3. La dimensione adulta. Tra realtà e progettualità condivise…

(terza parte)

Ancora una volta, la possibilità o meglio la necessità di comprendere ed orientarsi rispetto alla ‘contemporaneità’ alquanto complessa che viviamo quotidianamente, richiede una formazione culturale tale che copre lo spazio di una intera vita. Se ci pensiamo bene, la formazione – quale punto di confluenza della nostra educazione personale e della nostra istruzione complessiva – torna ad essere, oggi più che mai, al centro di qualunque progetto di emancipazione dell’Uomo contemporaneo. Un ‘progetto’ che sappia coniugare saperi ed emozioni, competenze cognitive ed emotive, dimensione personale e dimensione sociale, pluralità dei tempi come dei contesti di vita e di esperienza. Una formazione che, nel quadro della “Modernità liquida”, non appare più: “concepibile né pensabile in una forma diversa da una formazione incessante, perpetuamente incompiuta e aperta” (Bauman). La prospettiva della formazione permanente rappresenta quindi un’occasione preziosa per il conseguimento di obiettivi correlati, da una parte, allo sviluppo economico-produttivo, alla crescita dell’occupabilità e al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ma, anche e soprattutto, alla promozione diffusa della cittadinanza attiva, della coesione sociale e del dialogo interculturale. Da diverso tempo, ormai, anche l’Unione Europea, nel perseguire l’obiettivo di diventare “l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo”, ha evidenziato la possibilità che, attraverso l’apprendimento e la formazione permanenti, si renda altresì concretamente perseguibile l’impegno a costruire una “società-mondo” – potremmo dire con Morin:  “fatta di persone capaci di dialogare e di confrontarsi costruttivamente rispetto alle emergenze e alle sfide della contemporaneità. In un’assunzione di responsabilità che chiama in causa soggetti pubblici e privati, singoli cittadini, governi nazionali e istituzioni internazionali”. La traduzione di tale obiettivo è visibile, nei vari documenti dell’Unione Europea, in particolare nella Decisione del Parlamento europeo e del Consiglio assunti fin a partire dal 15 novembre 2006, che istituisce un programma d’azione nel campo dell’apprendimento permanente. Nel Documento si legge, ad esempio, che attraverso la formazione life-long è possibile:  “promuovere una cittadinanza attiva e il rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia e rafforzare la lotta contro ogni forma di esclusione, compresi il razzismo e la xenofobia;  sostenere la realizzazione di uno spazio europeo dell’apprendimento permanente; rafforzare il contributo dell’apprendimento permanente alla coesione sociale, alla cittadinanza attiva, al dialogo interculturale, alla parità tra le donne e gli uomini e alla realizzazione personale; rafforzare il ruolo dell’apprendimento permanente nello sviluppo di un sentimento di cittadinanza europea basato sulla comprensione e sul rispetto dei diritti dell’uomo e della democrazia e nella promozione della tolleranza e del rispetto degli altri popoli e delle altre culture”. Tali obiettivi, hanno incrociato negli anni scorsi (ma con il senno di poi, bisogna dire senza alcun successo) gli spazi della Globalizzazione e degli interventi molteplici che vanno, appunto: dallo sviluppo economico a quello sociale e culturale, che coinvolgono i singoli, i gruppi di persone e le comunità nel loro complesso. Purtroppo… bisogna prender atto: che la realtà politica, economica e sociale proprio nella Globalizzazione ha “svoltato” nella direzione contraria… accentuando le diseguaglianze già esistenti tra le aree geopolitiche del Globo e creando anche all’interno di queste e dei singoli Continenti forti rotture politiche e culturali che hanno prodotto ulteriori e più profonde diseguaglianze contribuendo ad un generale arretramento dello sviluppo economico e sociale e proprio di quei valori di coesione sociale e di cittadinanza attiva, necessari al dialogo interculturale, alla parità tra generi e alla crescita e realizzazione delle persone. E’ proprio questo ‘disastro’ senza aggettivi che conferma e ridà prospettiva alle necessità di un umano apprendimento costruito su percorsi di formazione permanenti sui temi dei diritti civili e sociali quale punto di sintesi necessario, che a sua volta si espande all’intero dei singoli sistemi di educazione e di istruzione e coinvolge dunque tutte le istituzioni formative nazionali e internazionali del Globo. Costringendole a confrontarsi e a rispondere a questa necessità culturale dalla valenza universale… per come è emersa e si è caratterizzata nel ‘cambiamento radicale’ indotto dalla Globalizzazione dell’economia e delle sue ricadute sulle Società continentali e nazionali. C’è un tratto connotativo e distintivo di questa “nuova” perché “antica” necessità di formazione culturale continua anche in età adulta degli individui. Quella che si traduce appunto in una capacità di progettazione esistenziale dell’individuo adulto… a partire dalla nostra/sua capacità di imparare a riflettere ‘tout court’ sul proprio percorso esistenziale dal quale prende l’avvio questo complessivo ragionamento. Il richiamo forte del saggio della Prof.ssa Loiodice, sta proprio nel fatto che: “solo una riflessione personale sulla biografia di ognuno di noi, una volta raggiunta la nostra responsabilità adulta…  può consentire la nascita di una domanda formativa e culturale che a sua volta possa rappresentare l’inizio di un processo di crescita personale necessariamente non limitato alla sola dimensione professionale e al ruolo sociale che ne deriva, bensì che si estenda a tutte le dimensioni (personali e sociali, pubbliche e private) della nostra vita”. Non a caso, tra le categorie -chiave della formazione culturale rientra quella della ‘trasformatività’: ovvero, una tensione trasformativa che la formazione deve sempre saper assicurare pur garantendo al contempo la necessaria continuità con il percorso di vita del soggetto in trasformazione e non solo a parole. Ma, attraverso l’azione per una “integrazione nella continuità” della propria esistenza di una domanda e di una azione formativa, che in questo senso veda nei contenuti e nei valori di un vivere sociale e civico… quel processo continuo e sempre rinnovato di attivazione di domande e risposte, a quei bisogni di perfezionamento incessante di quanto si è appreso da bambini e da adolescenti. ‘Trasformatività’ e continuità che la formazione deve poter determinare per arrivare a quella che, è la terza parola-chiave della formazione: “l’interrogazione di sé”. Solo quest’ultima, infatti, può consentire che i processi di trasformazione ma anche di conservazione della propria ‘identità’ si traducano in un continuo itinerario di autonomia, di auto-realizzazione e di riappropriazione del proprio sé. Nel Mondo, ma per quel che ci riguarda in Italia è mancata nell’ultimo periodo (i già richiamati ultimi 25 anni) una buona formazione ai vari livelli del nostro sistema scolastico una formazione che di fronte alla complessità di un Mondo “immerso” nella “Modernità liquida” avesse un carattere continuativo e culturale esteso ai valori sociali oltre che individuali di una vita umana. Anche per questo possiamo parlare di “generazioni perdute” o per coloro che soffrono il termine per qualche mal riposto senso di colpa diciamo “generazioni appannate” come nel caso dei Millennials o dei Neet. E’ una necessità non più rinviabile perché indotta proprio dal carattere trasformativo che proprio nella peculiarità delle trasformazioni avvenute vede generare altre domande di formazione. E’ nel momento in cui il Mondo cambia e ci incoraggia pur tra mille contraddizioni a interrogarci su noi stessi e il senso stesso della vita, che non possiamo voltarci indietro e guardare a politiche protettive non solo sul piano economico ma soprattutto sul piano culturale tornando ad esperienze identitarie del passato. Questo processo di cambiamento profondo sul piano tecnologico ed economico della società globale nonché dl cambiamento del sistema relazionale tra persone e  tra classi sociali, evidenzia una necessita fondamentale di un ri-orientamento esistenziale e non solo di carattere professionale od occupazionale… Ma in questa Società ormai cambiata, ma che alla fine continua ad esser fatta di persone… dobbiamo necessariamente e sempre più in maniera consapevole trovare un  rinnovato dialogo proprio tra persone pur con tutte le nostre differenze proprio nel bisogno di una rinnovata Umanità che conservi pur nei cambiamenti economici e sociali quelli avvenuti e quelli che ancora verranno quell’insieme di caratteri essenziali e distintivi propri della specie umana… Ho l’impressione che più d’uno si stia  chiedendo quali siano questi caratteri essenziali?  Bene: “L’umanità ha bisogno di umanità” vanno quindi risensibilizzate a ciò: la politica, le istituzioni, i media e l’opinione pubblica. Ma non solo. Bisogna lavorare tutti quanti insieme per costruire una prospettiva in cui, tutti possano trovare un futuro di speranza… in un Mondo migliore e in nuove ragioni di “sviluppo” che non siano sole economiche. Oggi più che mai di fronte alla necessità di comprendere come ognuno di noi possa essere adeguato e pronto per affrontare la complessità crescente della “modernità” …che sempre più spesso si trasforma, per molti, in vero disagio psicologico (identitario) e/o in vere difficoltà (materiali) del vivere quotidiano. Per dirla con un pensiero poetico del noto cantautore italiano Claudio Baglioni: ‘nessun uomo è un’isola e ogni respiro è un uomo’…

(fine)

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