Governo: ma si può governare così? Conte vuole fare da solo, Italia viva e Pd con toni diversi tentano di costringerlo a cambiar passo e direzione…

Il presidente del Consiglio dopo l’ennesima alzata di scudi di Renzi propone una verifica di governo per salvare il salvabile. Ieri, dopo aver incontrato M5S, PD e LeU il giorno prima, finalmente l’incontro con la delegazione di Italia viva e il suo leader e… Ieri è partito il conto alla rovescia della crisi di governo. Un po’ più in là. Ora c’è il time out di Natale, peraltro segnato dal nervosismo a causa delle indecisioni sulle norme anti-Covid e della persistente crisi sanitaria. Certo è che l’atteso incontro fra Matteo Renzi e Giuseppe Conte è stato molto modesto: «Ecco le nostre proposte», «Grazie vi farò sapere». Una ventina di minuti. C’era poco da verificare. Alla fine, tutto resta sospeso come nel penultimo capitolo di un romanzo giallo. Sembra quindi maturare l’ipotesi che la crisi di governo alla fine ci possa essere. Un Conte ter? O addirittura un ter senza Conte? E se si andasse al voto in primavera? il Nazareno per la verità questa volta si è trovato d’accordo sulle ‘grida’ di Renzi… e alla fine ha dovuto prendere una posizione più netta sul cambio di passo (e/o senza dirlo di Premiership). Infatti, perché mai il Pd dovrebbe preferire le urne a un governo qualitativamente migliore del Conte2? Perché dovrebbe rischiare di andare a schiantarsi col suo poverello 20% contro una destra che il governo giallorosso non ha minimamente scalfito (perché alla fine il punto è proprio questo). Perché non dovrebbe seguire l’indicazione del dottor Goffredo che auspicava «il governo dei migliori». Invece di dar retta a mr. Bettini «se cade Conte, elezioni»? A parte la sgrammaticatura istituzionale evidente – ma Bettini sa bene che non tocca a lui sciogliere le Camere, e nemmeno al segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti – quella che va colta è un’intima contraddizione nel Pd: da una parte non può non condividere le critiche del leader di Italia Viva Matteo Renzi alle tendenze accentratrici dell’avvocato del popolo, dall’altra non può criticarlo esplicitamente, dunque restando a bofonchiare come quegli invitati a una festa dove non si stanno affatto divertendo. E suona strano che un consumato tessitore di trame politiche come Bettini non trovi di meglio che abbaiare alla luna minacciando elezioni che in cuor suo non può realisticamente desiderare. È politica? Ci si chiede. No! Forse solo politichese. L’eccesso di tatticismo e furberie reca più confusione che altro, tanto che è proprio adesso che non si capisce bene quale sia la posizione vera del Nazareno: provare a imbrigliare Conte? Ipotizzare un nuovo governo? Perché certo è che una cosa il Pd non può chiedere: che tutto continui come prima. D’altronde, a fare da controcanto a Bettini ci ha pensato Andrea Orlando che con eloquio forbito ha rovesciato sul presidente del Consiglio un missile che nella sostanza è simile a quella sganciato da Renzi: Conte «concentra su di sé il vaglio di molto, forse di troppo». Stavolta il presidente del Consiglio è stato più lesto a reagire alle bordate di Italia viva annunciando in sostanza una verifica di governo. Vedrà prima i singoli partiti e poi si farà il punto tutti insieme. Vuole sfidare Renzi come sfidò Salvini dopo il Papeete? Toglimi la fiducia ma fallo alla luce del sole. La verifica di Natale è un atto dovuto nel momento in cui in pieno Senato il leader di un partito della maggioranza ha sfiduciato di fatto la Piramide pensata da Conte per governare il Recovery Plan assieme alla bozza che ne contiene gli obiettivi e la ripartizione delle risorse per la loro realizzazione, diventata ormai carta buona per incartarci il pesce… Sul problema della governance e anche sul merito delle scelte si ripartirà dunque dalla casella del via? Sarà sicuramente un’umiliazione per il Presidente del Consiglio e anche una lezione sul fatto del: “non puoi fare tutto da solo Tu”. Chissà se Conte avrà capito l’antifona e alla fine si decida a dire: “ragazzi discutiamone”. Il Premier sembra ormai stanco e ammalato nonchè accerchiato. D’altronde sarebbe anche l’inevitabile, provvisoria, conclusione della pugna