Governo: finisce in terapia intensiva, ma mancano ossigeno e vaccini e la bombola del Recovery Plan rischia di arrivare a paziente morto…

Ora il respiro del governo Conte 2 si fa pesante gli manca un minimo d’aria. Il virus della crisi si è diffuso velocemente in tutto il corpo… e pur finito in terapia intensiva non gli serve un gran che, anche lì mancano ossigeno e vaccini e la bombola del Recovery Plan rischia di arrivare a paziente morto… Il clima intorno a Palazzo Chigi diventa col passare dei giorni sempre più freddo. Entrano ed escono dal palazzo vari medici e infermieri, ma i numeri risicati della maggioranza al Senato non cambiano… Nel Pd e anche in parte nei 5stelle, nonostante le dichiarazioni ufficiali, sta crescendo un fastidio per quello che viene considerato ormai un abbraccio mortale con l’avvocato del popolo e ci si interroga su a chi tocca la prossima “mossa del cavallo”, mentre i “costruttori” temporeggiano ancora per capire se crollerà il castello di carte di Conte… Ora la strada di Giuseppi si sta facendo davvero impervia e pare senza uscita, al punto che circola persino l’ipotesi che il Presidente del Consiglio possa gettare la spugna dimettendosi nei prossimi giorni. E così non si trovano i costruttori in numero sufficiente e d’altra parte altri forni l’avvocato non vuole aprirne. Si cominciano a vedere le prime diserzioni, i politici con il loro istinto del potere annusano un’aria cattiva e si chiedono se valga la pena morire per Conte. Forse è meglio fermarsi un giro, pensano soprattutto a destra. Sandra Lonardo, attraverso il marito-portavoce Clemente Mastella, ha fatto sapere di avere molti dubbi sulla relazione sulla giustizia di Alfonso Bonafede che verrà sottoposta al voto del Parlamento mercoledì prossimo. Una nuova sfida all’Ok Corral. A Palazzo Chigi sfilano singolarmente alcuni dei ‘costruttori’ più attivi, come Bruno Tabacci che reclama un Conte ter, proprio quello che il Presidente del Consiglio non vuole: e anche questo ricevere mezzi leader e peones di vario tipo è un’umiliazione, c’era molto più stile e rispetto per le sedi istituzionali nella vituperata Prima Repubblica. Ci si aggrappa a Paola Binetti, ma l’Udc azzoppata da Nicola Gratteri (dopo aver esaminato il quadro politico, ha precisato lui stesso al Corriere della Sera) ormai è un partito mezzo morto. Tra l’altro il Pm calabrese, nell’operazione variamente denominata “Basso profilo” ha anche fatto arrestare Natale Errigo, definito dai magistrati come «imparentato» con la famiglia ’ndranghetista De Stefano. Errigo, analista di Invitalia, quella di Domenico Arcuri, era stato scelto proprio dal Commissario al contrasto della crisi epidemiologica per occuparsi della questione delle mascherine provenienti dalla Cina, finite sotto inchiesta lo scorso dicembre. Ma riprendendo con la dinamica politica di queste ore, c’è da aggiungere che il tentativo di sfondare Italia viva è andato male, visto che Matteo Renzi ha ottenuto le firme dei suoi parlamentari su un documento in cui si assicura che «si muoveranno tutti insieme» per «una soluzione di respiro». Al momento, per farla breve, il governo continua a non avere la maggioranza al Senato. È vero che mancano ancora dei giorni al fatidico mercoledì della disfida su Bonafede ma gli spazi si vanno stringendo. L’istinto di Montecitorio è che se cade Conte non ci saranno comunque le urne, anche se come ci ripetono vari ministri «alle urne ci si può andare anche senza volerlo». Tuttavia lo spin doctor del Nazareno, autorevolmente confermato dai giornali Goffredo Bettini sottolinea: “Abbiamo chiesto a Conte di andare al Quirinale per il patto di legislatura. Lui lo ha fatto e ha detto queste cose: facciamo un patto di legislatura, sediamoci attorno al tavolo. Proprio dopo quel momento Renzi ha fatto la scelta di rompere. Una scelta incomprensibile per noi. Ma la vera strategia di Renzi, fin dall’inizio della costituzione di Italia Viva, è stata – come ha detto – mirata a ridurre il Pd al 6 per cento, come ha fatto Macron con i socialisti francesi. Ma quello spazio che lui immaginava non c’è stato”, ha rimarcato l’esponente dem. “Quindi Renzi ha visto una sua crisi politica dentro il governo e ha rotto per questo motivo. Oggi, Renzi vuole riaprire il gioco per rompere lo schema politico costruito fra Pd, M5s e Leu e comunque noi siamo competitivi alle elezioni se manteniamo integro questo schema politico. Immediatamente dopo aver gettato il Paese in una crisi al buio, Renzi ha fatto dire (da Rosato) che se Conte li avesse richiamati al tavolo si sarebbe risolto tutto in due ore. Ma come? Hai fatto un gram casino, hai buttato tutto all’aria, hai detto che Conte è un vulnus per la democrazia e poi gli chiedi di richiamarti. Ma dove sta la credibilità? Purtroppo Renzi è Renzi. E l’altra sera in Tv anche Andrea Orlando ha detto che c’è la probabilità di dover far ricorso alle urne se Conte cade. Dichiarazioni che guarda un po’  trovano il maggior gelo nei gruppi parlamentari del Pd la cui golden share non è ancora definitivamente in mano a Zingaretti e Bettini. E non si tratta solo di fare i conti con la tradizionale ritrosia dei parlamentari davanti al rischio di tornare a casa, ma anche di una questione più politica: deputati e senatori dem sono stati tutti messi in lista da Renzi e per quanto in questi lunghi mesi si sia sedimentato un netto dissenso con l’ex segretario è ancora forte una certa volontà di ricucire lo strappo, di sedersi intorno a un tavolo per ricostruire una maggioranza non contro Italia viva – in fondo è tutt’altra cosa che i Ciampolillo e le Lonardo – ma è chiaro quale sia il punto di debolezza di questa posizione, infatti tutti ormai si chiedono: è Conte l’uomo in grado di riannodare le fila della sua ex maggioranza? Probabilmente no. Visto come sé messa la situazione. In questi giorni nel Pd a vari livelli sta crescendo un fastidio per quello che viene considerato un abbraccio mortale con l’avvocato del popolo giudicando del tutto sbagliato lavorare solo per lui perché, …se Conte si presentasse al voto con una sua lista, toglierebbe consenso e voti proprio al PD che perderebbe  parecchio sangue. Ciò che resta della componente ex renziana nel Pd, freme, e anche esponenti di Base riformista, a partire dai capigruppo (marcucci e Delrio, stanno cominciando ad avere seri dubbi che sia Conte a poter succedere a Conte e s’interrogano su altre possibilità. Ecco perché si ragiona sul fatto che nel caso di una disfatta del presidente del Consiglio in aula o in quello di sue volontarie dimissioni proprio per evitare la catastrofe parlamentare e si aprisse dunque una vera crisi di governo verrebbe inevitabilmente fuori qualche nome a cui anche mezzo M5S si aggrapperebbe pur di tirare avanti, e il Pd non potrebbe dire di no. Anche perché probabilmente sarebbe uno dei loro, il nome più gettonato è quello di Dario Franceschini… Mi viene da sorridere: chissà quanto tempo ci metterà lo “scorpione Renzi” a pungere la rana Franceschini? D’altronde lo sappiamo che il suo agire è …all’insegna del: “non avrete altro Premier all’infuori di me”.

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