Politica: Congresso “costituente” per un nuovo PD. L’intervento che avrei voluto fare e che invece, nessuno farà. Sì, è lungo, ma c’è veramente tanto da dire e discutere…

…Liberal democratici o Socialdemocratici

è questo il problema?

Premessa

Non so voi, io è già da tempo che vivo con accoramento, qualche angoscia e una certa malinconia, per non dire una sorta di oppressione d’animo l’impotenza delle parole, che sono ascoltate da sempre meno persone, perché molti sono coloro che non sono più in condizione di comprenderle e sono in aumento, anche coloro che si rifiutano addirittura di farlo semplicemente per partito preso.  Perché succede? Si dice spesso che essendo finito il Novecento, denominato il secolo del “pensiero debole”, molte delle parole che ancora vengono dette appartengono al secolo passato e quindi non sono più attuali. E’ aumentato altresì lo ‘iato generazionale’, divaricando ancor di più  il mondo giovanile sempre più stretto dalla transizione epocale – tale soprattutto perché crea allarme ed ansia generando sfide nella ricerca di opportunità – da quello degli adulti; e molte parole per l’appunto hanno perso di significato e di conseguenza non vengono comprese o ascoltate… Personalmente penso, che c’è qualcosa di più da considerare a riguardo: sicuramente il XX secolo ha finito il suo tempo e a partire dalla politica, a mano a mano, che la vita sociale e la condizione umana divenivano più complesse, sì è proceduto per semplificazioni culturali come il Postmodernismo caratterizzato da scetticismo, ironia,  rifiuto delle grandi narrazioni e ideologie che furono del Modernismo, e spesso mettendo in discussione vari presupposti della razionalità proclamata dall’Illuminismo. Tant’è che assieme al tempo del secolo (che chiude anche il secondo millennio) sembrerebbe definitivamente finito anche l’Umanesimo che ancora caratterizzava la seconda metà del Novecento, dopo che nei primi 50 anni del secolo si erano combattute ben due guerre mondiali. Umanesimo ai nostri giorni è quindi una parola per molti versi logora, sia perché ha una storia controversa sia perché, in epoca hi-tech, suona inevitabilmente un po’ vetusta, e viene considerata quasi un placebo per una umanità sempre più apprensiva.  Però, il giudizio cambia se pensiamo che la nozione di umanità può, anzi resta ed è, una parola chiave anche nel terzo millennio. In questo caso, l’Umanesimo (nato qui da noi nel 1400 alla fine del Medioevo e in parte sormontatasi col Rinascimento del 1500 e via via, in conseguenza alla centralità e esaltazione dell’uomo, si è andato evolvendo e nel 1700 nascevano altri due movimenti culturali, i quali basandosi anch’essi sui valori umanistici, quelli che semplicemente distinguono l’essere umano dalle bestie: i Sentimenti e la Ragione (che diedero la base di sviluppo i primi al Romanticismo…  e sul secondo sorse invece l’Illuminismo). Movimenti culturali, che hanno permeato tutto il tempo trascorso prima di noi e anche gran parte del nostro tempo. L’ Umanesimo può quindi rappresentare ancora l’orientamento filosofico che prova a comprendere e orientare il tempo anche nel terzo millennio.  D’altronde l’Umanesimo è il movimento ideologico-culturale che afferma la dignità degli esseri umani. E di questi tempi «l’Umanesimo è sicuramente tornato attuale perché si è riaperto, in maniera drammatica e in forme del tutto nuove, il problema della Condizione Umana». La tecnica, la globalizzazione, l’accelerazione vorticosa dell’industria, del commercio, dell’innovazione, gli sconvolgimenti che tutto ciò apporta sul piano fisico, mentale, ambientale: è questo che riapre con forza il tema della condizione umana. E oggi “umanità” è uno dei termini fondamentali con cui fronteggiare la realtà. Esso sostituisce o integra altre parole-chiave, quelle cioè capaci di dare un quadro di riferimento generale, di fornire una visione del mondo, di dare una direzione al corso storico. Dio, cosmo, natura, storia, sono alcune delle vecchie parole chiave; poi c’è progresso, civiltà, libertà, giustizia. È evidente che vi sono dei rapporti interni tra tutte queste parole. Ma è altrettanto evidente che molte di queste parole si sono indebolite e solo poche restano forti. Umanità è ancora una parola forte e a proposito di Umanità, se capitate in libreria di questi tempi, alla supposta mancanza di ‘Umanità’ nel vivere il nostro quotidiano, ci trovate una grande quantità di libri… ne cito uno, non è il solo: “Tornare umani” è l’ultimo libro di Susanna Tamaro l’ha acquistato mia figlia ed io l’ho sfogliato, leggiucchiandone alcune pagine di un paio di capitoli… ma c’è una gran quantità di titoli sulla perduta umanità in questo tempo. Leggendoli,  vi troviamo riflessioni comuni. Tutte, vanno in un’unica direzione, ci sollecitano a tenere la porta del nostro animo aperta in una “continua ricerca dell’altro…” Per quale motivo? Viviamo tempi di ‘frigide passioni’ e ‘caldi interessi’, tempi di esasperati “individualismi” e sarebbe buona cosa tornare rapidamente all’umana comprensione, evitandoci di vivere in un mondo culturalmente ‘sordo’. E’ così, che le parole riprenderanno significato e avranno nuovo ascolto. Il dominio neoliberale ha generato nel primo ventennio di questo secolo l’esplosione dei populismi e la riemersione di quel nazionalismo conservatore che oggi, in Italia e in tanti altri paesi, è diventato più di una tendenza politica e culturale incombente, sono divenute vere e proprie forze di governo. La domanda urgente, quindi, diventa come spezzare la tenaglia soffocante del neoliberismo e di un nazionalismo conservatore? Urge, alla salute della democrazia: una narrazione alternativa che ridia voce alle forze progressiste e a una Sinistra incerta, sempre più stordita, priva di una bussola culturale e ideale, proponendo lo sviluppo di un «umanesimo» che rimetta al centro ciò che per un essere umano è irrinunciabile: ovvero proprio il primato della relazione con altri esseri umani. Occorre ritrovare un punto di vista che permetta di tracciare altre strade, superare l’individualismo neoliberista e cercare di approdare ad altri modelli di sviluppo che ci permettano di dare priorità alla sfida culturale dell’ambientalismo, sollecitare un governo democratico dell’innovazione tecno-scientifica, contrastare le derive delle democrature, ma anche della democrazia spettacolo, optare così per il dialogo tra le civiltà e le culture del mondo… altrimenti la sola alternativa a ciò (come ben possiamo vedere) torna ad essere la guerra. In questa prospettiva libertà e diritti individuali, giustizia sociale e un lavoro degno, la cura delle persone, la questione ambientale e il diritto al futuro per tutti i viventi diventano inscindibili: sono obiettivi strategici indissolubilmente uniti per ognuno che si definisca democratico e progressista. Per farla breve… sono almeno 20anni se non qualcuno di più, che nella mia militanza politica sociale e civile, vivo sospeso tra “utopia e disincanto” (credo succeda ormai a molti di noi …ma molti non ne sono nemmeno consapevoli). “Utopia e disincanto” è anche il titolo di un libro, o meglio di un saggio di Claudio Magris… mannaggia! Ci casco sempre, ho il vizio delle citazioni.  Ma, vi giuro che questa è l’ultima citazione che farò …forse.  Magris, scrive “Oggi credere fiduciosamente nel progresso è divenuto ridicolo, ma altrettanto ottusa è l’idealizzazione nostalgica del passato”. E aggiunge: “Il Mondo non può essere redento una volta per tutte e ogni generazione deve spingere, come Sisifo, il suo masso, per evitare che esso gli rotoli addosso schiacciandolo. E sono questi i tempi, in cui c’è più bisogno del binomio “utopia e disincanto” per aiutarci a vivere meglio il passaggio da un millennio all’altro”. I due termini non sono affatto in contrapposizione: “L’Utopia serve per non arrendersi mai alle cose così come sono, ma lottare sempre per le cose come dovrebbero essere”. Senza fuggire la realtà, anzi è proprio “…l’utopia, che dà senso alla vita, semplicemente perché esige che la vita abbia un senso”. Il disincanto: “serve per rafforzare un elemento fondamentale dell’utopia che è la Speranza” …secondo Magris: “…è solo così che si riesce ad andare avanti”.