di questi giorni nei quali Conte ha persino accarezzato l’ipotesi del voto constatando il vuoto intorno a sé, un vuoto improvvisamente apertosi dopo l’offensiva di Renzi. Il quale ha segnato obiettivamente un punto. Che cos’abbia in mente effettivamente il capo di Italia viva, adesso, non è ancora chiaro del tutto. Possibile che se le cose dovessero andar male e portare (dopo la Befana) Conte alle dimissioni, Renzi lavorerà per un altro governo, magari in sintonia, su questo, con un Di Maio terrorizzato dalle urne e anche con mezzo Pd (anzi, forse di più) che, contrariamente a Goffredo Bettini (e Zingaretti), non ci pensa minimamente a fare il funerale alla legislatura. E se in Parlamento maturasse così l’ipotesi di un nuovo esecutivo… il Pd si troverebbe spaccato. Correndo il rischio di essere lui il partito che in un momento come questo trascina l’Italia alle urne. Siamo quindi (il Paese) in un vicolo cieco. Perché il piano di ripresa del Governo Conte 2 è un fallimento già prima di cominciare?! A quel che sembra, la bozza presentata dal presidente del Consiglio è carente sia da un punto di vista organizzativo sia nel merito di ogni singolo contenuto: e procedendo in questo modo l’Italia non farà molta strada. Basta fare un confronto con i documenti presentati da altri grandi Paesi europei per capirne il vuoto assoluto. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), presentato in bozza (notte tempo) dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ai partiti della maggioranza lo scorso 7 dicembre è deludente sotto moltissimi punti di vista. L’unico aspetto positivo è l’evidenza dell’assoluta incapacità gestionale e organizzativa, l’assenza di una visione chiara di come l’Italia possa davvero uscire dalla crisi. Dico aspetto positivo perché una tale evidenza dovrebbe naturalmente portare a escludere Conte e la sua accolita da ogni possibilità di governare il Paese… L’architettura organizzativa ovvero la struttura a Piramide 1-3-6-300 è semplicemente ridicola da un punto di vista gestionale (il problema non è che ce lo chiede l’Europa… non è questa la sostanza della richiesta della Commissione UE), così come pensata e probabilmente altresì anticostituzionale e denota una profonda ignoranza di elementari principi di gestione di organizzazioni complesse. Non lo dice a ragione solo Calenda. Ma ciò che è peggio è la toppa dopo il buco. Conte reagisce alle critiche dettagliate e veementi di Matteo Renzi in Senato dicendo che c’è un fraintendimento colossale e che basta, nella sostanza, togliere qualche potere ai sei manager et voilà tutto è a posto con qualche limatura Consiglio dei ministri alla volemose bene. Ma non è proprio così. Mancano completamente tutti gli aspetti chiave della gestione, a partire dai meccanismi operativi cioè la scelta delle modalità con le quali effettivamente controllare l’effettivo svolgersi del programma, e poi le responsabilità, la struttura di chi effettivamente progetta gli interventi, i parametri obiettivo, i tempi, le risorse coinvolte. Un piano che sembrerebbe palesemente profondamente sbagliato, con errori marchiani e incongruenze notevoli… Manca ancora tutto. L’unica cosa che c’è è il numero dei nominati, e la libertà assoluta di scegliere i nominati che è avocata a Conte stesso. Ed è evidente perché ci sia solo questo. In primo luogo, perché non c’è capacità di gestione e leadership, né la voglia di entrare nel merito delle scelte. Il piano è una raccolta di desideri di Ministri per lo più incompetenti. Poi perché scegliendo chi decide e dispone le uscite di cassa, in un concetto ottocentesco dell’organizzazione, si crede di potere comandare in modo assoluto. Nell’ipotesi (ormai non realistica) in cui siffatto piano fosse approvato, qualsiasi buon manager si rifiuterebbe categoricamente di accettare l’incarico, mentre disoccupati in cerca di autore, bibitari, laureati in improbabili facoltà con nessuna prospettiva, o persone con nessuna esperienza gestionale sarebbero ben felici di avere ruolo e potere, sempre però ossequiando in modo assoluto chi li ha portati a tale responsabilità. L’ipotesi di coinvolgere manager di rilevo di aziende pubbliche è talmente sballata per gli evidenti colossali