Guerra: sta cambiando l’ordinamento internazionale? Un interessante seminario organizzato dalla Scuola politica ‘Vivere nella comunità’. I pareri di Cassese e Massolo…

La domanda centrale della discussione: “come cambia l’ordinamento internazionale?” Dopo (e anche durante) la guerra in Ucraina? Rispondono Cassese e Massolo… Per il Prof. Sabino Cassese, siamo di fronte a tre problemi che rendono questo conflitto più complesso di altri: la Russia è una potenza nucleare; è uno Stato autocratico senza organismi di controllo, dei tribunali indipendenti, né libera partecipazione popolare alle decisioni pubbliche; è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu e dunque ha potere di veto sulle risoluzioni che potrebbero far scattare una difesa collettiva dell’Ucraina. Per questo, pur essendoci molte istituzioni coinvolte, dall’Osce al Consiglio d’Europa, dalla Corte internazionale di giustizia alla Corte penale internazionale, queste non hanno i “denti per mordere” e quindi, non riescono a incidere concretamente per fermare l’aggressione russa. “Anche le sanzioni – che si ispirano al sistema regolamentato dall’Organizzazione mondiale del commercio, le cosiddette retaliatory measures – non hanno un risultato garantito. In Europa sono state adottate sulla base di un regolamento del 2014 che consente di colpire istituzioni, persone e beni. Leggendo la Gazzetta ufficiale dell’Ue, si capisce che vengono decise con grande precisione e cura, documentando i legami con il regime di Putin di tutti i soggetti coinvolti. Ma il fatto di essere adottate senza un processo le espone a ricorsi, come quello che un oligarca ha presentato alla Corte di giustizia del Lussemburgo e che potrebbe anche vincere”. Peraltro, non è chiaro come debbano essere considerate in Italia, dove non esiste il concetto dell’asset freeze, il congelamento dei beni. Il nostro ordinamento prevede sequestro e confisca. E se vanno considerati sequestri, come sostiene Cassese, si apre la questione di chi è responsabile del bene sottratto agli oligarchi o alle loro società, e di come vada gestito. Ma c’è un altro quesito importante che caratterizza il dibattito sulla guerra russo-ucraina. Un altro “istituto” controverso: il trasferimento a titolo gratuito delle armi all’esercito ucraino è compatibile con la nostra Costituzione? Molti citano impropriamente l’articolo 11, l’Italia ripudia la guerra, ma si fermano troppo presto nella lettura. Per il Prof. Cassese non c’è dubbio su questa legittimità: l’Italia aderisce alle organizzazioni internazionali “che assicurano pace e giustizia” come le Nazioni Unite, la cui carta all’articolo 51 sancisce il diritto di difesa degli Stati aggrediti. Consentendo dunque che Stati non belligeranti forniscano strumenti in un conflitto. Cassese fa riferimento altresì all’articolo di Robert Skidelsky, storico, economista e biografo di Keynes, sulla “falsa promessa della pace democratica”. Sostiene che è più importante, per assicurare la pace, “che non ci sia anarchia internazionale, piuttosto che assicurarsi (come molti in Occidente credono) di avere dei vicini democratici, perché meno orientati alla guerra. Secondo Skidelsky, l’esportazione della democrazia ha portato molti danni e non è basata sulla storia, oltre a costare molto in termini umani, militari ed economici”. E in effetti un’anticipazione di quello che è successo si ritrova nel discorso di Putin per i 70 anni delle Nazioni Unite, nel 2015. Che era un inno alla Carta dell’Onu ma solo alla parte che interessava a lui, ovvero il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Per il presidente russo, bisognava opporsi all’esportazione delle cosiddette rivoluzioni democratiche. Conclude Cassese: “Su questo pianeta siamo oltre otto miliardi e più della metà vive in ordinamenti non democratici. Come si fanno a sviluppare organizzazioni internazionali e di cooperazione se alla base non c’è un insieme di principi comuni. Se mancano le basi, libertà di espressione, associazione, riunione ed elezioni ripetute, è difficile creare un ente sopranazionale. Si può lavorare di bisturi ripensando alla Carta Onu e al Consiglio di Sicurezza. Ma la situazione non è buona…”. Giampiero Massolo, presidente dell’Ispi, già segretario generale della Farnesina e capo del Dis, parte spiegando come la Russia abbia come principale obiettivo politico per cui ha invaso l’Ucraina (dando seguito a quanto iniziato già nel 2014) di sconvolgere l’equilibrio globale che in questo ultimo decennio e forse più, ha marciato verso un bipolarismo Usa-Cina, costringendo il resto del Mondo a fare i conti con esso. Mosca non era più una grande potenza, né militare né politica, né capace di influire sull’agenda globale. Quello che le resta è il fattore ricatto: le testate nucleari e la capacità di paralizzare l’Onu, come ha ricordato Cassese. Putin entra a piedi uniti sulla cartina perché vive male gli anni dalla caduta del Muro (1989) a oggi, vuole riparare l’umiliazione della Guerra Fredda e vive come minaccia le libere scelte di governi eletti intorno a lui. Così ammassa soldati al confine con l’Ucraina, pone delle condizioni manifestamente inaccettabili e coglie il pretesto per invadere. Cosa che da parte occidentale – a parte Cia e