Un congresso “costituente”: desiderio o realtà?

“Andare avanti” dopo il voto del 25 settembre e l’ennesima batosta elettorale… è alquanto difficile per il Pd e la sua gente… è stato praticamente bissato il risultato delle politiche 2018 (allora era un 18,7% di voti), nel 2022 (è stato un 19,07% di voti) la percentuale incrementa di un punto in ragione del numero calante dei votanti rispetto agli aventi diritto al voto, ma i voti diminuiscono in assoluto e sono stati altri 800mila voti persi per il Pd, che è votato da meno di un quinto di coloro che sono andati alle urne…  e al governo c’è andata per la prima volta da quando c’è la Repubblica la Destra con al comando della coalizione FdI, gli eredi diretti del Movimento Sociale partito nostalgico del ventennio che ebbe il suo leader in Giorgio Almirante, che non fu mai tra i partiti dell’arco costituzionale. Il Pd è un perdente recidivo ed è (…siamo) sempre più in difficoltà. Aggrediti quotidianamente dagli avversari e anche all’interno, si va riaccendendo un micidiale “fuoco amico”, rispetto all’ennesima chiamata per l’elezione di un nuovo Segretario o Segretaria. Letta annunciate le dimissioni e la non ricandidatura resta Segretario solo il tempo necessario a far svolgere al partito il congresso, che è stato traguardato per le primarie convocate per il  prossimo 26 febbraio. Già proprio così, le primarie, saranno a ben cinque mesi dal voto. D’altronde in molti del gruppo dirigente hanno detto e molti di noi (la base) anche, che la situazione nel partito è di tipo “bartaliana”, tale che: “l’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare” e che quindi, ci vuole tempo per  assestare i valori fondanti, dibattere nuove idee e rivedere l’organizzazione del partito, che ha mantenuto una struttura pesante di tipo novecentesco come dimostrano le stesse farraginose procedure congressuali. C’è chi, poi come sempre succede: “strilla” sulla necessità di chiudere le correnti, che sono diventati blocchi di potere e che impediscono ogni cambiamento…  e c’è anche chi sostiene che sarebbe meglio chiudere questo Pd, per rifondarne uno con un nuovo nome e una nuova identità. Come era prevedibile c’è invece chi nega tutto e rispetto allo scioglimento del Pd, minimizza: “ma no non serve chiudere il partito,  basta cambiarne solo il nome o aggiungere qualcosa che ne caratterizzi meglio l’identità laburista andata sbiadita in questi 15 anni di vita del partito e procedere a spron battuto nell’osmosi delle componenti politiche storiche che lo fondarono; tant’è che è pronto il nuovo “Manifesto dei Valori” del Pd”. Bene! Ma com’è, che teniamo anche il vecchio? Che significa così siamo certi che si sta  tutti quanti assieme? Sicuri sia così? E se anche questa volta non fosse possibile stare uniti? Allora occorrerà scindersi senza ulteriore appello, dividendo definitivamente le due “anime” mai saldatesi… prendendo atto che il famoso “amalgama non è riuscito”. Ecco perché alla fine si è parlato di un congresso “costituente”, dicendo che ridurre tutto solo a eleggere un nuovo Segretario non era sicuramente sufficiente. Mamma mia che angoscia! Ma in tutto questo lungo tempo congressuale che accadrà? In questi mesi è infuriata la gogna mediatica, ce ne dicono quotidianamente di tutti i colori… contano i singoli starnuti fatti fuori dal coro, con la pretesa di contarci i singoli peli e non solo quelli del naso! In ordine sparso i “nostri dirigenti” rispondono (compito impegnativo) colpo su colpo agli attacchi di tutti quanti; avversari politici e altresì ai tanti amici critici esterni ed interni al partito (quest’ultimi spesso sono più feroci degli avversari). Comunque, le famose correnti (quelle che avrebbero dovuto auto dissolversi, ignorando tutto ciò, anzi, negando persino di esistere, hanno proseguito imperterrite le loro manovre… parzialmente si sono scomposte per ricomporsi diversamente subito dopo e… siccome nel frattempo, il dibattito sulle idee e sull’identità del partito, sulla sua crisi e sui possibili sbocchi di questa e avvenuta e avviene di fatto, sulle pagine di “La Repubblica”, dove intervengono tutti: vecchi e semivecchi dirigenti, quelli seminuovi e (i pochi) nuovi dirigenti in quanto iscrittisi solo ieri o l’altro ieri al Pd proprio per partecipare al congresso e anche candidarsi immediatamente a dirigerlo. Tant’è che subito, nei giorni successivi alla sconfitta… sul “beau geste” di Letta che annunciava le dimissioni e la non ricandidatura a Segretario (addossandosi generosamente la responsabilità intera della sconfitta, a mo’ di capro espiatorio) al di là dei vari discorsi fatti e ricordati sulla necessità di discutere degli assetti in funzione delle idee e di una rafforzata e rinnovata identità politica…  nascevano come i funghi i candidati a Segretario… la prima in assoluto è  stata Paola De Micheli. Subito dopo Bonaccini faceva sapere che ci stava pensando concretamente… e che se si fosse candidato con tutta probabilità, non  vi sarebbe stata partita per nessun altro. Uscivano anche delle semi-candidature, dirigenti che avevano il solo scopo di avere comunque una visibilità nel congresso e in prospettiva un ruolo di rilievo nel partito nel post congresso da parte di chi sarebbe stato eletto Segretario. Ritireranno le loro candidature e faranno l’endorsement sul candidato con maggiori chances. Quindi, al netto dei Sindaci Nardella e Ricci candidati dei primi giorni post elezioni, che si sono ritirati dichiarando il loro sostegno a Bonaccini, alla fine delle prime schermaglie, i candidati ufficiali a Segretario sono: Stefano Bonaccini, la sua ex vice in Regione Elly Schlein e Paola De Micheli… che al di là del sottovoce iniziale di fatto si sono resi subito protagonisti dell’iter congressuale… ai quali si è aggiunto con un po’ di ritardo Gianni Cuperlo… dopo che la variegata Sinistra del partito (Orlando, Provenzano, Bettini) con un po’ di “mal di pancia” decidevano definitivamente di schierarsi a sostegno della candidatura della nuova promessa Elly Schlein. E anche le altre correnti riassestatesi nella post sconfitta, facevano i loro endorsement. Non  senza alcune sorprese ad esempio:  non è mai stata una vera e propria corrente ma un’area  d’opinione sì, unite in un gruppone identitario di genere, le donne, il gruppone femminista, quello storico e quello nuovo aggiuntosi nei più recenti anni in nome delle quote rosa (Morani, Moretti, Seracchiani, Malpezzi, Ascani, e tante altre)  non saprei dire con quanta  coerenza, alla fine decidevano di appoggiare la candidatura maschile di Stefano Bonaccini. Booh!  anziché quelle femminili della  Elly Schlein o della Paola De Micheli (??).  