ITALIA: un paese di vecchi e giovani con un futuro difficile…

(parte terza)

Nella prima parte e seconda parte di questo post abbiamo analizzato quanto sia diffusa la disoccupazione giovanile in particolare in Italia confrontandola con quella Europea.

Adesso vediamo come intervenire.

LE POSSIBILI SOLUZIONI: L’ESPERIENZA EUROPEA

C’è un interessante rapporto dell’OCSE “Off to a Good Start? Jobs for Youth” del 2010, che riassume i risultati di una analisi sui lavori per i giovani (Jobs for Youth) a cui hanno partecipato dal 2006 al 2010 sedici Paesi: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Grecia, Giappone, Corea, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Polonia, Slovacchia, Spagna, Regno Unito e USA (non c’è l’Italia).

Alcune parti sono particolarmente interessanti.

TROVARE IL GIUSTO EQUILIBRIO FRA STUDIO E LAVORO

Occorre ambiare la mentalità presente in diversi Paesi OCSE (compreso il nostro), dove uno studente che lavora mentre frequenta una scuola viene “visto” come svantaggiato oppure “appartenente ad una famiglia con gravi problemi economici”.

Potrei accennare a più di una esperienza …compresa la mia esperienza personale, ai miei tempi alle superiori, gli “svantaggiati” erano parecchi ad esempio in terza ragioneria …una ragazza ed un altro ragazzo avevano iniziato durante i week-end d’estate a fare il cameriere (prima serata… a lavare bicchieri e servire ai tavoli) e hanno continuato durante tutto il tempo della scuola.

Io, dopo una interruzione di un paio d’anni… in cui mi ero impiegato per aiutare con il mio reddito la famiglia …ripresi gli studi “al serale” dopo aver lavorato di giorno… e in un biennio presi il diploma.

D’altronde ero effettivamente svantaggiato economicamente… quindi ne avevo bisogno anche per permettermi di comprare il solito desiderato nuovo hi-fi,  il pc, e poi perché volevo poter visitare città come Parigi e Londra, città che ammiravo dal punto di vista culturale.

Vediamo in un grafico quale sia la percentuale di studenti che lavorano e studiano: l’Italia è evidenziata in rosso

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Vediamo ora come alcuni Paesi hanno tentato di sradicare questa “ostinata” mentalità.

Belgio
Un dipartimento pubblico regionale, che segue il settore dell’occupazione, ha istituito una banca dati di stage e posti di lavoro offerti dalle imprese locali (http://www.actiris.be). Durante la formazione professionale viene fortemente raccomandata la partecipazione a stage. Le parti sociali si sono impegnate a creare 75.000 stage l’anno per gli studenti che frequentano le scuole secondarie tecniche e professionali e… 30.000 stage, per un periodo di cinque anni, rivolti agli insegnanti di tecnologia e agli equivalenti dei nostri assistenti di laboratorio. Inoltre, nel 2010, il governo federale ha introdotto uno sgravio contributivo pari a € 400,00 a trimestre, per le aziende che impiegano personale dedicato ad assistere tirocinanti, stagisti e insegnanti tecnico-pratici.

Francia
Si è attuata una politica di informazione finalizzata a far equivalere lo status di apprendista con quello di studente! Le scuole secondarie tecniche e professionali hanno stilato accordi con le aziende, in modo che sia normale per uno studente inserire nel curriculum l’aver compiuto uno o più stage. Nel 2010 gli studenti che frequentavano uno stage full-time (152 ore mensili) prendevano € 417,00 al mese.

Giappone
Dal 2005 il Ministro dell’Istruzione ha istituito diversi programmi per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, dalle work-experience, che durano diversi giorni, a contatti diretti con le aziende. Poi c’è un piano di formazione dedicata agli insegnanti (approfondimento nella nota.

Da questa breve carrellata è evidente l’importanza dello stage/tirocinio per avvicinare lo studente al mondo del lavoro. Fondamentale garantire e controllare che tali tirocini siano effettivamente un’occasione per fornire un valore aggiunto all’istruzione dello studente e che siano correlati con l’attività di formazione ed il piano di studio scolastico.

Bisogna assolutamente evitare, come diffuso in diversi Paesi, che le aziende private offrano, spesso con la complicità delle scuole, stage a studenti che hanno terminato il proprio corso di studi, solo per assumere a costo ridotto un lavoratore alla prima esperienza di lavoro ed evitare così la stipula di un normale contratto di lavoro (più oneroso in termini fiscali).

