullo sfondo, il sospetto che circola tra i parlamentari, è che ci sarebbe una partita  Di Maio e Renzi per sostituire Conte. Al Senato, dove Renzi è determinante, secondo fonti cinquestelle in caso di ribaltoni non solo rischierebbe di spaccarsi il gruppo M5s ma ci sarebbe una decina di senatori Fi pronti a venire in soccorso di Conte, magari con appoggio esterno. Ma tra renziani e M5s c’è chi osserva: “La legislatura è solida, il governo no”. Di Maio sta con Renzi perché insieme hanno interesse a logorare Conte e il Pd di Zingaretti. Palazzo Chigi e Nazareno non avevano certo bisogno di assistere ai giochi pirotecnici di ieri per capirlo, la domanda è se hanno un «piano B». Il premier e il segretario del Pd corrono il rischio di fare i cirenei nella maggioranza, di tollerare l’ansia da prestazione dei due alleati, di accettare che la logica dei sondaggi produca un bradisismo quotidiano nel governo. Se il disegno di Di Maio e Renzi — sicuramente «velleitario» — è  quello di stressare la situazione e indebolire progressivamente l’esecutivo per arrivare a un cambio in corsa del presidente del Consiglio in primavera, sarebbe opportuno che Conte e Zingaretti giocassero d’anticipo. È uno schema per certi aspetti obbligato, se è vero che dieci giorni fa il ministro Guerini — in una riunione di partito — convenne con il leader del Pd: «Se ci provassero — riferendosi a Di Maio e Renzi — noi dovremmo tirarci indietro». Se ciò avvenisse, resterebbe solo il voto. Questa al momento la situazione. Alla faccia dei cosiddetti rinnovatori della politica. Sospendo il giudizio morale sull’operazione della compravendita dei parlamentari (perché non amo il turpiloquio). Voglio solo segnalare che non siamo solo di fronte a una tattica assai spregiudicata, ma allo stravolgimento vero e proprio della vita parlamentare (che alimenterà ulteriormente l’anti-parlamentarismo), di questi pseudo leader che si presentano come la “nuova classe politica” all’insegna della “rottamazione” del passato o meglio della storia politica italiana. Per Salvini lo svuotamento del M5s vorrebbe dire la fine del governo Conte2 e la prova della centralità della Lega, cosa utile anche per frenare Giorgia Meloni in crescita di voti nei sondaggi. Per Renzi vorrebbe dire stabilire un “pactum sceleris” con Di Maio per dar vita a un “governaccio” di vanesi, che porterà il Paese nella zona del ridicolo assoluto mangiandosi ciò che resta di Forza Italia e lasciando il Pd esangue… Certo il “tradimento” a puntate dei parlamentari, ovvero il loro acquisto differito, servirà a chiarire la statura morale dei due leader citati e soprattutto darà alla pubblica opinione l’idea di come sia diventata cinica la politica di quelli che si atteggiano a rinnovatori. Concordo con chi dice che: “é una ben misera soddisfazione”. Eppure aiuta a vivere perché, se ogni volta che si sta cercando di fare qualcosa di confuso ma utile, come credo siano i provvedimenti di questo “improvvisato” governo, arrivano bandidos (politici) a distruggere tutto, allora forse gli italiani capiranno che il problema sono loro, quelli che sono anni che non fanno altro che “rottamare”, ormai soprattutto il loro cervello. Del resto, fu il governo Renzi a innalzare a 3000 euro il limite del contante (non esattamente una misura funzionale ad arginare l’evasione); a non farsi mancare la sua parte di condoni; a elevare esponenzialmente la soglia della punibilità penale degli evasori; a bollare come Dracula Vincenzo Visco, il vero ideatore della fatturazione elettronica che oggi Renzi si intesta e che semmai fu introdotta solo poi da Gentiloni; a sposare il dogma della riduzione delle tasse a prescindere. Così come ben nove furono i condoni fiscali varati dal governo gialloverde. Misure, guarda caso care a tutte le destre di tutto il mondo… Merita d’essere notata, questa comune centratura politica sul fisco dei tre rinnovatori della vita politica italiana. Essa è utile ad esempio, per farsi un’idea del profilo identitario e del posizionamento politico di Italia viva. Renzi – un po’ come usa da parte di chi si rifiuta di declinare le proprie generalità lungo l’asse destra-sinistra (come continua a fare anche il M5S) – ha dichiarato che lo “spazio politico” del suo partito sarebbe quello del futuro (?). Non avendo senso, a suo dire, ragionare di destra, centro, sinistra… Personalmente, per quel che conta,  penso il contrario e mi pare cruciale la materia fiscale, al fine di identificare la posizione degli attori politici. Non è necessario accedere al mantra polemico della destra secondo la quale la sinistra ci prenderebbe gusto a tartassare i contribuenti per comprendere che, più semplicemente, la sinistra considera il fisco uno strumento cruciale sotto due profili: quello della doverosa azione redistributiva in capo ai pubblici poteri al fine di assicurare che la forbice delle disuguaglianze non si dilati al punto da lacerare la società (cosa che è avvenuta); e quello di garantire l’universalità nell’accesso a taluni beni pubblici essenziali, come salute, istruzione, welfare, sicurezza. Insomma a concepire il fisco come elemento cardine del patto sociale coi cittadini. So bene che viviamo una stagione incline alla facile demagogia, che i partiti fanno a gara nel lisciare il pelo all’antipolitica, che da gran tempo, sul fisco, è invalsa una retorica che si nutre di grevi metafore del tipo “mettere le mani nelle tasche degli italiani”, che un po’ tutti si dichiarano favorevoli alla lotta all’evasione salvo poi opportunisticamente esorcizzare la macroscopica eloquenza delle statistiche a proposito delle concrete categorie che si sottraggono a quell’obbligo, guardandosi bene dal disturbarle… Ecco perché definirsi come partito no-tax è cosa non solo non esattamente originale e anzi decisamente conformista, ma soprattutto è cosa politicamente eloquente. Più di tanti, fumosi proclami “post-ideologici”, che, anziché chiarire le posizioni politiche, le occultano. E fa intuire traiettorie politiche oggi dissimulate ma tutt’altro che improbabili. In politica, come nei sentimenti, in definitiva, ciascuno va dove porta il cuore… E il rischio è che vinca “a destra” l’anima di tre forze politiche che vogliono apparire a parole post-ideologiche, mentre nei contenuti rivelano comunanze e convergenze politiche (non solo fisco anche immigrazione, accoglienza e integrazione)… Sono i nostri tre, leader politici ambigui… dall’azione politica confusa e opaca, che alla fine aiutano solo la crescita dell’antipolitica…

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