Conseguentemente il dibattito nei Circoli è finito prima di iniziare… ingabbiato in una discussione contingentata (5 minuti ad intervento per contati in anticipo massimo 5/6 intervento per circolo) dopo l’illustrazione (15 minuti cadauno) dei quattro documenti di presentazione dei quattro candidati… praticamente gli interventi sono delle stringate dichiarazioni di voto per uno/una dei candidati. Chissà se sarà anche per questo che nei congressi dei circoli sono presenti e votanti solo il 50% o poco più degli iscritti al Pd? A Mirafiori dei 51 iscritti hanno votato in 24. E tutto alla faccia del congresso “costituente” per un nuovo Pd. Certo che questo Pd è diventato proprio un pesante macigno da spingere per i suoi militanti per evitare di esserne schiacciati. Questa situazione calza bene (vista la mia età che è quella di molti di noi iscritti) con i sentimenti che John Steinbeck (premio Nobel 1961 per la letteratura) mette in quello che fu il suo ultimo romanzo pubblicato: “L’inverno del nostro scontento” …che mi richiama un altro titolo di un altro libro scritto da Gianni Cuperlo: “Sinistra e poi – come uscire dal nostro scontento”… non ricordo esattamente: non mi pare ci sia attinenza nei testi… solo un’assonanza nei titoli, per via del comune richiamo allo “scontento”.  Il protagonista del romando di Steinbeck: “è un discendente di una antica famiglia di balenieri, gente coraggiosa… ridottosi a fare il commesso in un negozio che un tempo era di proprietà della famiglia. E’ un uomo onesto e responsabile, che sentendosi in colpa verso la famiglia e, per ottenere tutto quello che la nuova società del benessere può consentire, scordandosi dei suoi valori… ordisce imbrogli e tradimenti che gli fruttano la ricchezza e la fama, ma lo portano a una desolante crisi di coscienza e alla perdita della sua identità, fino ad arrivare a un passo dal togliersi la vita, cosa che alla fine non farà…” Come? Dite che le storie… almeno “metaforicamente” potrebbero avere qualche punto di contatto? Può darsi… forse bisognerebbe rileggerli insieme …magari lo faccio e poi in altra occasione vi dirò. Certo che la situazione del partito è tale da comportare riflessioni liquidatorie… l’impressione che ho, visto che il congresso in corso è tutto tranne che costituente”, che purtroppo il ‘suicidio’ è forse (non saprei quanto inconsapevolmente) nelle corde di questo gruppo dirigente, che pur non mostrando alcun senso di colpa verso la famiglia, verso il partito, senza scrupolo alcuno, di fatto, puntano su una lunga e lenta consunzione del partito medesimo, quello che c’è, evitando la tempesta del cambiamento, che pur imperversa. Un gruppo dirigente che cerca di durare il più a lungo possibile e così facendo, può tentare di contare ancora qualcosa, oltre se stesso, nell’agone politico nostrano. D’altronde la politica sembra essere ormai l’unico ascensore sociale rimasto in questo disastrato Paese, così che, pare imperativo rimanere dentro i palazzi e nei partiti il più a lungo possibile. Quindi, il congresso costituente è ormai solo un piò desiderio di coloro che vorrebbero un Partito: che stia vicino ai poveri e combatta la povertà; che stia vicino ai precari e combatta la precarietà; che stia vicino ai lavoratori e combatta gli sfruttatori; che stia vicino ai malati e combatta per una Sanità pubblica per tutti; un partito che stia vicino a chi paga le tasse e combatta l’evasione, i paradisi fiscali e la politica dei condoni e lavori per un fisco progressivo ed equo; un partito che restituisca dignità al lavoro e combatta il jobs act e corregga la legge Fornero; un partito che ridia prospettiva ai giovani e combatta la schiavitù fisica e culturale; un partito che rimetta al centro la persona e combatta chi la vuole emarginata; un partito che sia molto rispettoso delle persone e della Natura e dell’Ambiente in cui viviamo; un partito che lavori per una pace forte nell’umana solidarietà e combatta contro le aggressioni armate che tolgono il diritto all’autodeterminazione dei popoli… come la Russia con l’Ucraina… “Guerra e Pace” per la sinistra è un eterno dilemma. Io credo che tutti noi, siamo per la Pace, ma, per chiarezza personalmente credo che: “Se la Russia smette di combattere, non ci sarà più guerra. Se l’Ucraina smette di combattere, non ci sarà più l’Ucraina”. E non credo di dover aggiungere altro, pensando anche alla nostra Resistenza contro i Nazi-fascisti e a chi ci ha aiutato a combatterli. Quindi penso a un Pd fortemente antifascista e contro le democrature degli uomini (o donne) soli al comando, vista per quel che ci riguarda, la deriva istituzionale e giustizionalista del governo Meloni. Lo dico perché lo penso, il 41 bis e l’ergastolo ostativo, sono sicuramente necessari e quindi da tenere per sconfiggere Mafie e Terrorismo, fatte salve singole valutazioni della Magistratura e del Guardasigilli rispetto lo stato di salute di singoli condannati, agitati provocatoriamente per attaccare le opposizioni da parte di noti Meloni’s Boy, significa di fatto che si vuole, con il mantenimento di detti regimi carcerari senza deroghe e a prescindere da tutto, surrogare di fatto tortura e pena di morte in Italia… Dico pure che probabilmente frastornati, qualcuno dei nostri …non ha visto la trappola … il possibile trabocchetto e ci sono finiti dentro in 4 importanti esponenti del Pd e in malo modo.  Dunque, se tutto ciò rappresenta il nostro disincanto, prendiamo atto che è difficile mantenere salda la “speranza” che nonostante tutto quello che è accaduto, accade e ancora accadrà, alla fine, questo Partito possa essere veramente un Partito che si possa chiamare semplicemente di “Sinistra”. Una Sinistra popolare e non populista. Ossia un nuovo partito democratico capace di declinare insieme riformismo e radicalità… Per queste suddette ragioni in questa fase congressuale il mio voto è andato alla piattaforma programmatica di Gianni Cuperlo, che è colma di ‘pensieri lunghi’, di coerenza e conseguenti ragionamenti mossi sicuramente da un giusto sdegno e dal coraggio… sdegno per le cose come sono e coraggio per tentare di cambiarle. Gianni Cuperlo… (è ormai certo, non sarà uno dei due candidati alle primarie) e io andrò per senso di servizio a tenere aperto un gazebo… ma non voterò alle primarie.  