Guerra: si vanno chiarendo all’interno del fronte occidentale le divergenze tra Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea sullo sbocco che deve avere la guerra russo-ucraina. Macron, Draghi e Scholz tentano di costruire un ponte, che per ora sembra un miraggio tra Washington e Mosca per arrivare rapidamente ad un cessate il fuoco e ad aprire un negoziato di pace…

Joe Biden, che Mario Draghi incontrerà oggi alla Casa Bianca, è sostenuto nelle sue scelte sull’Ucraina da una opinione pubblica largamente favorevole in tutto il Paese. Il presidente americano è molto debole all’interno e perderà probabilmente le elezioni di mid-term nel novembre prossimo. Gli americani alla fine non voteranno sull’andamento della guerra in Ucraina; voteranno sull’inflazione e sui posti di lavoro negli Stati Uniti. Ma il forte appoggio di Washington alla resistenza ucraina è uno dei pochi temi su cui Biden ha un forte consenso: semmai, una parte dell’opinione pubblica e dei Repubblicani in particolare pensa che la Casa Bianca faccia troppo poco, o comunque non a sufficienza, per sostenere Volodymyr Zelensky. Nell’incontro a Washington: si parlerà quindi di guerra Russia-Ucraina ma non solo, Biden e Draghi dovranno su tutto quel che discuteranno cercare le necessarie convergenze. È palese ormai, la differenza di atteggiamento rispetto agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna che finora in ambito G7 e Nato hanno sempre tenuto toni alti e ultimativi, lasciando intendere di essere più interessati alla sconfitta di Putin e dunque a una guerra lunga che a una pace a stretto giro. Mentre gli interessi europei sono diversi, come viene sempre più spesso sottolineato da queste parti. Pur non mettendo in discussione l’alleanza con Washington, ci mancherebbe altro. Ma, alla testa di una Europa che rischia di ritrovarsi geograficamente ed economicamente stritolata nel confronto tra Russia e Usa, i leader di governo di Italia, Francia e Germania tentano a fatica di far valere le ragioni del vecchio continente puntando ad una trattativa per ottenere almeno una tregua. Dice Macron: “Siamo di fronte a una sfida epocale per la nostra generazione, per il nostro continente, dobbiamo stare al fianco dell’Ucraina e allo stesso tempo proteggere le nostre popolazioni da un conflitto lungo e più ampio”. Macron avendo in questo semestre anche la presidenza dell’Unione, tenta di costruire un ponte che per ora resta ancora un miraggio tra Washington e Mosca. Putin oggi, non lancia messaggi incendiari dalla Piazza Rossa, e il presidente francese vi scorge un segnale (che invece Biden e Jhonson non vedono): “Noi stiamo con l’Ucraina, ma non ci sarà pace umiliando la Russia”. Ed aggiunge: “Spetta alla sola Ucraina definire le condizioni per i negoziati con la Russia. Ma il nostro dovere è essere al suo fianco per ottenere il cessate il fuoco e quindi costruire un negoziato di pace. E dopo la pace, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza e non dobbiamo, insieme, mai cedere alla tentazione né dell’umiliazione né dello spirito di vendetta, perché hanno già troppo, in passato, devastato le vie della pace”. E oggi, Mario Draghi, in sintonia con Macron, farà presente a Biden che dietro di sé ha un’opinione pubblica mossa da impulsi diversi e divisa sulle scelte da compiere. Secondo il monitoraggio di IPSOS, l’appoggio alle sanzioni è in diminuzione e il 50% circa degli intervistati (fine aprile) è contrario a nuovi aiuti militari. Il 53% degli italiani è con l’Ucraina, solo il 6% sta con Mosca. Ma quattro su  dieci non si schierano. Mentre i dati di Eurobarometro sulla risposta europea all’Ucraina indicano che solo il 39% degli italiani (contro il 58% dei tedeschi, il 49% dei francesi, il 53% degli spagnoli) concorda totalmente con la tesi che la Russia sia la prima responsabile della crisi in Ucraina. La conclusione possibile è che la guerra sta già producendo una sua fatica: quanto più durerà il conflitto, tanto più il fronte interno italiano diventerà fragile… e l’unità dell’Europa e la sua tenuta è già a rischio. Mario Draghi avrà quindi il duplice compito a Washington di: garantire che il governo che presiede terrà una linea coerente di appoggio alla resistenza ucraina; ma dovrà anche spiegare che il sostegno economico e militare a Kiev ha bisogno di essere guidato, per essere mantenuto nel tempo, e con obiettivi politici chiari e definiti. Il premier italiano è più che mai consapevole della differenza che passa fra una pace e una resa: senza la fornitura di armi pesanti all’Ucraina, Kiev non sarebbe nelle condizioni di negoziare alcun accordo, dovrebbe semplicemente cedere ai disegni neo-imperiali di Putin. Cosa che non risponde affatto né alla volontà degli ucraini stessi, né ai valori democratici dell’Ue e alla sicurezza europea. Esistono tuttavia, nei singoli Paesi europei e fra di loro, asimmetrie e divisioni: lo shock della guerra le ha in parte occultate ma altresì acuite; l’aumento dei costi e dei rischi legati al conflitto tenderà a riproporle quotidianamente, come dimostra il difficile compromesso sulle sanzioni petrolifere. La Casa Bianca non può non tenere conto di questo rischio politico, così come gli europei devono avere chiare le pulsioni della politica estera americana. Comunque, se la guerra in Ucraina apre lo scenario di una nuova guerra fredda con la Russia, si deve avere reciprocamente coscienza tra Usa e Europa che la coesione e tenuta dei fronti interni occidentali sarà un fattore decisivo. Lo sottolinea Emmanuel Macron che