Governo: Conte scopre di essere solo e circondato. Il decisionismo flemmatico è finito…

Il Presidente del Consiglio, di fronte alla presa di posizione di Italia Viva sulla gestione dei fondi del Next Generation Ue, ha capito che dovrà archiviare il suo piano di creare un governo nel governo. Per rimanere dove si trova è costretto ad acconciarsi a leader di una coalizione… È la prima volta da quando c’è il governo giallorosso che Giuseppe Conte si deve fermare. O meglio: si dovrà fermare. Il dominus di palazzo Chigi, l’avvocato trasformatosi in giudice, il neofita della politica che pare un doroteo, stavolta ha esagerato. Incassa il sì del Parlamento sulla riforma del Mes, ma questo non era difficile, se la grana era il dissenso dei sovranisti in casa grillina è bastato poco per farla rientrare (anche se perde qualche pezzo). No, il dramma vero dell’avvocato è quello di scivolare proprio su un terreno inatteso, il decisionismo flemmatico di cui il presidente del Consiglio è divenuto rapidamente maestro. Matteo Renzi si è messo di traverso: o si riscrive il provvedimento sulla governance del Next Generation Eu o Italia Viva si alza e se ne va. Sarebbe crisi. Così, detta papale papale, nell’aula del Senato, en face a Conte. E a ribadire il tutto con un’intervista al Pais quotidiano spagnolo. Messa così, il premier non ha scelta. Già è stato scritto, riportando quanto saputo da autorevolissimi ministri, che l’idea contiana di inserire la materia della governance nella legge di bilancio mediante un emendamento sarebbe stata tolta di mezzo: si farà un provvedimento ad hoc. Ma a Renzi, che evidentemente ha capito che la sua nuova offensiva ha colto nel segno, non basta. Non gli piace neppure il contenuto del Piano inviato con una mail ai ministri nel cuore della notte, così, senza una discussione seria; e siccome il leader di Italia Viva non è uno sprovveduto, in Aula ha ripetuto pari pari la critica che a quel piano ha mosso il Ministro Roberto Speranza, cioè che 9 miliardi sulla sanità non bastano affatto (occorre l’utilizzo del Mes sanitario qualunque cosa pensi Di Maio) e poi chi ha deciso queste cifre? Conte, lì davanti, è apparso fra il terreo e l’infastidito, probabilmente in cuor suo sa che Renzi tutti i torti, nel merito, non ce l’ha, e che bisognerà andargli incontro in un modo o nell’altro. Anche perché il premier ha compreso di essere circondato ed è la novità che emerge dai tormenti politici di queste ore. Questa volta infatti anche il Pd, che pure non condivide (anzi il larga parte: detesta) il suo ex segretario seppur …magari invidiandone il dinamismo, riconosce che il Presidente del Consiglio ha sbagliato. Da Zingaretti per alcuni giorni nemmeno una parola, un silenzio che ha sicuramente inquietato Conte, mentre Graziano Delrio alla Camera ha fatto un gran discorso, invitando il Premier a una sorta di modestia politica raccomandandogli di ascoltare il Paese, che è esattamente la cosa che l’avvocato del popolo puntualmente dimentica. Il capogruppo del Pd con il suo stile non urlato – al contrario del capo di Italia viva – ha fatto un discorso abbastanza “renziano”: nel senso di voler porre paletti molto netti alla tendenza autocratica del Premier. Solo in questo ultimo week end con una intervista al Corriere Zingaretti ha messo in chiaro quel che i dem pensano: preme il freno su quella che sembra ormai una possibile “crisi al buio” aperta dal Capo di Italia viva – lo fa a sorpresa, anche l’ex Ministra Maria Elena Boschi capo gruppo alla camera di Italia viva – si circoscrive così la necessita della verifica di maggioranza ancora una volta al cambio di passo e al rilancio dell’azione di questo Governo. Come finirà? Probabilmente la governance come la voleva Conte è destinata a rimanere nella sua memoria personale, perché la partita vera deve ancora cominciare. In un certo senso siamo davanti a una grossa novità della legislatura. Il presidente del Consiglio può restare a Palazzo Chigi se non fa di questo un bunker nel quale ordire trame a lui favorevoli; se si acconcia a fare il Presidente di una coalizione, peraltro senza avere alle spalle un proprio partito e ormai nemmeno potendo più contare su quella maionese impazzita che è diventato il Movimento Cinque Stelle. Comunque, la verifica di governo è di fatto iniziata. È iniziata con una prima comunicazione. Quella di Giuseppe Conte al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Presidente del consiglio ha informato il Quirinale di quanto la tensione abbia raggiunto picchi non previsti annunciando che la prossima settimana darà il via al chiarimento. Ossia ad un “confronto per fare chiarezza sulle varie posizioni e istanze nel segno di una maggiore franchezza e trasparenza di rapporti”. Del resto, anche sul Colle seguono con una certa apprensione la battaglia che si è scatenata tra le forze della maggioranza. Conte nelle prossime ore farà quello che sperava di non dover fare: contattare tutti i leader delle forze che sostengono il governo per concordare incontri bilaterali e poi collegiali. I nodi della crisi, al momento, si presentano inestricabili. E le soluzioni senza pronostico. Il premier e la parte del Pd che ha incarichi nell’esecutivo puntano su minimi o zero ritocchi alla “squadra” e alla sostanziale riscrittura del famigerato decreto sulla task force per la gestione del Recovery Fund. C’è comunque un’altra parte dei Dem che vuole il rimpasto almeno per un paio di “staffette” interne. Matteo Renzi invece scommette (così pare) su un nuovo esecutivo con un nuovo presidente del Consiglio. L’M5S, come al solito, è dilaniato tra correnti e fazioni che a questo punto si coagulano in due macroaree: chi è contro Di Maio e chi a suo favore. In questo quadro si inseriscono alcuni tasselli che il Quirinale non considera certo secondari. A partire dalla composizione ministeriale. Cambiare alcuni dicasteri-chiave come Esteri, Tesoro, Difesa, Interni e Salute viene considerato un azzardo. E già questo mette il “chiarimento” su un binario più ristretto. Sicuramente molto più limitato di quel che pensa Renzi. Se ci sarà un “rimpastino” e non è affatto detto, comunque qualcuno (Pd) dovrà dire a Renzi che non può prendere il posto di Lorenzo Guerini alla Difesa con l’obiettivo di scalare la vetta della Segreteria Generale della Nato… Or bene: al netto delle ambizioni e delle tattiche di Matteo Renzi, perennemente alla ricerca di un senso da dare alla propria creatura politica e anche al suo futuro, sembra comunque che da oggi Giuseppe Conte sia un uomo più solo e poco condiviso… vedremo che farà.

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