Io, il Segretario lo vorrei eletto “plebiscitariamente” dagli iscritti al Pd, possibilmente senza “brogli” nei numeri delle tessere,  già c’è anche questo problema nel nostro Partito. Ma cos’è questo “pasticcio” dei due “manifesti dei valori”? Ma, non cercavamo un risultato che fosse l’esatto contrario?! Così “iberniamo” malamente questo ‘enigma identitario’ che ci ha fortemente nuociuto in quest’ultimo decennio dei complessivi 15 anni di vita del Pd. Così diventa ancora più difficile districare le cose. Avere una comune analisi e sintesi politica aiuta una efficace azione politica che punti al raggiungimento degli obiettivi indicati, questo è oggi ancor più vitale vista la complessità dei problemi che si debbono affrontare; difficilmente ci riusciremo senza un vero dibattito congressuale, il congresso punta ancora una volta solo a cambiare il Segretario uscente con un altro Segretario o Segretaria subentrante… Sì, perché nonostante tante parole spese per dire che così non va… alla fine non c’è alcun ragionamento compiuto su cosa fare e quali prospettive darsi per il presente e soprattutto per il futuro… e sia chiaro non sto pensando a tempi passati riproponendo di tornare “al centralismo democratico”, sto solo dicendo che rimane tutto intero questo problema identitario che se non lo risolviamo (o almeno semplifichiamo) dentro questo congresso… sarà difficile ridare autorevolezza e reputazione al Partito e contemporaneamente rinnovarne i contenuti della nostra azione politica e fare opposizione a questa destra…  Non voglio farla più difficile di quello che è già… ma alcune cose diciamocele almeno in modo esplicito, troviamo almeno il linguaggio della chiarezza nel discutere tra noi …se non ancora riusciamo a trovarlo nel decidere. Provo a dirlo, in modo netto è chiaro, lo faccio come sono capace, spero senza gravità d’espressione e men che meno con rancore. C’è dunque questa sorta di “nodo gordiano” che ci opprime non ci fa ritrovare una identità che ci indichi chiaramente una via da percorrere. Non vedo nel gruppo dirigente attuale alcun Alessandro Magno che con un fendente di spada sciolga il nodo di Gordio che ci opprime e che ci ha portato alle sconfitte, già sconfitte al plurale – ricordo a me stesso che ne abbiamo subita più d’una prima di quella del 25 di settembre – una anche nel 2018 e che anche nel 2013 non abbiamo vinto; dopo che nel 2011 Bersani per accontentare Napolitano non chiese le elezioni, che invece (con Berlusconi nei guai e i 5 stelle non ancora affermatesi) avremmo potuto vincere bene… Questo nodo gordiano, che a differenza della leggenda mitologica, non lega in modo efficace il nostro carro con l’aratro… e ci impedisce di arare il campo come servirebbe di questi tempi e fare un buon raccolto. Un nodo che invece non stiamo sciogliendo…  e a dire il vero non ci proviamo nemmeno. A me è ormai chiaro che la “vocazione maggioritaria” del Pd per rappresentare tutti quanti e tutto il Paese e Governarlo… continuando a pensare di poter essere egemoni culturalmente e politicamente nel Paese ieri, oggi e domani… bene “amici miei” è solo una “supercazzola”. Non siamo riusciti nemmeno a mettere insieme una nostra agenda di priorità… Tant’è che siamo andati in campagna elettorale con l’agenda Draghi e …il governo Draghi non c’era già più. Draghi non siamo riusciti a portarlo al Quirinale e abbiamo finito col chiedere a Mattarella di rimanere… va da sé che con ciò, si rendevano esplicite e urgenti nuove elezioni… Draghi, non aveva più la maggioranza di un governo di Unità Nazionale… mantenuto in extremis un Presidente di garanzia costituzionale… veniva da sé (a mo’ di scambio) che esaurito il compito tecnico (pandemia e Pnrr) Draghi o andava al Colle o andava a casa… e sostituito da un votato Governo politico costruito su una coalizione di parte. Le elezioni erano pressoché obbligate. Tre o quattro mesi in meno rispetto alla scadenza naturale della Legislatura non facevano alcuna differenza. Sbagliava chi pensava che il centro destra non volesse le elezioni e che sarebbero andati fino alla fine della Legislatura… era un semplice auspicio. Le elezioni non le volevano Renzi e Calenda, che volevano più tempo per consolidare le loro neo-creature partitiche… e non le volevamo noi che già temevamo un risultato negativo e volevamo più tempo per costruire coi 5 stelle ad una alleanza strutturale in cui noi fossimo egemoni culturalmente e loro semplici sudditi… certo non le voleva anche una parte (quella poi risultata perdente Di Maio & C.) dei 5 stelle. Quando Conte ha però capito che aveva lui la maggioranza del Movimento, ha alzato la voce per difendere quanto ottenuto di identitario nella legislatura (vedasi reddito di cittadinanza e diminuzione numero dei parlamentari) rompendo con noi che giocavamo “pavidamente” in difesa non avendo alcun risultato identitario da presentare (no allo Jus soli, alla legge Zan e no ad altro ancora)… estenuati da una legislatura passata metà all’opposizione e metà al governo… condizionati ancora da ciò che ormai era in parte già uscito dal Pd… e da un’idea di Paese, che non c’era già più da tempo. Chiediamocelo: ma veramente pensavamo potesse finire diversamente da come è finita? E adesso senza discutere di nulla di tutto ciò, senza sistemare le responsabilità dell’accaduto …cosa facciamo? Cambiamo semplicemente un altro Segretario. (già 9 in 15 anni e nessuno ha finito il suo mandato… men che meno quelli eletti con le primarie). Ma non sarebbe meglio discutere veramente di come cambiare il partito, e i meccanismi di una rappresentanza diventata “escludente anziché includente” per via di una “vocazione maggioritaria” più frutto di presunzione e arroganza e tutt’altro che provata dai fatti… I “supereroi” esistono solo  nei fumetti. Vi chiedo ancora qualche minuto di pazienza, vorrei dire ancora qualcosa sul Pd il suo gruppo dirigente e soprattutto su noi dei circoli. “Torniamo umani” e torniamo a rappresentare noi stessi. Cercando