Francamente mi sembra che siamo in mano a delle mezzecalzette e quaquaraquà, al Governo ma anche all’Opposizione, manca qualcuno che ci dica la verità e che abbia una reale strategia prospettica per farci convivere con l’emergenza virus destinata a durare tempi medio lunghi… sarà l’età, ma mi vien facile dire: “basta adolescenti capricciosi al governo e in politica, adesso più che mai la politica la facciano gli adulti”. Veramente non se ne può più di leader caratteriali con chiari disturbi della personalità o vere e proprie mezzecalzette, nonché comitati tecnico-scientifici, che fanno da paravento a azzimati avvocati del popolo o a ex porta bibite del San Paolo, ai troll russi e ai vari babbei associati, di quelli che prima i cinesi e prima i padani, ai virologi e epidemiologi da talk show, ai ciarlatani in genere con o senza mascherina, ai mestatori e agli infingardi, agli shortisti e ai cialtroni, agli irresponsabili e ai vari fomentatori d’odio. Siate cortesi, risparmiateci i bollettini del dolore e le dirette Instagram, le immagini iconiche, i concerti dal balcone e tutta la retorica sulla bugia che ne usciremo tutti migliori. Basta con questo linguaggio: “banale e fuorviante” con cui politici e Media ci parlano del Coronavirus. Non sopravviveremo alla malattia attraverso il coraggio e la forza di carattere italici. Non basta essere persone “toste” per guarire dal virus. Va da se che servono ospedali, e presidi medici, le medicine, la cura e conta non tanto il coraggio ma la forza fisica del corpo del malato. E’ arrivata l’ora che qualcuno rifletta sul linguaggio sbagliato usato in questi giorni. Questo è un problema di salute con enormi implicazioni per il benessere sociale, ed è un problema di benessere sociale con enormi implicazioni per la salute pubblica. Qualche giorno fa la giornalista della Bcc Emily Maitlis ha pronunciato durante un’edizione di News-Night un discorso appassionato: “La malattia non è un grande livellatore sociale, le cui conseguenze sono uguali per tutti, ricchi e poveri”, ha chiarito. “Le persone in prima linea proprio ora, autisti di autobus, infermieri, operatori domestici, personale ospedaliero e negozianti sono sproporzionatamente i membri meno pagati della nostra forza lavoro. Quelli che svolgono lavori manuali e non potranno lavorare da casa. E hanno maggiori probabilità di contrarre la malattia perché sono più esposti”. Bisognerà quindi pensare e capire come in prospettiva convivere con il virus fin che non sarà effettivamente debellato. Una strategia di uscita dal Lockdown che non sprechi i risultati di un rallentamento della diffusione del virus creando nuovi focolai, ulteriori emergenze sanitarie e altre migliaia di morti. Abbiamo bisogno di un progetto, di un obiettivo, di una speranza. Ci serve qualcuno serio e credibile, empatico e pragmatico, qualcuno capace di progettare, organizzare e spiegare il piano per la ripartenza al paese. Qualcuno che dica la verità, anche quella dura da digerire ovvero che sarà ancora lunga, che bisognerà scordarsi non solo la Pasquetta e non solo il ponte del 25 aprile e quello del primo maggio, come se in tutto questo avessimo bisogno ancora di vacanze, ma anche il ferragosto, avendone già fatti una trentina di ferragosto nell’ultimo mese, e altri ne faremo. E a dirla tutta probabilmente salteremo anche il Natale e poi anche l’estate successiva, intesa come quella del 2021. Lo dice senza mezzi termini uno che ci aveva avvertito per tempo come Bill Gates, ma che avevamo ignorato allora e che continuiamo a non ascoltare adesso: la vita normale riprenderà solo quando ci sarà il vaccino (se ci sarà) o quando il Mondo avrà sviluppato l’immunità di gregge. Quando? Minimo tra un anno e mezzo, non prima… e forse anche più. In una dimensione separata dalla realtà, l’unico punto fermo è il lockdown fino al 3 maggio annunciato dal Presidente del Consiglio. Alla pletora di comitati e commissari, Conte aggiunge una ulteriore task force per la Fase 2, ennesima cessione di sovranità della politica a strutture e luoghi fuori da Parlamento e dai Partiti della sua maggioranza. Quindi abbiamo un ulteriore prolungamento del lockdown che è sicuramente poca cosa, ma la data di un possibile ritorno a una “normalità” che già si dice sarà diversa da quella pre virus, ancora nessuno al Mondo la conosce. Prima di quella data ancora sconosciuta possiamo solo adattarci alla “normalità” imposta dal virus, con le dannate mascherine e la distanza ‘asociale’, con i maledetti webinar e con il lavoro possibilmente remoto, accettare questa tragedia e ripartire con la cautela necessaria per poter vivere in sicurezza a modalità limitata. Chi