Politica:  Meloni, colpita e affondata. Il prevedibile flop della Premier al Consiglio europeo. Si alza lo scontro tra la Ministra della Famiglia e i Sindaci delle grandi città sul divieto della registrazione dei figli delle famiglie omogenitoriali. Così il Governo tenta di distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali del paese”. La ‘maternità surrogata’ usata a mo’ di foglia di fico per ritornare indietro sui diritti civili…

La premier si è illusa ma soprattutto ha illuso per settimane gli italiani spiegando che a Bruxelles ci sarebbe stata una maggiore attenzione all’emergenza migratoria, ma gli altri leader europei in realtà non vogliono cambiare il trattato di Dublino… Per la verità non lo vuole cambiare nemmeno Matteo Salvini, perché altrimenti non avrebbe che altro da agitare, per far finta di esistere e contare ancora qualcosa… Come era bello sparare cannonate a salve contro i barconi dei migranti e contro l’Europa che se ne fregava dell’Italia alle prese con gli sbarchi continui sulle nostre coste, con le centinaia di morti in mare, con le ghirlande affidate alle onde dal Papa. Era facile scalare le graduatorie dei consensi a colpi di blocchi navali, visite ai fili spinati di Vicktor Orbán fatte, a onor del vero, da Matteo Salvini e non da Giorgia Meloni. La quale però andava, anche lei, in pellegrinaggio a Varsavia che è paladina, insieme agli amici di Visegrad, dell’Europa non solidale e accanita difensore del voto all’unanimità per tenere l’Unione Europa ostaggio su questioni rilevanti. Era bello, perché il gioco del libero arbitrio della propaganda ora ce l’ha Elly Schlein, mentre la presidente del Consiglio deve accontentarsi di due righe a pagina 9 delle conclusioni del Consiglio europeo dove il punto migrazioni è inserito tra le altre tre priorità insieme al clima, al sostegno incondizionato all’Ucraina, al rilancio della competitività in Europa. Questo basta e avanza a Meloni per essere soddisfatta, per poter dire che «c’è stato un cambio di passo», aggiungendo però che ora si aspetta «una verifica dell’implementazione dei risultati nel prossimo Consiglio europeo». Che il tema migranti sia prioritario è una lunga e vergognosa storia che risale all’indomani dalla firma del tratto di Dublino. Sono trent’anni che si ripete questa litania che ha ingrassato i movimenti sovranisti, di destra nazionalista radicale di cui fino a qualche mese faceva parte anche Fratelli d’Italia. Ora al governo bisogna avere pazienza e si aspetta. C’è sempre un domani e la colpa oggettivamente non può sempre addossata solo a Roma: non c’è nessuna volontà in Europa di cambiare il trattato di Dublino che carica di obblighi il Paese di prima accoglienza, non c’è nessuno che dica «è arrivato il momento di una nuova missione di soccorso e salvataggio sul modello di Mare Nostrum». Non lo chiede nemmeno Meloni ed è quello che le rimprovera la segretaria del Partito Democratico perché sa che i peggiori nemici del governo italiano sono quelli che comandano a Varsavia e a Budapest. Sono gli stessi, non i soli però, che impediscono l’evoluzione federale dell’Europa con la difesa del voto all’unanimità. A proposito di Orbán, proprio l’altro ieri l’amico di Putin ha sintetizzato il suo credo così su Twitter: «La posizione dell’Ungheria è semplice. No migranti, no gender, no guerra». Intendiamoci, non è che altrove le cose vadano meglio sulla vicenda migranti. Tutti hanno dei robusti ponti levatoi alzati, ma vedremo cosa proporranno Charles Michel e Ursula Von der Leyen al prossimo vertice Ue di giugno. È soprattutto cosa intendono fare e quanto intendono spendere le singole nazioni per intervenire nei Paesi di partenza e provenienza dei migranti. A cominciare dalla Tunisia dove è scoppiata una bomba razzista con la caccia agli africani arrivati dalla zona subsahariana. E anche sulla Tunisia non c’è un’intesa tra i 27. Meloni ne ha parlato a lungo con Emmanuel Macron ma non è chiaro cosa Roma e Parigi, che sono tornati a parlarsi, possano concretamente fare. Se la colpa è diffusa, Meloni non può cantare vittoria e vedersi in Italia un successo. È tornata da Bruxelles con un pugno di mosche in mano. Le illusioni sono facili a morire. Come quella di avere un’intesa con il Cancellerie Olaf Scholz sullo stop alle auto con motori termici a partire dal 2035. L’Italia, per momento, è «sconfitta»: l’indirizzo del Consiglio europeo premierebbe la posizione della Germania, con l’introduzione degli e-fuel cari a Berlino e non dei biocarburanti, richiesti da Roma. Meloni minimizza «La partita biocarburanti persa? No, c’è confronto. C’è stata una convergenza tra Italia e Germania per dire che non c’è solo l’elettrico», ha precisato al termine del vertice europeo. Ci sarà stata sicuramente occasione per fare una chiacchierata a margine del Consiglio sul Pnrr; argomento che il ministro Raffaele Fitto in questi giorni ha discusso tanto con il Commissario Paolo Gentiloni. Ritardi, tranche di miliardi del 2022 che non arrivano, richiesta di spostare risorse al Piano di coesione e sviluppo per evitare la tagliola dei tempi (2026) prevista dal Pnrr. Anche su questo fondamentale terreno non c’è una soluzione e questo preoccupa molto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che proprio nei giorni scorsi, con una espressione non proprio istituzionale, ha detto che questo «è il momento, a partire dall’attuazione del Pnrr, di mettersi alla stanga». Senza voler remare contro il nostro Paese – è l’accusa a chi critica il governo in maniera dura su certi argomenti – dobbiamo constatare che Meloni continua a fare buchi nell’acqua europea. Ha illuso gli italiani che a Bruxelles ci fosse una maggiore attenzione a una soluzione per i migranti, ma nel vertice di ieri non è venuto nulla di buono. E a precisarlo è il sottosegretario leghista all’Interno Nicola Molteni. Dal vertice di Bruxelles «non ci sono atti concreti». «Potremo dirci soddisfatti, l’Italia potrà cantare vittoria nel momento in cui ci sarà una nuova politica dei rimpatri, ci saranno fondi veri sugli accordi bilaterali con i Paesi di partenza e transito, avremo affrontato il tema della migrazione nella sua dimensione esterna». No, Matteo Salvini non ha applaudito e non si è unito alla soddisfazione di Meloni mentre si trovava dall’aula bunker di Palermo per il processo Open Arms che lo vede imputato per sequestro di persone (quando governava con Giuseppe Conte aveva impedito lo sbarco dei migranti dalla nave spagnola). Il controcanto di Molteni, che è un ventriloquo di Salvini, non è casuale e in mezzo c’è di tutto, chissà magari pure la battaglia per le nomine pubbliche… Infine: la ministra Roccella ripete che la maternità surrogata è una pratica razzista. La responsabile della Famiglia del governo Meloni continua a parlare solo di gestazione per altri e se la prende con i primi cittadini decisi a registrare i bambini delle coppie omosessuali. Nelle prossime ore iniziative comuni nelle grandi città, da Roma a Bologna. Si evidenzia così la disobbedienza dei sindaci. Per Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, fino a oggi ci sarebbe stata troppa tolleranza sulla maternità surrogata, che definisce come una pratica razzista. Per questo, dice in un’intervista al Messaggero, va combattuta. «Innanzitutto ricordo che in Italia non è vietato soltanto l’utero in affitto, ma anche la sua propaganda», spiega la ministra. «Anche chi offre questo tipo di “servizi”, dunque, nel nostro Paese commette un illecito penale. Peccato che da quando questo reato è stato introdotto nel nostro ordinamento non sia mai stato realmente perseguito, e che non si spieghi davvero all’opinione pubblica che cosa comportino i contratti di maternità surrogata. È in discussione in Parlamento una proposta per rendere la pratica perseguibile anche se commessa all’estero. Penso sia un passo importante per combattere questa forma di sfruttamento». Poi attacca i sindaci che hanno dichiarato che continueranno a trascrivere i certificati di nascita dei bambini nati all’estero da coppie omosessuali. «Le leggi in Italia ci sono e sono chiare», dice. E «non comportano per i bambini la negazione di alcun diritto. Anzi, l’ultima sentenza della Cassazione in materia afferma con chiarezza che la richiesta della trascrizione automatica non tutela il migliore interesse del bambino ma solo quello dell‘adulto, il partner del genitore biologico. Ritengo che i sindaci sappiano tutto questo, e mi aspetto che chi ha responsabilità politiche e amministrative rispetti la legge». Il sindaco di Roma Roberto Gualatieri, l’ultimo ad aver dichiarato che si opporrà al diktat del governo nel corso della manifestazione delle famiglie Arcobaleno, ha detto che nelle prossime ore sentirà i sondaci di Milano, Bologna, Napoli, Firenze, Torino e Bari per valutare iniziative comuni. La ministra è contraria alla proposta dell’opposizione che ammette la gestazione per altri all’interno di vincoli stretti per evitare che diventi una pratica commerciale. «Temo che chi dice queste cose voglia solo aprire una breccia nel divieto», attacca Roccella. «L’utero in affitto è a tutti gli effetti una pratica commerciale: ci sono fiere internazionali, cataloghi per scegliere l’ovocita in base ai caratteri genetici. Non è razzismo questo? Criteri diversi per scegliere la donna che dovrà portare in grembo il bambino. Alcuni, per camuffare questa orrenda realtà, parlano di rimborso spese invece che di compenso. Ma la sostanza non cambia: si tratta di un commercio della maternità, che umilia le donne e priva i bambini – questo sì! – di diritti fondamentali, cancellando un genitore biologico». In una trasmissione televisiva, la ministra ha anche ricordato che «l’ovocita di una donna nera costa meno di una donna bianca» Roccella sostiene che «in Italia ai bambini non è negato nessun diritto… Il genitore biologico può immediatamente registrare il bambino, che da quel momento gode di tutti i diritti. Quanto al partner del genitore biologico, la soluzione l’ha indicata la Cassazione a sezioni unite: l’adozione in casi particolari, molto più semplice e veloce dell’adozione classica»…

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