di recuperare le componenti sociali che abbiamo allontanato e perduto con il job act,  il  Rosatellum (non cambiato) dopo aver votato la riduzione nel numero dei parlamentari, contraddicendoci rispetto alle votazioni contrarie. La dico così in estrema sintesi, vediamo come recuperare: “gli ultimi per includerli e i penultimi per non escluderli”, di un mondo del lavoro mutato e che ancora cambierà cercando di capirne i cambiamenti e arginando ciò che di negativo ancora avanza. In questi giorni su internet spopola il video di una ragazza di 28 anni (laureata in ingegneria) che parla di un salario di 750 euro offertale e rifiutato… fino a quando non gli hanno dato i 1300 euro che chiedeva… il video è diventato virale e in 24 ore ha avuto più di 2milioni di like… La protagonista della vicenda intervistata dai quotidiani dice: “il salario è un problema di tutti! Dov’è la Sinistra?” Già dove siamo? Quando parliamo seriamente di salario e lavoro? Quando torniamo a parlare con i Sindacati ricostruendo “non già cinghie di trasmissione”, ma un sentire comune sui temi e obiettivi per i lavoratori, quelli precari e quelli costretti alle false partita iva e tutto il vario mondo del lavoro dipendente, oggi molto più frastagliato che in passato, tra meno industria e più servizi. Magari così torniamo ad essere popolari (e non populisti) prendendo atto di una cosa che la Sinistra dovrebbe sapere già da tempo, che se si vuole fare avanzare i diritti civili e individuali non bisogna mai mollare i diritti sociali… perché altrimenti non si batte paglia e si arretra complessivamente… La c.d. legge Zan non è più importante del salario minimo, bisogna portarle avanti  insieme, sapendo che sulla prima si può anche eventualmente mediare, all’insegna del: “Piutost che nient l’è mej piutost”, mentre sul salario minimo… quando siamo in Europa uno dei pochi paesi a non averlo, insieme a Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria e in parte Cipro, dove una misura di questo tipo esiste ma solo per certe categorie di lavoratori, se è così …non ce niente da mediare, va fatto e basta! E quale sarà dunque la nostra agenda politica a fine congresso? Quale opposizione faremo e su che cosa? È legittimo chiederselo dentro questo pseudo congresso? Ho l’impressione che se continuiamo a dividerci stupidamente tra di noi, su due riformismi, quello liberal democratico o quello socialdemocratico, alla fine senza chiarire nulla e con il solo scopo di eleggere questo o quel nuovo o nuova Segretario del Pd, senza una reale discussione politica di merito …come avessimo paura di discutere di tutto,  anche la prossima volta faremo di nuovo cilecca! “Da oggi basta auto flagellazione”: come se un Pd che si interroga e cerca di capire cosa e bene e cosa e male, a partire dalla crollata rappresentanza nel Paese, 6 milioni di voti persi negli anni; sapendo che c’è chi 6milioni di voti li ha persi tra la scorsa legislatura e questa e non si interroga, anzi, dice spudoratamente: “abbiamo vinto noi le elezioni perché ci davate tutti per morti e invece siamo ancora qui”. E nei sondaggi settimanali (siamo l’unico Paese al mondo ci sono sondaggi settimanali) e dove di fatto, la politica e anche le coalizioni, li fanno le prime pagine dei giornali, proprio coi sondaggi. Gli ultimi (interessati) sondaggi ci mettono dietro i 5 stelle che da settimane ci superano nei sondaggi di ben tre punti… e probabilmente ci superano anche nella testa della gente in un possibile consenso elettorale, come se domattina si votasse di nuovo (come accadrà oggi e domani qui in Lombardia e nel Lazio) D’altronde, la politica è ormai in continua campagna elettorale …un “votificio” e qui in Italia c’è sempre da votare abbiamo: 8000 comuni, 21 regioni, avevamo 130 Province (ma la Lega le rivuole)… e se non bastasse c’è sempre qualche dopo lavoro aziendale o qualche associazione e/o cooperativa sociale… Ma ci rendiamo conto: in 77 anni abbiamo votato, per 68 governi con 31 primi ministri, a questi vanno aggiunte tutte le volte che abbiamo votato per i Sindaci, i Presidenti di Regioni e quando cerano i presidenti delle Province (come detto abolite, ma in odore di ritorno). Ma dov’è tutta questa stabilità e governabilità, che con sacrificio donando sangue alle istituzioni italiane e europee abbiamo garantito? Ma siamo sicuri di ciò? La gente si è stufata di votare. Lo sono sicuramente quelli che ormai sempre più numerosi si astengono dall’andare a votare. Una democrazia dei 1000 voti, la nostra… ma ormai priva di alcuna reale partecipazione del corpo elettorale e di una sua minima connessione sentimentale tra loro e la politica… nel Pd tra i suoi elettori e il gruppo dirigente. Tra loro e tutti noi complessivamente. Personalmente penso che tutte le soluzioni di tipo organizzativistico (scioglimento del partito, riorganizzazione, cambio al vertice) o politicistico (alleanze verso il centro o l’estrema sinistra) non saranno mai all’altezza di una crisi così antica e profonda. Come vedete l’ho presa alla lontana, anzi alla lontanissima, ma quando avviene un disastro, quale quello accaduto il 25 settembre, le misure di corto respiro e di breve gittata risultano fatalmente vane. È la conferma più limpida, della mancata autonomia culturale della sinistra italiana che si trova nella sua straordinaria capacità di auto-inganno. Infatti, a pochi mesi dal voto di settembre, restiamo ancora tuttora afflitti da due vischiosi stereotipi, introiettati come verità rivelate. Mentre sono né più né meno che il frutto di una sedimentata pigrizia intellettuale. Primo luogo comune: la sinistra ha perso perché ha criminalizzato Giorgia Meloni e ha paventato “l’arrivo del fascismo”. In realtà, se appena si guardano i fatti (i fatti!), si scopre agevolmente che non è avvenuto nulla del genere, ma tant’è: e ancora oggi qualunque critica intransigente a Fratelli d’Italia viene considerata come l’evocazione di un possibile e imminente regime fascista. Il rischio è che per negare una simile falsa rappresentazione, si ignori quanto il governo della destra possa in effetti determinare, o meglio sta già determinando: comunque una regressione del quadro politico e conseguenti effetti significativi sulla mentalità collettiva. E lesioni profonde nel sistema di garanzie dello Stato di diritto. Vediamo