sta al governo ha il dovere di progettare come riavviare le attività, più che perdersi in dichiarazioni contraddittorie su quando riaprire, e poi farcelo sapere indicando la strada ai cittadini, agli imprenditori, ai sindacati, ai commercianti, ai distributori, ai fornitori di servizi, ai professionisti, alle partite Iva, ai dipendenti pubblici. Dovrebbe anche evitarci le ‘bufale’ sull’inosservanza dei divieti anti.Covid da parte dei cittadini. Dall’11 marzo al 4 aprile le forze di polizia hanno controllato 4.859.687 persone e 2.127.419 tra esercizi ed attività commerciali. Complessivamente le contestazioni ai cittadini per inosservanza dei divieti sono state 11.738: appena il 2,38 per cento. In questa già irrisoria percentuale è compresa la signora C. multata per aver lasciato il marciapiede ed essersi addentrata per cento metri col suo cane nell’Insugherata (riserva naturale, un’area protetta compresa interamente nel territorio del comune di Roma, nelle zone Ottavia e Tomba di Nerone, tra la via Trionfale e la via Cassia). E anche il signor D., sorpreso a 500 metri dal suo appartamento con un litro di latte che poteva comprare sotto casa. I numeri raccontano che c’è un’Italia svizzera, prussiana, coreana (del Nord) nell’obbedienza agli ordini. Su 87mila imprese e negozi verificati nella giornata del 4 marzo solo 173, lo 0,2 per cento, hanno meritato una multa: tutti gli altri, il 99,8 per cento, sono risultati in regola, da Trento a Palermo. Cosa si vuole di più? Ci sono due possibilità per spiegare la colpevolizzazione di massa del Paese da parte del circuito politica/media. La prima è che il mondo degli opinion maker sia succube dello stereotipo che vuole gli italiani anarchici, trasgressori per costituzione, cronicamente incapaci di attenersi alla regola, e quindi si regoli di conseguenza. “Troppa gente in strada”, la frase che tutti ripetono ogni giorno, può essere il frutto di questa distorsione culturale: si dà per scontata la disobbedienza collettiva, anche se i numeri la smentiscono del tutto, e si finisce per appendere lì l’irritazione per la mancata decrescita dei contagi. L’altra ipotesi è meno innocua. Sono passati quasi 30 giorni dall’avvio della quarantena nazionale, due mesi dall’inizio dell’emergenza, e l’irriducibilità del virus in alcune aree del Paese comincia a risultare inspiegabile: il modo più facile per evitare domande complicate su focolai, sanificazioni, efficienza del servizio sanitario, diffusione dell’infezione nelle case di riposo per anziani è puntare l’indice sui comportamenti privati, per nascondere quelli pubblici. Da qualche giorno guardando ad un rallentamento di contagi e morti, cerchiamo di immaginare non tanto quando ne usciremo, ma quando ci permetteranno di riprendere una parvenza di vita post quarantena. Ci stiamo chiedendo che cosa servirà per ricominciare a uscire e a lavorare in sicurezza. La risposta è sconsolante: non lo sappiamo. Non ce lo dice nessuno, né il Presidente del Consiglio né il primo Partito di maggioranza impegnato in una pusillanime faida per la gestione della distribuzione del denaro come se fosse Natale anticipato né il surreale comitato tecnico-scientifico di cui non si sa nulla ma che fa da scudo alle decisioni del governo in totale assenza di trasparenza. Se guardiamo agli imprenditori, ai sindacati, ai professionisti e agli studiosi con lo sguardo interrogante su come si stanno arrangiando per la ripartenza: come secondo loro cambierà il trasporto, la grande distribuzione, la catena di montaggio, la filiera produttiva, il lavoro in ufficio. Vediamo che qualcuno si sta portando avanti, approntando soluzioni individuali, ma nessuno ha ricevuto indicazioni precise dai responsabili dell’ordine pubblico e della salute pubblica. Finita l’urgenza sanitaria, arriverà quella economica su cui perlomeno una risposta anche europea è stata immaginata, vedremo quanto sarà efficace. Dice Gentiloni: “Accordo su pacchetto con fondo per rinascita. Un piano di rilancio di 500 miliardi. Per le spese sanitarie il Mes fornirà ai Paesi che lo richiedono assistenza finanziaria senza condizioni”. C’è anche uno spiraglio per gli Eurobond, che non appaiono però nel documento finale. Ma senza un’idea su come uscire dalla quarantena, su come consentire agli italiani di riprendere a vivere e a lavorare saremo comunque costretti a restare in reclusione o a rischiare di riattivare la curva dei contagi… Comunque il comitato scientifico, il governo e anche l’opposizione hanno fatto l’ennesimo check point per il ponte pasquale, e va benissimo così: “state a casa”, d’altronde siamo in emergenza, la gente muore, non staremo a sottilizzare sui mezzi