conflitti di interesse da non meritare nemmeno discussione, ma sembrerebbe ahinoi la tesi iniziale del governo. La Commissione europea ha messo paletti abbastanza stringenti. Il 37% delle risorse va nella transizione verde e il 20% alla digitalizzazione. Questi sono titoli però. Lo svolgimento può essere drammaticamente diverso e il confronto con la Francia che è anni luce più avanti (ricordiamo che la partenza è stata data 6 mesi fa lo stesso giorno, noi con Conte non abbiamo fatto nulla, in Francia, Portogallo e Grecia sono avanzatissimi e tra breve vedremo il piano Germania dettagliatissimo e teutonicamente organizzato in modo perfetto) è decisamente una situazione impietosa. Ciò che differenzia la bozza italiana e” France Relance” è lo spirito sottostante. In Francia il governo si propone di agevolare, con una serie di iniziative estremamente dettagliate, a vario titolo i privati e le imprese a migliorare la loro competitività e la loro produttività. Il governo facilita, aiuta, riduce tasse o dà contributi ma il cuore del rilancio rimangono i privati siano essi singoli cittadini o le imprese. In Italia l’80% della spesa è per… lo Stato stesso. Non a caso circa 88 miliardi sostituiscono capitoli di spesa già in essere, di fatto dimezzando la potenza di fuoco del piano stesso tanto sbandierato come una vittoria. È una differenza basilare, fondamentale nella visione dello Stato e del suo ruolo, che sta alla base della mancata crescita italiana negli ultimi 30 anni. È la solita drammatica endemica presunzione che lo Stato sia in grado di disintermediare i privati (cittadini, imprese anche terzo settore) facendo alla fine meglio (Alitalia, ex Ilva ecc.) convinzione negata dalla storia, dall’evidenza italiana. Ma sembrerebbe ideologicamente presente nella cultura dei partiti che sono al governo. E probabilmente di gran parte anche dell’opposizione. Senza se e senza ma. Il piano Conte ripropone questa logica. Il modello è lo stesso sperimentato con la fallimentare gestione Covid e la sua comunicazione. Il merito delle decisioni di chiusura è dello Stato, il demerito dei contagi è dei cittadini indisciplinati. Quindi si spende per rifare edifici scolastici e ospedali (sacrosanto, ma quanto serve davvero?), per la banda larga (giusto, ma quanto fa lo Stato e quanto i privati e come?), per una serie di infrastrutture (giusto ma quanto c’è di già finanziato solo da cantierare, prima di fare nuove iniziative?) e, perfino nell’unico grosso capitolo di spesa “delegato” ai privati (industria 4.0), alla fine si introducono una serie di iniziative di intermediazione dello Stato… Noi e la Francia due visioni legittime entrambe dove la scelta è assolutamente politica, ma da noi dovrebbe essere fatta esplicitamente, preferibilmente guardando in passato e quali siano stati i risultati migliori. Resta da chiarire perché da una parte si invoca la task force e si giudicano i ministeri incapaci, e dall’altra si pensa che la task force o altri enti statali siano enormemente più efficienti nell’allocare risorse dei privati. Alcune rapide osservazioni di merito sull’allocazione delle risorse. La lista sarebbe lunghissima ma solo alcuni punti esemplificativi della qualità generale. Ha detto Renzi, 3 miliardi al turismo è semplicemente ridicolo. Manca uno zero alla fine della cifra e non esiste una visione concreta sul tema. Sempre la pagina 49 del piano, Conte dedica al turismo una menzione speciale di circa 5 righe (su 129 pagine) in cui si dice che le presenze sono crollate del 20% nel 2020. Non si capisce a quali alberghi si riferisca perché a Roma, Venezia, Milano, Firenze se va bene gli alberghi hanno avuto un calo dell’80% non del 20%. Ma a parte questa menzione, la famigerata pagina 49 non dice nulla di nulla. Seguono 2 pagine sul patrimonio culturale italiano, e 3,1 miliardi allocati per realizzare, tra le altre cose, la «digitalizzazione del patrimonio culturale italiano» e «una scuola di formazione turistico professionale». Il turismo rappresenta il 12% circa del Pil italiano e le misure sono queste? Nove miliardi alla Sanità sono molto probabilmente insufficienti e non si capisce peraltro perché andare ad utilizzare 9 miliardi nella Sanità con il Piano nazionale