servizi britannici – sembrava inconcepibile. Infatti, dalla caduta del Muro (sono 30anni anzi qualcuno in più) in Europa si è considerata la Russia non più un “nemico credibile” da sconfiggere, ma un “avversario credibile” – spiega Massolo – che si poteva blandire ingaggiandolo su qualche dossier come Siria, Libia, cambiamento climatico, solo per impedire che si schierasse e compattasse la “lega degli autocrati”, con la Cina in testa, cosa che invece potrebbe succedere ora. Massolo poi ha sottolineato che la prospettiva della guerra russo-ucraina: “va ragionata su quattro livelli: 1. il terreno; 2. l’arrivo a una forma di assestamento della crisi; 3. il modo in cui si arriverà a questo assestamento e gli effetti sul futuro (e auspicabile) ordine di sicurezza in Europa; 4. la rimodulazione dell’ordine complessivo mondiale, ammesso che di ordine si possa tornare a parlare”. Guardando al terreno, oggi, una soluzione non c’è. È vero che la Russia è in difficoltà e ha scalato al ribasso i suoi obiettivi, ma Putin non può lasciare il campo ora. Ha bisogno di qualcosa da vendere alla propria opinione pubblica. C’è chi dice che lui non sappia (o non gli venga detto) come sta andando la guerra, ma non c’è da crederci. E in ogni caso Putin non si fermerà finché nel conflitto non arriva a un punto da lui considerato desiderabile. “Gli ucraini sono tosti e hanno tutto il diritto di difendersi e di chiedere ai Paesi amici di aiutarli a farlo”. E finché non riterranno, non tanto di ricacciare i russi a casa loro (un ampio e difficile obiettivo) ma di limitarne seriamente l’espansione, beh, c’è da credere che lo faranno. In questo sono fondamentali le forniture di armi e le sanzioni, e poco senso hanno i distinguo tra armi offensive e difensive che non vogliono dire niente. “Il terreno conta ed è determinante. Nei primi giorni si è combattuto in spazi angusti e nelle città, ora nel Sud-est delle pianure c’è bisogno di armi a penetrazione più lunga, per questo vengono fornite”. Questo quello che ha detto in prima battuta Massolo. E continuando evidenzia come un vero negoziato, ora non sembra possibile. Quello che si vede è “il negoziato sul negoziato: quali saranno le potenze garanti, come gestire eventuali neutralità, il futuro di Donbass e Crimea, che fine farà il folle proposito della “denazificazione. Siamo nel campo dei buoni uffici, neanche della mediazione”. L’unica regola di ingaggio finora riconosciuta è che non ci deve essere confronto diretto tra Russia e Nato, perché farebbe scattare la Terza guerra mondiale. Il rischio c’è, fosse anche per un possibile errore sul campo, di uno dei due belligeranti”. Questo porta ad un altro rischio: quello di un congelamento del conflitto. Da capire fino a che punto, se saranno coinvolte la Crimea e la Transnistria, ma tutto fa pensare a una cristallizzazione della guerra. “Che spingerà sull’ordine di sicurezza europeo: continueranno le sanzioni e si andrà verso un negoziato infinito, fatto di trattative su sé e come ridurle e in cambio di cosa. Ma non si farà un negoziato su truppe, uso di nucleare cosiddetto ‘intermedio’ o sulle esercitazioni, e l’ordine di sicurezza europeo rischia di restare paralizzato e indefinito”. E l’ordine globale? Avremo: il “resto del mondo” a geometria variabile… Massolo a riguardo analizza l’ordine mondiale e i soggetti che restano fuori dagli schieramenti Russia-fronte occidentale. Si tratta dei 2/3 della popolazione mondiale, un “resto” decisamente importante. “La Cina è disturbata nell’immediato da prezzi dell’energia che si impennano e dall’instabilità politica che porta instabilità commerciale. Però è tentata dall’avere un fornitore di materie prime a basso costo alleato nella futura lega delle autocrazie. C’è l’India, con l’interesse assoluto di contrapporsi alla Cina (anche perché c’è il Pakistan di mezzo). Ma pur essendo la più grande e popolosa democrazia del mondo, alleata con gli Stati Uniti, non si auto-esclude da quel “resto” che quasi per definizione è ostile all’Occidente. E che sarà costituito da Stati a geometria variabile che si allineeranno seguendo interessi comuni più o meno occasionali”. Anche sul fronte europeo, ci potrebbero essere interessanti novità: anche se l’Ue non ha una prospettiva concreta di diventare (davvero) autonoma strategicamente, deve coltivare alcuni presupposti che la trasformino da ventre molle a ventre forte che possa prendere posizioni che non necessariamente cercano una totale “consonanza” d’intenti nel comune schieramento. “Proprio in questa fase per noi è un esercizio di consapevolezza ritrovare una bipartisan-ship non tanto sull’interesse nazionale italiano ma sulla collocazione internazionale del nostro Paese. E’ il classico: “alleati non sudditi”. Non è più possibile che uno schieramento neghi legittimità all’altro sulla base della collocazione geopolitica, perché vuol dire minare le basi dello Stato. Comunque tutto ciò, parte dall’esercizio della consapevolezza. L’esempio: “quando stasera torniamo a casa e giriamo la chiave nella serratura, il fatto che di sentirci sicuri nella nostra casa e dobbiamo averne consapevolezza, dipende anche da quello che succede molto lontano da qui”…

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