Guerra: inflazione, recessione, si scorge un ‘cigno nero’ sull’orizzonte economico d’Europa. Subito “il cessate il fuoco” e un negoziato di Pace altrimenti sarà per tutti un tragico irreparabile disastro…

Scrive su Huffpost Claudio Paudice: “L’indice della paura Vix torna a salire, lo spread italiano raggiunge quota 200, le borse perdono terreno, l’economia tedesca arranca: segnali che per il nostro vecchio continente si sta mettendo male”. Non è certo un caso se nell’arco della stessa settimana il Commissario economico dell’Unione Europa Paolo Gentiloni ha usato per due volte la stessa metafora: “Pandemia e guerra: nessuno avrebbe immaginato che ben due ‘cigni neri’ si sarebbero materializzati in così breve tempo”. Giovedì scorso l’indice della paura, come viene chiamato l’indicatore Vix che misura la volatilità del mercato, ha visto un balzo di oltre il 21% in seguito al tonfo di Wall Street che ha registrato la sua peggior sessione del 2022 – col Nasdaq in particolare che ha segnato un -5% – e venerdì di un altro 12%. Un’ondata di vendite che di certo non si può imputare al vecchio adagio di borsa “a maggio vendi e vai altrove”. Tutt’altro: si moltiplicano i segnali per nulla rassicuranti sui tempi che attendono gli Stati Uniti e soprattutto l’Europa e che ruotano intorno a tre grandi minacce: la guerra, l’inflazione e la recessione. Infatti potrebbe profilarsi la più grande recessione di sempre al Mondo. A causarla potrebbe essere la guerra in corso in Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin. Delle tre grandi minacce: la prima sta esacerbando le criticità lungo le catene di approvvigionamento già fiaccate dalla pandemia; la seconda sta colpendo sempre più duramente il potere d’acquisto dei cittadini europei e i prezzi alla produzione del tessuto industriale e manifatturiero; la terza è il rischio direttamente consequenziale delle prime due. Come evitarla? Serve una volontà politica che sembra ora mancare a Washington e Bruxelles, troppo impegnate nel mostrarsi decise e compatte nel punire Vladimir Putin senza aver pronto un piano contro il ‘cigno nero’ che si staglia all’orizzonte e che porta il nome di stagflazione. E allora cosa fare? Bisogna aprire rapidamente i canali del dialogo per la pace! No, non sono né pacifista né men che meno filo putiniano. Per me è chiaro che non si può darla vinta a Putin. Ma non si può neppure smettere di parlare con lui. Lo scrive chiaramente Aldo Cazzullo sul Corriere partendo da una semplice domanda: “è possibile stare dalla parte degli ucraini aggrediti anziché dei russi invasori, e nello stesso tempo lavorare per il cessate il fuoco? Non solo è possibile. È doveroso, ed è anche il miglior servizio che possiamo rendere agli ucraini; oltre che a noi stessi. I reportage e le testimonianze degli inviati sul campo non lasciano dubbi sulla brutalità e sui crimini compiuti dalle truppe russe. Aggressioni sistematiche a donne, anziani, bambini; stupro usato come arma; atrocità che in Europa non si vedevano dal tempo delle guerre civili balcaniche degli anni 90. Tutto questo non può essere relativizzato o giustificato; può solo essere denunciato con forza. L’invasione dell’Ucraina è stata per Putin sia un crimine, sia un grave errore. Ora però la priorità per tutti è interrompere i massacri, far tacere le armi e  avviare una trattativa seria; per fermare la guerra Ucraina-Russia. Occorre quindi un piano di pace in più punti: dal cessate il fuoco alla neutralità dell’Ucraina con la rinuncia all’adesione alla nato. I più interessati a fermare la guerra sono ovviamente quelli che ne pagano il prezzo più alto. In primo luogo, il popolo ucraino, che ha dato una prova di resistenza al limite dell’eroismo. In secondo luogo, l’esercito russo, che non è composto solo da criminali, e ha già perduto molti uomini e bruciato molte risorse. In terzo luogo, l’Europa. Non è in discussione la fedeltà atlantica. Mai come adesso si comprende quanto sia importante l’alleanza delle democrazie. Cedere a Putin significherebbe, come ha detto Draghi a Strasburgo, mettere in discussione il progetto di pace, di libertà, di democrazia, di sviluppo che da settant’anni è alla base dell’Europa. L’Europa è sempre avanzata nelle crisi: se con la pandemia ha iniziato a fare debito comune, con la guerra in Ucraina si deve dotare sia di strumenti militari condivisi, sia di mezzi decisionali più rapidi. È chiaro che non si può darla vinta a Putin. Ma non si può neppure smettere di parlare con lui… altrimenti parlerà lui a modo suo. È quello che ha spiegato il Papa nell’intervista al direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana, offrendosi di partire per Mosca (senza trovare sinora una mano disposta a stringere la sua). È quello che sta facendo Emmanuel Macron, la cui rielezione — con buona pace dei nostri sovranisti — è stata positiva per l’Europa e per l’Italia. È quello che sta pensando di fare il cancelliere Olaf Scholz, che tra i leader occidentali è il più in difficoltà. Dell’eredità della Merkel, che ha rivendicato e