con la gente di parlare di questo… chiariamo i termini di questo pericolo… lasciando perdere un pericolo che richiama un passato che non torna in quelle forme e con altri obiettivi. Il secondo luogo comune è che la sinistra abbia perso per aver privilegiato i diritti civili e ignorato i bisogni sociali delle masse popolari. Si allestisce, così, un altro scenario solo parzialmente vero, di un Pd e di una Sinistra che avrebbero focalizzato la propria campagna elettorale su eutanasia, matrimonio egualitario, ius scholae e aborto. E che questo avrebbe determinato la “separazione dal popolo”. Ma basta sfogliare qualche pagina di saggi di politologia e sociologia elettorale per apprendere che quello scollamento dalla base sociale del lavoro dipendente risale già alla seconda metà degli anni ’80, quando si scopriva che una parte consistente dell’elettorato nelle cinture metropolitane e nelle periferie passava dal voto per il Pci a quello per la Dc e, successivamente, per la Lega Nord. E la principale radice di questo fenomeno si trovava nella crisi della ‘grande fabbrica’ e della ‘comunità operaia’ per come si era aggregata intorno all’insediamento industriale: la polverizzazione di quella comunità ha prodotto la fine di ogni cultura unitaria e, in ultimo, di ogni fedeltà elettorale tra gli strati popolari. Tutto il resto ne è stato conseguenza: compresa la difficoltà a rappresentare altri gruppi e ceti nel momento in cui la Sinistra vedeva evaporare la propria identità di fondo. Non è benaltrismo ricordare questo: è vero piuttosto che se non si considerano tutte le cause anche quelle più lontane, le soluzioni oggi proposte risultano tutte semplicistiche e le ipotesi che si vorrebbero radicali (“scioglimento del Pd”) appaiono solo liquidatorie. E altrettanto superficiali quanto quelle che privilegiano “il nodo delle alleanze” e, in particolare, il rapporto con il M5S diventato – a parere di tanti – il vero dominus dell’attuale congiuntura politica (ci si è scordati in fretta, evidentemente, di quella simpatica alleanza tra M5S e Lega che diede vita al “governo giallo-verde”). Entrambi i temi finiscono per mettere il carro davanti ai buoi e per sottovalutare la vera questione che affligge da anni il Pd e che tutti in apparenza dicono di voler affrontare: quella della sua identità, appunto. E qui si torna al secondo luogo comune: quello di una Sinistra che privilegerebbe i diritti individuali a scapito dei diritti collettivi. Anche in questo caso vale la pena fare un passo indietro. Gli anni ’70 del secolo scorso (superficialmente definiti “di piombo”) sono stati quelli in cui garanzie della persona e garanzie sociali sono state tutelate allo stesso tempo: l’obiezione di coscienza e lo Statuto dei lavoratori, i grandi contratti collettivi nazionali e la legge sull’aborto. Una situazione che non si è più ripetuta e che ha visto gli ultimi decenni – lungi dal favorire i diritti civili a danno di quelli sociali – deprimere gli uni e gli altri. Ma gli uni e gli altri devono far parte del medesimo programma di una moderna forza di sinistra, non minoritaria, capace di coinvolgere i settori progressisti dell’area liberal democratica su temi cruciali come il garantismo e i diritti soggettivi. A proposito cerchiamo di chiarirci sui due riformismi che sarebbero a confronto dentro il Pd per andare poi…

Alle conclusioni

Parto da quello liberal democratico: io conosco quello legato sulla base del parlamentarismo inglese ad un partito centrista socio liberale, progressista, europeista, ambientalista e federalista. Oggi sicuramente perdente in Inghilterra… basta citare la Brexit, tant’è che credo in parlamento siano meno di 10 deputati Lib. Si distingue dalla dottrina socialdemocratica sostenendo la libertà del mercato (secondo i liberali, alla base di una società equa sta un’economia forte che si autoregola sempre); persegue sicuramente la promozione dei diritti civili.  Dicevo che sono il terzo partito nel Parlamento del Regno Unito dopo i Laburisti e i Conservatori,  in quanto Laburisti e Conservatori hanno al loro interno una componente di centro.  La socialdemocrazia è una filosofia politica, sociale ed economica che sostiene riforme in senso socialista, cioè interventi economici e sociali per promuovere la giustizia sociale, nel quadro di un sistema politico liberal-democratico e di un’economia  orientata a regolare un capitalismo che lasciato alla autoregolazione del libero mercato può creare parecchi guai e molta preoccupazione.  La socialdemocrazia è quindi caratterizzata da un impegno a favore di politiche volte a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali, eliminare l’oppressione dei gruppi sociali svantaggiati e sradicare la povertà, nonché il sostegno a servizi pubblici universalmente accessibili come l’assistenza agli anziani, l’assistenza all’infanzia, l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’assicurazione dei lavoratori contro gli infortuni. I protocolli e le norme utilizzati per raggiungere questi obiettivi comportano un impegno per la democrazia rappresentativa e partecipativa, misure per la redistribuzione dei redditi, regolazione dell’economia nell’interesse generale e disposizioni socioassistenziali.  Ciò scritto, non appare chiaro anche a voi di fatto cos’è e cosa può migliorando alcuni suoi aspetti, cosa deve essere questo partito? Un partito socialdemocratico a pieno titolo nel quadro di un sistema politico liberal-democratico. Ma se questa è l’ambizione, e non vedo come possa essere diversa, pena un esito di mera testimonianza “a destra” o “a sinistra”, si tratta di un’impresa che richiede molto tempo e molta energia per ricostituire quella “connessione sentimentale (e materiale) con le masse”. E che avrebbe bisogno di un congresso a tesi, che sarebbe solo la prima tappa di una “lunga marcia”. Da qui non si scappa. Tutte le soluzioni di altro tipo organizzativistico (scioglimento del partito, sua riorganizzazione, cambiamento delle leadership) oppure politicistico (alleanze verso il centro o verso l’estrema sinistra), non saranno mai all’altezza di una crisi così profonda e così antica. L’obiezione regina è che: “non c’è tempo” e che si deve al più presto “ricostruire il campo della Sinistra”. Che dire? Si può fare, ma francamente credo che una faticosa attraversata del deserto non sia evitabile. Strumentalmente fuori e dentro il partitolo, c’è chi, non volendo fare ammenda per gli errori del passato, esemplifica e urla falsificando la realtà: tant’è che all’accentuarsi di un riferimento a una identità socialdemocratica del Pd… questa viene raccontata come un ritorno al comunismo. Pazzesco! Un ultimo esempio: tra i voti mancati al Pd ci sono anche quelli di un elettorato pacifista e variamente internazionalista. Ma il partito poteva schierarsi diversamente sulla questione-Ucraina, al fine di ottenerli, quei voti?  