Difficile fare di meglio con i soldi a disposizione, i mercati lo hanno capito e anche l’Europa ma contante, sanità e flat tax sono comunque dei ‘nei’ che al di là della fiducia nella Premier in costante aumento, segnano in negativo il giudizio degli elettori (si, i suoi elettori) nei confronti del Governo in carica da poco più di un mese…. La Banca centrale è in crisi di credibilità, per questo continuerà a picchiare duro sui tassi. Il Pnrr? Uno scontro tra Roma e Bruxelles è di fatto inventato, le modifiche sono previste dalla stessa Europa… Chiediamocelo: c’è un po’ di Mario Draghi nella manovra di Giorgia Meloni? Sì, a dispetto del rimpallo di responsabilità tra vecchio e nuovo governo in merito al raggiungimento degli obiettivi del Pnrr. Se poi il metro di misura sono i mercati (lo spread Btp/Bund nell’ultimo mese non è praticamente mai salito oltre i 200 punti base), allora il paragone è ancora più calzante. Qualcuno ha accusato la manovra Meloni-Giorgetti di essere timida e dalle scarse pretese. Ma forse la verità è un’altra e cioè che con un deficit 2022 gonfiato da fior di decreti anti-pandemia prima e antinflazione poi, e nonostante un Pil che a fine anno si porterà al 3,9%, i soldi erano davvero pochi per fare di meglio. Tanto vale, insomma, stare nei ranghi che abbandonarsi ad alchimie finanziarie capaci di irritare Europa e investitori, più di quanto non sia necessario. La manovra, ora all’esame del parlamento e sotto il fuoco di centinaia di emendamenti, vale più o meno 35 miliardi e non sembra aver innervosito più di tanto i mercati. Il governo ha varato una legge di Bilancio nel segno della stabilità e della continuità con le politiche messe in campo dal precedente governo. Proprio per questo è stata promossa dai mercati, è stato mandato un segnale chiaro che l’Italia rispetterà i vincoli. E poi in Europa sapevano bene, fin da prima che si insediasse il governo Meloni, cosa aspettarsi. Dunque, erano pronti. Questo non vuol dire che non ci siano aspetti critici che riguardano in particolare alcuni capitoli: contante, flat tax, sanità. La misura sul contante, almeno quella ancora in essere, è una misura retrograda che favorisce l’evasione. Mi pare abbastanza chiaro. E la flat tax non convince, perché mina la base imponibile dell’Irpef, incoraggiando i lavoratori autonomi a fare di tutto per scendere sotto gli 85 mila euro. Non dovrebbe essere difficile per i lavoratori autonomi dividere le proprie entrate tra varie persone o varie società, in modo da rientrare nel tetto previsto. Insomma, potremmo avere effetti negativi per la finanza pubblica più che proporzionali rispetto all’incremento previsto del tetto. Qualcuno contesta che sul fisco il governo ha sposato la causa delle partite Iva, abbandonando i dipendenti… E’ esattamente così. Qualcuno si è messo a fare delle tabelle per spiegare che i dipendenti hanno dei vantaggi sugli autonomi. Ma la verità è che questa manovra dal punto di vista fiscale, fa gli interessi dei professionisti e solo di quelli. Dicevamo della sanità, anche… La sensazione che ci sia una certa ostilità da parte di settori della maggioranza verso il potenziamento della sanità con una diversa presenza sul territorio e sul rafforzamento degli organici. E questo nonostante il nostro sistema sanitario abbia retto alla pandemia. Considerazione di massima, con le risorse a disposizione del governo sarebbe stato difficile, se non impossibile, fare una manovra migliore? L’esecutivo ha fatto quello che poteva. Ci sono scelte e segnali politici, ma soldi davvero non ce ne erano. Parliamo della crescita. Quest’anno l’Italia dovrebbe chiudere con un Pil al 3,9%, oltre le attese. Buon auspicio anche per il 2023? Tutto ruota intorno al problema dell’energia, ma si può essere abbastanza ottimisti, perché il picco della crisi energetica è passato. E non tornerà. E la Bce? Dai tassi dipende buona parte della crescita, perché combattere l’inflazione a colpi di politica monetaria può avere un costo in termini di prestiti all’economia reale. La Bce ha un problema di credibilità da ricostruire. Fino a giugno ha affermato che l’inflazione era temporanea e quindi non si doveva intervenire. Poi ha detto che bisogna proseguire con la politica restrittiva fino alla sconfitta dell’aumento dei prezzi. Insomma, è stata confusa. E per questo continuerà a picchiare duro, per ricostruire una credibilità perduta. Pare troppo presto per una frenata da parte di Francoforte. Il governo italiano vorrebbe convincere l’Europa della necessità di aggiustare il Pnrr, aggiornandolo all’inflazione e ai costi delle materie prime. Bruxelles non sembra tanto per la quale. Chi ha ragione? La Commissione europea ha detto in modo chiaro che delle modifiche su costi e risorse si possono applicare, alla luce dell’inflazione. Dunque, un conflitto non esiste, magari qualcuno nella maggioranza ha voluto inventarselo. Quindi: Meloni è stata promossa dagli italiani, ma il suo governo lo è un po’ meno. La fiducia in Giorgia Meloni è cresciuta dalla nascita del governo, quella del suo esecutivo è calata ed è probabile che calerà ulteriormente. Già finita la luna di miele? Meloni ha azzeccato le mosse principali da quando è al governo. Tutto sommato, ha cercato una linea rassicurante di cui c’era bisogno dentro e fuori l’Italia. Lo ha fatto scientemente, avendo capito che la sfida è complessa e che c’è bisogno di tempo per mettere le persone nei posti che contano, per sviluppare relazioni internazionali essenziali per andare avanti, per mettere la testa davvero sui dossier più complicati (Giustizia, Tasse, Lavoro, PNRR). Il governo che guida non l’ha seguita con pari lucidità. Vediamo intanto cosa ne pensano gli italiani, grazie ai dati SWG.
Cosa produce questo effetto? Difficile dirlo, però su un punto l’insieme del governo ha convinto meno del/della Premier: il numero delle interviste. Troppi ministri si sono esposti, parlando a vanvera. La cosa, non aiuta certo la Premier e diciamolo chiaramente che così facendo si perde anche un sacco di tempo…
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