Life 5): con il populismo è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo…

… … … … Oggi, le sfide che devono affrontare i governanti sono immense. La catastrofe climatica appare ancor più incombente. Con buona probabilità porvi rimedio significherà il ‘redde rationem’ di un modello economico basato sull’assunto della crescita illimitata e di un consumismo senza limite e fine a se stesso. Riuscirà il sistema attuale ad adattarsi e a dare risposte valide alla maggioranza delle persone? Oppure è reale il rischio che tutto crolli lasciando il mondo intero senza istituzioni in grado di gestire il caos ed evitare conflitti catastrofici che ne deriverebbero? Nessuno ha una risposta in questo momento. Non ce l’hanno i partiti tradizionali, e tantomeno ce l’hanno i populisti che brancolano nel buio, con l’aggravante della mancanza di una classe dirigente degna di questo nome. L’altro grande problema è connesso ai cambiamenti introdotti dalla globalizzazione. Scriveva l’utente “9702” in un commento ad un articolo di La Repubblica sul tema: “perché scervellarsi per capire le istanze di milioni di persone che stanno rifiutando la globalizzazione, perché capire l’avversione delle fasce più deboli nei confronti delle ondate migratorie, è sufficiente credere che sia tutto un complotto della Russia o della Cina per conquistare il mondo (?), con la complicità di governi deboli (??) per mettersi l’anima in pace e continuare a credere che oggi viviamo nel migliore dei mondi possibili”. Ogni volta che si parla di globalizzazione, inevitabilmente il discorso viene portato sulle disuguaglianze. Ciò significa dare per scontato che le disuguaglianze siano in assoluto un male? E qui c’è un primo grosso problema. Quest’affermazione è ancora da dimostrare… Steven Pinker abbiamo visto, pensa, dati alla mano, che non sia affatto così. Dalla globalizzazione alcuni ottengono più degli altri. Questo è vero. Molto di più. Infatti, se si pensa che alcuni dei “fortunati vincitori” hanno accumulato ricchezze pari al PIL di una piccola nazione… è sicuramente il caso di approfondire questa questione. Eppure, a rigor di logica, di molti, l’equazione disuguaglianza uguale male assoluto non è ovvia per niente. Se incarcerassimo le 100 mila persone più ricche del pianeta, confiscassimo tutti i loro averi e li ridistribuissimo al 20% più povero della popolazione, riusciremmo a migliorare la situazione di questi ultimi e di altri in maniera significativa e duratura? Direi proprio di no. Non ci riusciremmo. Questo cosa vuol dire? Che qualsiasi cosa si faccia riguardo alle disuguaglianze (ed ormai sempre più necessario fare qualcosa) occorre fare attenzione a che non si “butti via il bambino con l’acqua sporca” facendo inceppare definitivamente un meccanismo economico che può offrire comunque qualcosa a tutti quanti, ma va rivisto e corretto nelle sue distorsioni. Ma detto questo, anche l’invidia e il remembering self della gente ormai vogliono la loro parte. Un meccanismo per diminuire le disuguaglianze sarebbe sicuramente positivo. Come risolvere questo grattacapo? Difficile dirlo con certezza, ma alcune linee guida sembrano chiare e procedendo con calma e razionalità si possono attuare. Occorrono riforme che massimizzino l’utilità sociale, magari diminuendo anche il senso di ingiustizia “percepito”, certo preservando il ceto medio e le classi produttive. Preservando altresì un paese in grado di far ripartire l’economia e una nuova socialità. E’ l’economia che, funzionando, produce le risorse necessarie per lo stato sociale, mica lo Stato che stampa soldi su soldi, o chiede continuamente prestiti ad altri Stati, con un sempre più palese retro pensiero prima o poi di non pagare il nuovo debito (ma anche il vecchio) contratto a causa del Covid-19. Altrimenti, ecco che, Paolo Gentiloni Commissario Europeo è costretto a sconfessare Sassoli dello stesso suo partito, ribadendo che:  “i debiti si pagano!”. Come ho detto i populisti sono parte del problema e il problema dei populisti è che essi sono l’antitesi della razionalità di cui il mondo ha bisogno. Realmente non vogliono saperne dei grandi problemi del nostro tempo, dalle disuguaglianze… del fatto che mezza Europa ancora non è tornata ai livelli di reddito pre-crisi, che in tutta Europa non c’è mai stata così tanta povertà come oggi, che in USA il tasso di occupazione (nonostante Trump) sta arretrando progressivamente da 20 anni… altro che America First. In più la pandemia da Covid-19 ha aggiunto paura a paura, accentuando diseguaglianze, divisioni e quant’altro di negativo può influire sulla vita personale e sociale di ognuno di noi. Concludendo. I movimento populisti hanno avuto un successo elettorale in tutto il mondo, nonostante la mancanza di un’offerta politica praticabile e adeguata a far fronte alle sfide che l’umanità ha davanti. Alcuni ritengono che il fenomeno populista sia stato in qualche modo positivo, in quanto foriero di cambiamento e capace di portare l’attenzione sui problemi della gente. Personalmente (per quel che conta) sono molto in disaccordo con questa visione. Oggi, per mezzo dei social network, i popoli vengono manipolati da chi vuole raggiungere il successo elettorale e/o da chi vuole creare scompiglio in paesi terzi con finalità geopolitiche (Usa, Russia, Cina). Questo porta assai più lontano da soluzioni razionali dei problemi che,  lo ridico, sono ciò di cui il mondo ha disperatamente bisogno. Una cosa appare certa e lo sottolineo nuovamente: non solo i populisti non hanno alcuna soluzione, ma appaiono, semmai, come parte integrante del problema. Il populismo in genere parte da una totale sfiducia nelle istituzioni rappresentative, esaltando il rapporto diretto di chi governa col popolo. Ma cos’è oggi il popolo? L’incapacità dei populisti di confrontarsi con i problemi reali è conclamata in Italia come altrove. La loro speranza è che il riferimento costante alle sensazioni del popolo possa magicamente generare soluzioni, ma tale speranza è frustrata quotidianamente dall’esperienza pratica. Come già spiegato, la conseguenza diretta di aver selezionato i propri rappresentanti tra i succubi dell’effetto Dunning-Kruger ha portato a governi ridicoli e incapaci di elaborare piani a lungo termine. Eppure di problemi da risolvere ce ne sono molti e molto seri. Il problema ambientale accelera il momento in cui l’economia del libero mercato non riuscirà (per la verità già non vi riesce) più a soddisfare le esigenze dell’umanità, senza che un’organizzazione sociale alternativa sia stata ipotizzata. L’automazione possibile grazie all’intelligenza artificiale se non controllata rischia di spazzare via milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, spingendo ulteriormente verso il basso i salari di chi ancora lavorerà. Anche quando i bisogni materiali delle persone fossero soddisfatti (experiencing self), la frustrazione che deriverebbe da tale situazione rischia di essere devastante per il remembering self di milioni di persone. Il remembering self dell’uomo di domani potrebbe trovarsi davanti una sfida ben peggiore di quella rappresentata dal capitalismo se ben controllato . Ovvero la sua stessa inutilità e irrilevanza sociale. Rischiamo un Mondo senza alcun sistema sociale e relative istituzioni. L’uno conta uno… all’ennesima potenza! Alla fine molti “nessuno”, contano men che nulla! Guardandomi attorno non ho sentito ancora nessuna proposta seria su come affrontare questi problemi, né da parte dei populisti né da altri. Un Populismo senza qualità. Il «nuovo» in politica si annuncia spesso vestendo i panni della «barbarie», ma non c’è più alcun dubbio: la Democrazia deve  necessariamente indossarne al più presto degli altri. Altrimenti, come gestirà le sfide di un futuro prossimo che è praticamente già presente? Questa è la risposta che mi piacerebbe sentire da chi si candida a governare una nazione. Le amenità propinate dai populisti sono una distrazione di massa, non una soluzione. Non sarebbe forse successo niente se non fosse per un altro aspetto che caratterizza “The Game del Mondo”, una sua imprecisione fatale. Il Gioco ha ridistribuito parte del potere e accennato almeno a qualche possibilità di cambiamento degli equilibri geopolitici del passato. Ma di fatto, non ha ridistribuito la ricchezza. Non c’è nessuna regola, nel Gioco del Mondo giocato, che preveda automaticamente una ridistribuzione della ricchezza. Persino del sapere e delle possibilità che offre mostra parziali cambiamenti…  sicuramente ridistribuisce persino alcuni privilegi! Invece la ricchezza no! E la dissimmetria è sempre più evidente. E alla lunga non poteva che ottenere, il crescere di una rabbia sociale che è dilagata prima silenziosamente come un’immensa pozzanghera di benzina e poi è esplosa infiammando il Globo. “The Game” è anche il titolo di un libro di Baricco, vi si legge nella sinossi: “Quella che stiamo vivendo non è solo una rivoluzione tecnologica fatta di nuovi oggetti, ma il risultato di un’insurrezione mentale. Chi l’ha innescata – dai pionieri di Internet all’inventore dell’iPhone – non avevano in mente un progetto preciso se non quello, affascinante e selvaggio: di rendere impossibile la ripetizione delle tragedie del Novecento. Niente più confini, niente più élite, niente più caste sacerdotali, politiche e intellettuali. Uno dei concetti più cari all’uomo analogico: la Verità, è diventata improvvisamente sfocata, mobile, instabile. I problemi sono tradotti in ‘partite da vincere’ in un gioco per adulti-bambini. Perché questo è The Game”. La vita è stata ridotta ‘storicamente’ a un videogame, che è uno dei miti fondativi dell’insurrezione digitale. Ahinoi!! Lo so ho già detto troppe volte che la crisi economica del 2008 e oggi anche il Covid-19 hanno tirato un fiammifero dentro ognuno di noi. Accendendo la fiamma di un sentimento di frustrazione sociale ormai  condiviso da molti. C’è il sistema economico globalizzato in cui viviamo che vede qualcuno guadagnarci molto, altri guadagnarci meno o altri ancora perderci. In questo caso, non appare strano che gruppi diversi creino narrazioni contrapposte per difendere o per condannare lo status quo, in modo perfettamente analogo a quanto avveniva (e ancora avviene) per la dicotomia classica del secolo scorso tra destra e sinistra, anche se, a quanto pare, secondo linee di demarcazione diverse. A questo punto il discorso si fa ulteriormente interessante e, al tempo stesso ulteriormente più complesso… ma per il momento è tutto.

(fine)

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