ASSICURARE CHE L’ISTRUZIONE FORNISCA AI GIOVANI LE GIUSTE COMPETENZE RICHIESTE DAL MERCATO DEL LAVORO.

La scuola aiuta i giovani ad acquisire le competenze di base della vita e quelle necessarie per il loro sviluppo personale. La qualità dell’esperienza scolastica di un alunno non riflette solo sul loro sviluppo, ma anche sul ruolo che svolgeranno all’interno della società, il livello di istruzione raggiunto, e le opportunità di lavoro.
Però ci sono ancora molti giovani studenti che decidono di lasciare il percorso scolastico perché preferiscono “buttarsi” sul mercato del lavoro. Sebbene la maggior parte di loro vede l’abbandono scolastico come “non problematico”, specie nei momenti di boom economico in cui c’è una forte richiesta occupazionale, essi sottovalutano l’handicap che il loro basso livello di istruzione può creare nella loro carriera lavorativa. In particolare quando, a causa di una crisi come quella che stiamo vivendo, è presente un grave calo della domanda di lavoratori poco qualificati!

Ad esempio in Spagna tra il 2004 e il 2007 c’è stato un boom occupazionale, specie di lavori poco qualificati, in particolar modo nel settore delle costruzioni (boom immobiliare dell’epoca… che sappiamo che fine ha fatto!) e del turismo. Adesso la Spagna è diventato il Paese con la più alta disoccupazione giovanile!

Vediamo quanto è diffuso il fenomeno dell’abbandono scolastico in un grafico: in rosso l’Italia.

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Nota: Il grafico riporta la percentuale di giovani, con età compresa fra i 20 e 24 anni, che non frequentano alcun corso di studi e che non hanno completato la scuola secondaria superiore, sul totale di giovani della stessa età. Dati del 2008.

In caso di successiva fuoriuscita dal mercato del lavoro, corrono il rischio di affrontare una notevole difficoltà nella ricerca di un nuovo posto di lavoro. Ciò vale non solo per i periodi di crisi economica, ma per l’intera vita lavorativa!

Per questo è importante avere l’opportunità per migliorare la propria istruzione e formazione professionale anche in un momento successivo al ciclo di studi scolastici, in modo da acquisire quelle competenze richieste dai datori di lavoro, anche mediante la ripresa di una formazione accademica.

Nel 1995, in proposito, è partito un progetto pilota europeo rivolto a fornire una seconda chance a questi giovani disoccupati, con età compressa fra 18 e 25 anni, che hanno abbandonato gli studi senza avere conseguito una qualifica professionale. Si tratta delle “second-chance school”. La finalità era appunto evitare la loro emarginazione dal mercato del lavoro e il conseguente rischio di esclusione sociale.Tali scuole svolgono la loro attività formativa mediante:
 la costruzione di programmi di istruzione personalizzati, diversi dagli schemi scolastici tradizionali;
 lo sviluppo di specifici programmi di formazione appositamente dedicati ai giovani;
 una adeguata e completa attività di supporto alla formazione;
 l’adozione dello stage in azienda, come metodo di insegnamento, al fine di dar vita ad un progetto professionale.

La Francia è il Paese dove tali scuole hanno preso più piede. Sviluppo promosso anche dal piano di emergenza per combattere la disoccupazione giovanile varato dal Governo nel 2009. Nello stesso anno, lo studente-tipo che le frequentava possedeva un’età media di 20 anni, aveva lasciato la scuola 2 anni e mezzo prima, il 98% non aveva il diploma, l’80% non aveva alcuna esperienza professionale (!) ed il 79% viveva in quartieri urbani degradati. I risultati di tale progetto sono incoraggianti: il 78% di loro continua a frequentare tale scuola ed il 59% l’ha ultimata positivamente, ottenendo un contratto di apprendistato, di formazione oppure “regolare”.

In Danimarca gli Uffici per l’Impiego locali si attivano immediatamente per i giovani disoccupati di 18-19 anni:
 un colloquio individuale entro la prima settimana di disoccupazione (!);
 un percorso di chiarimento delle proprie aspettative e aspirazioni entro due settimane;
 una opportunità educativa-formativa oppure un tirocinio lavorativo entro e non oltre un mese dall’inizio della disoccupazione (!).

Non faccio il paragone con l’Italia dove è nota l’elevata efficienza… dei nostri Centri per l’Impiego.

Nei Paesi Bassi addirittura preferiscono evitare che i giovani possano abbandonare la scuola senza aver ottenuto una qualifica di base. Gli studenti che entro i 18 anni non sono riusciti a conseguirla, vengono indirizzati obbligatoriamente verso un percorso orientativo che li aiuti ad esplorare varie possibilità per il suo raggiungimento, compresa l’opportunità di conciliare studio e lavoro.