Io, penso proprio di no e, tuttavia, il Pd e l’intera Sinistra rivelano oggi un deficit spaventoso rispetto a una vera politica di pace, che sappia tutelare il diritto all’autodifesa e all’ingerenza umanitaria e, insieme, perseguire concretamente una strategia di convivenza pacifica tra i popoli. E, nel caso specifico, un’iniziativa in grado di arrivare al “cessate il fuoco” in Ucraina, al negoziato, a un accordo di pace. Come si vede rispetto al tanto in campo da discutere per decidere chiaramente, serve tempo e tutte le soluzioni rapide sembrano francamente illusorie. Un ulteriore auto-inganno per questa sinistra ormai derelitta… Tant’è che noi che vogliamo discutere per trovare una sintesi politica (ammesso e non concesso che ci sia ancora la possibilità di fare sintesi nel Pd), visto che quella che abbiamo praticato in questi ultimi anni non ha incontra via via più il Paese reale… veniamo dai più (anche al nostro interno) dipinti come in preda ad un’ordalia ideologica …anticapitalistica e antiamericana. Ma dire con chiarezza, che il neoliberismo finanziario ha accresciuto le diseguaglianze e l’area della povertà qui, in Europa e nel Mondo, che il susseguirsi ciclico delle crisi economiche a partire dal 2008 e quelle via successive e ancora in corso per la pandemia per la spesa sanitaria e quella per l’approvvigionamento energetico conseguente alla guerra Russo-Ucraina… ha offuscato gli scenari futuri e reso più difficile uno sviluppo economico in prospettiva anche per i problemi ambientali che tutto questo comporta… e quindi per le stesse sorti del capitalismo… significa che nel partito si vuole liquidare il riformismo e tornare al comunismo? Ma veramente… c’è chi ancora nel partito vuole discettare tra liberismo democratico e social democrazia… cui accennavo le differenze un po’ più sopra? Pensavo fosse chiaro che la socialdemocrazia ha scelto l’economia liberale… che è cosa ben diversa da un liberismo economico senza regole e meccanismi di controllo di equità senza alcuna motivazione che non il massimo profitto… La finzione “renziana” il “blairismo” prima e l’ultimo “facciamo come Macron in Francia” di un liberismo di sinistra (di fatto inesistente) è ormai svelata chiaramene dalla collocazione centrista di Italia viva e Azione nel panorama politico italiano e dalle logiche trasformistiche dei “due gemelli tutt’altro che diversi”. Il terzo polo, si autodefinisce di volta in volta, liberale, liberal-democratico, riformista ma per poter essere credibile manca di due componenti essenziali, in politica come nella vita, la laicità delle scelte e l’umiltà dei comportamenti. Disegna sulla sabbia le sue linee rosse, di qua chi può stare con me, di là chi non ci può stare e va avanti alla ricerca di piccole posizioni di potere, da ottenere, a seconda delle occasioni, dalla maggioranza o dall‘opposizione… preso dalle sue logiche distributive di un’economia senza alcun vero controllo, che guarda solo ai ceti medio alti e ai ricchi e, scorda gli ultimi (poveri) e i penultimi (lavoratori e pensionati).   Dichiara di voler competere con tutti, con la destra come la sinistra,  in realtà è interessato solo a se stesso. Egocentrismo, presunzione sono buoni per poter vincere solo davanti al proprio specchio, dicendosi da una parte quanto si è bravi e dall’altra annuendo soddisfatti; nei circoli e nel gruppo dirigente, rispetto a tutto ciò, c’è chi si dichiara come vero “riformista” o più riformista di altri …semplicemente perché fa fatica a fare ammenda per scelte sbagliate del passato (Job Acts-Rosatellum-Referendum costituzionale, che nascondeva già allora [senza di fatto dirlo chiaramente] una riforma semipresidenzialista) e sulla base di tutto ciò, discetta ancora sul primato di un riformismo liberal democratico …rispetto al riformismo socialdemocratico e sceglie di appoggiare un candidato Segretario che abbia poca propensione al cambiamento. All’insegna non già di una dimensione “costituente” a partire dai valori e quant’altro occorre per recuperare un reale consenso (anche sentimentale) tra le persone… in nome di un pragmatico, meno ideologico, realista e non utopico, più pratico e capace di offrire un’immobile stabilità istituzionale al governo del Paese, per cui occorre tornare quanto prima a Palazzo Chigi. Cosa vuol dire veramente Bonaccini, quando dice: “Da oggi basta auto flagellazione, parte la rimonta del Pd. Ci vorranno umiltà e pazienza – aggiunge -, tempo e fatica, potrebbe essere anche una traversata nel deserto ma se ci daremo tutti una mano, sono certo che ce la faremo e la prossima volta vinceremo noi. Ve lo prometto adesso”. Io la mano l’ho sempre data a questa parte della politica ma francamente …mi chiedo cos’è questa? Una dichiarazione spavalda o una dichiarazione che mostra una inconsapevolezza della gravità della situazione?” Siamo visti e raccontati ormai come un partito dall’encefalogramma piatto… senza identità che non sa cosa fare da grande… abbiamo perso continuamente, in questi anni, pur governando sempre mettendo insieme improbabili agende dagli improbabili programmi… e adesso discutere di tutto ciò che non ci ha favorito per una parte di questo ‘perpetuo’ gruppo ,dirigente è autoflagellazione? Io non mi affliggo! Io rivendico per la base del partito, per noi dei circoli. Noi iscritte e iscritti rispetto ad un gruppo dirigente che ha perso consenso e reputazione, a questo punto se non per intelligenza almeno per ‘carità… piantiamola di andar avanti senza ragionare dovutamente delle cose, piantiamola di far fare tutto a un gruppo dirigente, che giocando a scacchi tra correnti ha già cambiato 9 segretari in 15 anni, subito 2 scissioni e mezza… e ancora guarda e ‘sussurra’: a seconda di chi diverrà