con una sola mossa, ribadisce il sostegno all’Ucraina sotto attacco dal 24 febbraio scorso, e allo stesso tempo prende le distanze dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg che ha cercato di dettare le condizioni del negoziato: “Non accetteremo mai l’annessione della Crimea”, ha detto, pur aggiungendo che “sta all’Ucraina a decidere” e anche dai toni alti usati fino a ieri al G7 nella riunione telematica con Zelensky. Parlando all’Europarlamento a Strasburgo, nel giorno dell’anniversario della dichiarazione di Schuman, poche ore dopo il discorso di Vladimir Putin nella Piazza Rossa – che accusa la Nato e praticamente non nomina l’Ucraina, ma evita comunque messaggi che preannuncino una escalation del conflitto – il presidente francese tenta di disegnare una via d’uscita europea dal conflitto in Ucraina e in serata la condivide con il cancelliere Olaf Scholz a Berlino. Del resto, dice il presidente francese in conferenza stampa nella capitale tedesca alla sua prima visita ufficiale all’estero dopo la rielezione all’Eliseo, “oggi non abbiamo avuto una escalation verbale” da parte del capo del Cremlino. Dunque, sottolinea Macron che qualche giorno fa ha parlato per due ore al telefono con Putin, serve “subito una tregua”. Mentre dagli Usa partono ancora armi verso Kiev e accuse contro Mosca. Nel giorno in cui Putin celebra la vittoria del 1945 contro i nazisti, nel giorno in cui Joe Biden dà il via libera a una legge per velocizzare la fornitura di armi all’Ucraina – ispirata a una misura che nel 1941 permise agli Stati Uniti di armare l’esercito britannico contro Adolf Hitler – Macron sceglie la via breve per arrivare alla pace, almeno a parole e in forma per ora purtroppo solo teorica. “Oggi, 9 maggio, libertà e speranza per il futuro hanno il volto dell’Unione Europea – dice il presidente francese – È in nome di questa libertà e di questa speranza che sosteniamo e continueremo a sostenere l’Ucraina, il suo presidente, Volodymyr Zelensky, e tutto il popolo ucraino”. Ed elenca gli obiettivi europei: “di fronte alla decisione unilaterale della Russia di invadere l’Ucraina e attaccare il suo popolo bisogna fermare questa guerra il prima possibile. Fare di tutto affinché l’Ucraina, alla fine, possa resistere e la Russia non vinca mai. Preservare la pace nel resto del continente europeo ed evitare qualsiasi escalation verso il 3° conflitto mondiale. Per porre fine a questa guerra, abbiamo adottato sanzioni senza precedenti per ostacolare permanentemente le fonti di finanziamento per la guerra in Russia. Per sostenere l’Ucraina, abbiamo mobilitato importanti risorse militari, finanziarie e umanitarie come mai prima d’ora e dobbiamo intensificare i nostri sforzi per mettere in atto una risposta efficace in termini di sicurezza alimentare, e continueremo. Perché la giustizia parli, lottiamo e lotteremo contro l’impunità per gli indicibili crimini commessi dalla Russia in Ucraina. Tuttavia, non siamo in guerra con la Russia. Stiamo lavorando come europei per la conservazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina, per il ritorno della pace nel nostro continente. Spetta alla sola Ucraina definire le condizioni per i negoziati con la Russia. Ma il nostro dovere è essere al suo fianco per ottenere il cessate il fuoco, quindi per costruire la pace. Poi saremo lì per ricostruire l’Ucraina come europei, sempre. Perché alla fine, quando la pace tornerà sul suolo europeo, dovremo costruire nuovi equilibri di sicurezza e non dobbiamo, insieme, mai cedere alla tentazione né dell’umiliazione né dello spirito di vendetta, perché hanno già troppo, in passato, devastato le vie della pace”. Qualcosa sta cambiando? Qualche segnale c’è, presto per trarre conclusioni. E anche negli Usa, all’interno della stessa amministrazione Biden, si confrontano diverse sensibilità sulla guerra, tra ‘falchi’ tipo Antony Blinken, segretario di Stato, e ‘colombe’ tipo Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza. E poi è il presidente Joe Biden a celebrare la Festa dell’Europa, rimarcando che “la guerra di Putin ha portato distruzione in Europa e ha minato il suo futuro di prosperità e sicurezza”. Intanto, va registrata anche l’ultima mossa di Xi Jinping che dimostra la necessità di fare presto. In un colloquio telefonico con il cancelliere Scholz, il presidente cinese promette il sostegno di Pechino alla ricerca di una “autonomia strategica da parte dell’Ue” e chiede alla Germania di “sostenere e partecipare attivamente alle iniziative di sviluppo globale e alle iniziative di sicurezza globale e promuovere la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l’umanità”. Ad aprile la Cina ha lanciato una “Global security initiative”, che vorrebbe essere una rete di alleanze a livello globale per evitare rischi di escalation e terze guerre mondiali. Ma si tratta di una iniziativa evidentemente contrapposta all’alleanza Aukus voluta da Washington con Gran Bretagna e Australia, in funzione anticinese. Nulla di esplicitamente bellicoso da parte di Pechino per ora. Ma il tentativo di porsi allo stesso livello degli Stati Uniti come ‘garanti’ dell’ordine mondiale c’è tutto. Macron, Draghi e Scholz lavorano per dare all’Europa un ruolo di baricentro dialogante tra Est e Ovest e per un’Europa rinnovata istituzionalmente e politicamente nei suoi obiettivi politici e di integrazione tra gli Stati che la compongonocosì da essere protagonista di nuovi equilibri di sviluppo economico  e di pace nel mondo…

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