Ma siamo così sicuri, che le competenze acquisite nel corso di studi, anche universitari, siano veramente spendibili nel mercato del lavoro?

Questo è un problema che affligge in particolar modo il Sud Europa, dove molti diplomati e laureati hanno acquisito delle qualifiche e competenze che non porteranno alcuna prospettiva di carriera, perché ci sono troppi che hanno la stessa specializzazione oppure perché tali competenze non corrispondono affatto alle richieste del mercato del lavoro. Questi giovani sono stati duramente colpiti dalla crisi in corso e sono a rischio di disoccupazione di lunga durata, oltre ad essere successivamente discriminati dai datori di lavoro, che, giustamente, preferiscono assumere diplomati o laureati “freschi”. Ad esempio, personalmente in Italia personalmente ritengo alquanto “singolare” il numero di avvocati: uno ogni 290 abitanti circa. Era da un po’ di tempo che volevo fare il confronto dell’Italia rispetto agli altri Paesi UE.

Questo grafico, è composto partendo dai dati forniti dal Consiglio degli Ordini Forensi Europei (CCBE) e dall’Albo Nazionale Avvocati

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Nota: In bianco su ogni barra è riportato il mese ed anno a cui si riferisce il dato.

Ritenete sia giunto il momento per i genitori che vogliono un figlio avvocato… di mettersi l’anima in pace?

Ciò non toglie però che, con la competenza e flessibilità mentale acquisita… possano trovare lavoro in altri settori, meno inflazionati.

PREVENZIONE DEL FENOMENO DELL’ABBANDONO SCOLASTICO ED INCENTIVAZIONE DELLA SUA PROSECUZIONE.

Abbiamo già visto che i giovani che sono potenzialmente più svantaggiati sul mercato del lavoro sono quelli che abbandonano precocemente gli studi, generalmente subito dopo l’obbligo scolastico (ma, di fatto, anche prima). La soluzione migliore è prevenire tale fenomeno, incoraggiando gli studenti a proseguire gli studi oltre il percorso obbligatorio, in modo che possano migliorare le proprie competenze e avere migliori prospettive lavorative.

Come?

In Danimarca tutti gli studenti con età compresa fra 15 e 17 anni devono preparare un dettagliato progetto educativo/formativo, che includa delle attività come, ad esempio, successivi percorsi di istruzione, esperienze lavorative, tirocini, soggiorni all’estero, attività di volontariato, ecc. Ovviamente con l’aiuto dei genitori, della scuola ma anche dei Centri istituzionali di orientamento scolastico, compresi i Centri per l’Impiego (e quindi i datori di lavoro con le loro offerte occupazionali). Tali progetti vengono inclusi di un database che riassume il percorso di istruzione e formazione di ogni giovane, rendendo poi facile identificare chi di loro sia più vulnerabile, dal punto di vista occupazionale. Infatti abbiamo visto prima come, in questo Paese, i Centri per l’Impiego intervengono efficacemente nei confronti dei giovani che dopo il compimento del 18° anno di età si trovino malauguratamente disoccupati.

In Norvegia nel 2010 il governo ha discusso l’approvazione di un “Libro bianco” che racchiude una serie di iniziative affinché gli studenti siano incentivati a completare l’istruzione secondaria superiore (quindi oltre la scuola dell’obbligo), oltre ad un monitoraggio attento di chi ha già lasciato la scuola. Inoltre l’attività di istruzione sarà più orientata alle esigenze del singolo studente e alle sue attitudini in vista di un ottimale sbocco lavorativo.

Eppure questi due Paesi, non avrebbero bisogno di tali politiche giovanili, visto che proprio in Norvegia e Danimarca il fenomeno della disoccupazione giovanile è meno diffuso, oltre a possedere il maggiore tasso di laureati (quasi il 50%).

Invece (saggiamente) perseguono tale orientamento…

Dall’altra parte abbiamo Paesi i cui governanti dovrebbero prenotare un bel viaggetto “istruttivo” in queste due Nazioni.

Perchè?

Così imparano tali iniziative, in modo da attuarle, con i dovuti adattamenti, alla realtà di cui hanno la responsabilità amministrativa, sociale ed economica (visto che sono stati eletti per questo!).

Fermiamoci qui … anche se potremmo continuare prendendo spunti dallo stesso rapporto OCSE o da altre fonti.

E’ sempre tempo di Coaching!

 

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