prossimo Segretario (che se il partito va troppo a Sinistra ) ci sarà un’altra scissione,  dando conto e ragione ai voleri e ai valori non già degli iscritti del Partito democratico ma di quelli che ci vogliono distruggere. Come definireste tutto ciò? Io francamente non lo so definire… so solo che mi pare tutto quanto distorto, dentro e fuori dal partito …tra di noi, altro che pragmatismo, questa è pura “schizofrenia” in un partito che fatica a rappresentare sé stesso …figuriamoci il Paese. Chiamare “autoflagellazione” una discussione congressuale, liquidandola con una promessa personale che se “sarò io Segretario la prossima volta sicuramente vinceremo” Scusatemi ma caro Bonaccini… questo modo di fare e dire è proprio sbagliato…  è proprio “caro amico nostro” una “supercazzola”. Io, vorrei militare in un partito, che è anche una vera comunità ovvero un modo di sentire e condividere di valori umani da divulgare nel Paese per migliorare la coesione sociale e ampliare i diritti individuali e collettivi a chi qui da noi non ne gode ancora a pieno, farlo anche in Europa e possibilmente nel Mondo. Non mi interessa militare o meglio agitarmi continuamente in un comitato elettorale perché c’è sempre qualcuno da eleggere in comune, in regione, in parlamento, in Europa… o a Segretario del Partito. Vorrei militare in un partito con Circoli, con iscritte e iscritti ai quali siano riconosciuti i poteri di scelte politiche importanti e soprattutto della selezione della classe dirigente. Un partito “costituzionale” e non “istituzionale” dove contano solo gli eletti. Un partito dove si smetta la prassi dei doppi e tripli incarichi. L’incarico di Segretario deve essere incompatibile con qualsiasi altro incarico nel partito. Un partito dove il Segretario o la Segreteria del Pd vengano scelti dagli iscritti… mantenendo le ‘primarie aperte’ solo per la scelta se ci tocca del candidato Premier del governo. Ecco perché ci serviva un congresso a tesi e “costituente”; per tornare a immaginare una Sinistra attuale ai tempi che viviamo e alla loro complessità. Per questo serve una cultura economica e sociale profondamente rinnovata che sappia restituire centralità al lavoro… con una maggiore capacità di rispondere alla sfida dei monopoli economici e tecnologici attraverso una straordinaria mobilitazione negoziale. Non lo stiamo facendo!! Economisti come Joseph Stiglitz e Thomas Pikettiy… non sicuramente dei comunisti… che si interrogano, già dà tempo e discutono sulla possibilità che ci sia un “Socialismo. Necessario e possibile”. Visto il problema delle disuguaglianze che mettono come già si accennava in discussione il futuro dello stesso Capitalismo… La lettura che ne fanno Thomas Piketty nei suoi saggi; “Il capitale nel XXI secolo” e in “Capitale e ideologia” e Joseph E. Stiglitz (premio Nobel) coi suoi saggi “La globalizzazione che funziona” e “Il prezzo della disuguaglianza”… ma non sono i soli… ce ne sono anche altri di economisti che si interrogano a riguardo e tutti molto attuali… ritorna attuale persino lo ‘scomparso’ Federico Caffè  – uno dei principali diffusori della dottrina keynesiana in Italia, – occupandosi tanto di politiche macroeconomiche quanto di economia del benessere. Al centro delle sue riflessioni economiche ci fu sempre la necessità di assicurare elevati livelli di occupazione e di protezione sociale, soprattutto per i ceti più deboli). Ma chi li conosce, chi li studia, chi ne parla nel Partito? Chi elabora dai loro saggi nuove proposte per un programma possibile di un possibile nuovo governo? Dove sta nel partito un lavoro di studio anche a livello internazionale con gli altri partiti democratici e progressisti sui temi economici …tenendo conto di ciò che è cambiato e ancora cambierà anche sul piano di un nuovo scenario geopolitico che va mutando complessivamente e non certo per il meglio per ciò che riguarda noi e riguarda l’Europa. Un nuovo Partito democratico deve umilmente non deludere chi lo vota. Riconquistando credibilità e fiducia tra la gente. Due anni fa, eravamo 300.000 iscritti adesso ed è l’anno del congresso ci contiamo in 150.000. E discutiamo anche della regolarità nel numero delle tessere in alcune realtà. Il partito nella frenesia del governismo oltre ad – una reale rappresentanza sociale – non avrebbe dovuto scordarsi che non esiste una cultura della Sinistra che non abbia al primo posto i diritti umani universali, a cominciare da quelli delle donne, delle diversità sessuali e di genere… ma anche dei diritti sociali quelli del mondo del lavoro e del welfare state. Nella così detta società “liquida” che caratterizza l’oggi… la Sinistra più di altri ha il compito storico di indicare e far vivere percorsi che ricostruiscano legami sociali e di solidarietà. Ora, per quanto dir si voglia di negativo nei nostri riguardi: la nascita del Pd è stato l’atto più innovativo sul piano politico dell’ultimo mezzo secolo in Italia e per l’Europa… questo va detto, forse anche urlato e rivendicato con orgoglio, con l’obbiettivo ambizioso si cogliere la mutazione dei tempi e cogliere lo spazio di una nuova cultura politica e di governo, con un nuovo e inclusivo modo d’essere e di operare… esigendo rispetto. Queste sono le scelte necessarie al fatto che, la Sinistra non rimanga marginale di fronte ai cambiamenti. Il congresso era l’occasione per dirlo ma soprattutto per farlo e farlo tutti insieme. “Basta con pseudo-capricci di coloro che se perdono, “se ne vanno sbattendo la porta e portandosi via il pallone”. Basta discutere solo sui nomi dei Segretari da cambiare… Tutto questo per indicare le priorità vere del Pd e perché il nome che ci siamo dati Partito democratico (e che per quel che mi riguarda non mi sembra abbia bisogno di essere ne cambiato né emendato) corrisponda veramente a ciò che siamo e soprattutto saremo in futuro… e mentre sistemiamo casa… la nostra casa, vediamo anche di fare una giusta opposizione a questo “giorno dopo giorno” sempre più discutibile governo Meloni… Lo so, è lungo, ma con tutto quello che c’è da discutere e conseguentemente decidere la strada da prendere…  meno di questo, mi pare veramente poco, troppo poco…

Grazie! Buon lavoro, buona fortuna e buona vita a tutti noi…

E’ sempre tempo di Coaching! 

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