di rilancio e resilienza quando ne esistono 36 sul Mes molto meno condizionati del Recovery Plan. Continuano i misteri dei Cinquestelle. L’accenno al piano di miglioramento della digitalizzazione della pubblica amministrazione è velleitario e senza alcun contenuto concreto. Manca la scelta politica fondamentale di misurare effettivamente la performance della pubblica amministrazione. Mancano risorse quasi in toto, ad eccezione di un accenno a industria 4.0, per il miglioramento della produttività. Gli effetti di aumento produttività sono indiretti (infrastrutture) e quindi dilazionati molto in là nel tempo. Manca totalmente il tema della crisi demografica, che è conclamata e fortissima… Sulla parità di genere non si capisce come mettere in piedi misure fondamentali per promuovere la parità di genere e per offrire opportunità di impiego vero al Sud, dove la partecipazione femminile al lavoro è 30 punti sotto la media europea. In sintesi, l’allocazione delle risorse è molto criticabile e riflette una logica più populista-demagogica- a parole (tanto “verde”, tanto “digitale”, tante “agenzie”, tante “certificazioni”, ulteriore burocrazia statale) priva di riflessi concreti sulla crescita del paese nei fatti… C’è quindi un enorme tema di merito e dipende proprio dal non avere coinvolto nella stesura del piano corpi intermedi, Comuni, Regioni, terzo settore. Non si tratta di una mera disattenzione ma, ancora una volta, è espressione di una volontà politica di volere accentrare il tutto, con risultati peraltro patetici e ampiamente migliorabili. Ciò che più preoccupa è la non consapevolezza di questo problema da parte di Conte: se chi detiene potere non è conscio dei propri (pesanti) limiti, il rischio dell’utilizzo del potere stesso al solo fine di mantenerlo nelle proprie mani nel tempo a discapito di tutti, è molto evidente, e dovrebbe esplicitamente essere proibito dal processo democratico. Qual è il futuro del nostro Paese che si immagina? Abbiamo la curva demografica peggiore d’Europa e il numero di figli per donna è drammaticamente basso. Le nuove generazioni saranno di 400mila italiani l’anno. Il nostro sistema di welfare, sanità, istruzione dipende dalle entrate fiscali, a loro volta dipendono dalla crescita e dalla produttività. Lo Stato raccoglie tasse e redistribuisce risorse, ma tali risorse dipendono unicamente dalle tasse e dallo sviluppo economico. In assenza di possibilità di debito (che dopo la sbornia Covid saranno inesistenti), lo sviluppo economico del paese è evidentemente l’unico modo per difendere la socialità così come noi la conosciamo oggi… La possibilità di garantire mobilità sociale in questo sistema bloccato e corporativo è minima. Senza mobilità sociale non esistono possibilità di sviluppo concrete e possibili. Se non si recupera rapidamente una dimensione di consapevolezza, e quindi di stato di necessità per un’azione molto rapida e concreta, non esiste possibilità alcuna tra 10 anni che il nostro Paese possa mettersi in equilibrio. Non si vede minimamente né nel governo di oggi, né nel dibattito politico la consapevolezza dell’urgenza assoluta di misure volte al recupero della produttività delle imprese, all’efficientamento della pubblica amministrazione, alla imprescindibile necessità di tornare dopo oltre 30 anni di stagnazione e debito crescente a uno sviluppo del paese solido e sostenibile… Occorre comprendere che in futuro comunque mancheranno risorse, anzi mancherà un’enormità di risorse rispetto agli ultimi 10 anni e anche rispetto ai prossimi 3 anni che godranno (per così dire) dell’ultima sbornia di debito Covid, Ricovery Fund, Mes e i tassi di interesse a zero. Non succederà mai più per più di una generazione, per decenni di avere risorse disponibili come questi 209 miliardi. Per ripartire serve creatività e capacità di visione. Leggendo il documento presentato da Conte, per tutti i motivi esposti, penso che non ci stiamo per nulla muovendo. E i pochi passi che stiamo facendo sono nella direzione diametralmente opposta a quanto necessario… Quindi bisogna cambiare e alla svelta. La finestra di opportunità si sta per chiudere, ammesso che non sia già chiusa…

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