con cui si procede alla caccia all’untore, al runner, al vecchio imboscato per la partita a briscola e ad altre forme di trasgressione criminale tipo la madre che cerca di acquistare pennarelli al supermarket. Ne sull’obbligo di utilizzare mascherine e – se non si trovano o costano troppo – sciarpe o foulard in Lombardia, anche qui nessuna obiezione, taciteremo la vocina che dice “Ma come, non erano inutili?” E ci adeguiamo così alla disposizione. E tuttavia c’è un sottotesto che stentiamo a digerire e cioè l’idea che la lentezza con cui la curva del contagio scende sia solo di nostra responsabilità, sì di noi italiani, di noi popolo ormai non più sovrano, dei comportamenti privati di noi semplici e singoli cittadini e conseguentemente di una presunta catena di violazioni individuali che, guardando i numeri tutta via appare come irrilevante. La ‘politica’ tutta (governo – opposizione) vorrebbe dire a tutti noi: state tranquilli e imparate a guardare il Paese. Guardate l’erba che cresce tra i sampietrini di Piazza Navona, dove da settimane non passa più nessuno. Ascoltate il silenzio spettrale dei luoghi di maggior disagio, delle periferie con gli appartamenti di sessanta metri quadri, dei bassi napoletani, delle carceri. Apprezzate la disciplina delle famiglie con bambini, che tirano avanti senza più scuola, parchi, sport. La tacita reclusione degli anziani che vivono soli, lontani dai parenti e spesso privi di ogni sostegno esterno. Il rigore delle code a un metro di distanza. La fatica psicologica di milioni di lavoratori rimasti a reddito zero che telefonano alla Caritas invece di assaltare supermercati. E fatelo in silenzio, senza lamentarvi! Ma una cosa va detta chiaramente: non è consentito a nessuno di giocare con la pelle del Paese. Ed è ciò che Salvini ha fatto con la complicità di Giorgia Meloni in questa giornate convulse in cui si cercava una comune strategia dell’Unione per salvare l’Europa dal collasso e avviare un’incerta prospettiva di ripartenza. Abbiamo corso il rischio di trovarci fuori dall’Unione a battere i denti per il freddo e consolarci osservando la nostra orgogliosa impotenza. Con il concorso di buona parte dei media, si è cercato di sollevare l’opinione pubblica contro le istituzioni europee e i paesi partner come se il governo non fosse impegnato in una discussione complicata, resa drammatica dalla necessità di agire sollecitamente; come se i governi dell’Unione non avessero a che fare con opinioni pubbliche sobillate a loro volta da forze sovranpopuliste alleate con la Lega; come se non sapessimo che avevamo tutto da guadagnare da un compromesso e che il ‘’noi faremo da sé’’ era talmente assurdo da essere tragicamente ridicolo. Se le cose stanno così e purtroppo così stanno lo ridico: “basta adolescenti e caratteriali al governo e in politica, adesso ci vogliono gli adulti”. Capaci di dire grazie, ogni tanto, a questo Paese: per cercare di farcela, per conservare lo spirito che ci servirà nel “dopo”, servirà pure un po’ di generosità ed empatia, oltre alle discussioni divisive sulla Pasqua “tutti a casa” evitando congestioni ai caselli autostradali e folle nelle strade delle città… e le litigate sull’Europa e la sua mancanza di solidarietà nei confronti dell’Italia. E l’adolescenza politica dei 5Stelle e la strumentalità bugiarda dei politici dell’opposizione (Salvini e Meloni) che rischiano di buttare via il bambino con l’acqua sporca: “Noi i soldi del Mes non vogliamo prenderli, con un “pregiudizio” infantile, visto che il Fondo Salva Stati è cambiato, “è a disposizione di tutti, non solo degli Stati in crisi”. E l’Italia potrebbe utilizzarne 36miliardi senza vincoli mettendoli a disposizione della ‘disastrata’ sanità e dell’evanescente ricerca italiane. Perché rinunciarvi? Che significa; “Ora non è il momento di parlare del Mes, di accontentarsi, dobbiamo ottenere di più, è vitale”. Assieme ai continui spintoni per un’Italexit della Lega, per continuare a poter dire che l’Europa è nemica degli italiani… e questo nonostante e dopo il nuovo bazooka della BCE… dopo un fondo europeo per cassa integrazione, che dovrebbe mobilitare risorse fino a 100 miliardi di euro, e dopo la possibilità di guardare in direzione di ampliare queste risorse sulla base dell’andamento dell’epidemia. Ma veramente, smettetela… e confrontatevi con la realtà delle cose. Se si continua così la nostra politica mostra che al potere c’è solo il virus! E non è questo il modo di dare fiducia al popolo di questo Paese, chiedendo continuamente di darne ad una politica che non ha più alcuna credibilità…
E’ sempre tempo di Coaching!
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