raccolto, fa parte anche la dipendenza dell’industria tedesca dal gas russo. A complicare il quadro ci sono i due leader storici dell’Spd, il partito di Scholz: il presidente della Repubblica Steinmeier ha litigato con Zelensky per poi fare pace; l’ex Cancelliere Schröder – un signore che prese oltre venti milioni di voti, mentre Scholz non è arrivato a dodici – Schröder ora fa l’impiegato di Putin, e nonostante questo gli ucraini gli hanno affidato una mediazione rivelatasi inutile. Né finora hanno portato frutti altre mediazioni, che potrebbero però rivelarsi preziose: quella di Israele, che tra Russia e Ucraina affonda le proprie radici storiche – Golda Meir era nata a Kiev, il leader del sionismo Zabotinsky era di Odessa – e quella di Erdogan (la Turchia è nella Nato ma non aderisce alle sanzioni contro Mosca). D’altronde è anche vero, però, che gli interessi dell’Unione europea e quelli degli Stati Uniti e dei loro alleati britannici non coincidono del tutto. Certo, fermare Putin è un interesse comune. E lo è anche armare gli ucraini, in modo che la loro resistenza possa portare i russi al tavolo delle trattative e indurli a un compromesso. Ma una guerra lunga, magari un anno come prevede Johnson, non logorerebbe soltanto i russi, come auspicato da Biden. Imporrebbe un alto prezzo di sangue agli ucraini, e un doloroso costo sociale agli europei. Non si tratta solo di spegnere i condizionatori d’estate e di tenere di qualche grado “bassa” la temperatura dei termosifoni; la crisi energetica minaccia interi settori e posti di lavoro a centinaia di migliaia… Un dato utile da cui partire è quello appena diffuso dall’Ufficio statistico tedesco: a marzo è crollata la produzione industriale in Germania del 3,9% rispetto al +0,2% del mese precedente. Le attese degli analisti prevedevano un calo molto più contenuto pari al -1%. L’effetto della guerra sulla prima economia manifatturiera d’Europa fa già segnare così la contrazione più rilevante dall’inizio della pandemia. Per trovare un dato peggiore bisogna infatti risalire all’aprile 2020. Lo scoppio del conflitto ha “gravemente silenziato” l’industria germanica, ha affermato il Ministero dell’Economia tedesca in una nota. A risentirne sono state in particolare le esportazioni, “sproporzionalmente” colpite dalle sanzioni, ha sottolineato il Ministero, evidenziando anche l’aumento dei prezzi dell’energia e la carenza di “importanti input” dall’Ucraina. Le esportazioni tedesche sono diminuite più del previsto a marzo, in calo del 3,3%, mentre le importazioni sono aumentate del 3,4%. Le attese erano per un calo mensile delle esportazioni del 2%. L’export verso la Russia è crollato del 62,3% rispetto a febbraio, anche a causa delle sanzioni imposte a seguito della guerra in Ucraina. A marzo, la Germania ha registrato un surplus commerciale destagionalizzato di 3,2 miliardi di euro (3,4 miliardi di dollari), ha riferito sempre l’Ufficio federale di statistica, contro una previsione di 9,8 miliardi di euro. Di questo passo l’economia tedesca, notoriamente export-led (cioè trainata dalle esportazioni), potrebbe finire in deficit commerciale. Sarebbe un altro segnale dei tempi che cambiano, in negativo. Il motivo? “Il prolungarsi della guerra tra Russia e Ucraina”, dicono ormai gli analisti delle agenzie di rating: “influenzerà negativamente tutti i paesi dipendenti dal petrolio e dal gas russo. Le economie basate sul manifatturiero sono anche esposte all’interruzione delle catene di approvvigionamento globali a causa della continua strategia zero-Covid della Cina. In Europa, l’Italia (BBB+/Stabile) è tra le più vulnerabili, insieme alla Germania (AAA/Stabile)”. A differenza della Germania, l’Italia e i Paesi periferici dell’eurozona devono però fare i conti con un’altra minaccia più immediata: la risalita dei rendimenti e lo spread. Quello italiano, che misura il differenziale con il rendimento dei bund tedeschi, è ormai arrivato a quota 200 punti base. Un livello che non vedeva da maggio 2020, nel pieno della pandemia. Il Btp decennale italiano ha toccato un rendimento del 3,08%, correggendo ancora i massimi dal dicembre 2018. La pressione sui titoli di Stato è cresciuta di pari passo con il graduale uscire dal programma di acquisto Pepp (Pandemic emergency purchase programme) da 1850 miliardi che la Banca Centrale Europea ha annunciato nelle scorse settimane nel tentativo di contrastare la corsa dell’inflazione. Nel terzo trimestre di quest’anno tutti i piani di acquisti netti arriveranno a conclusione (sia il Pepp che il ‘vecchio’ App) aprendo così la strada al rialzo dei tassi e mettendo fine all’era dei tassi negativi. Ma che i tassi saranno rialzati è ormai assodato, gli operatori di mercato sono convinti che il primo rialzo potrebbe avvenire già a settembre, forse addirittura anche a luglio secondo il governatore finlandese Olli Rehn. Quando i tassi si alzano, il costo del denaro preso in prestito aumenta. Motivo per cui i primi a patirne gli effetti sono consumatori e imprese che pagheranno di più per ricevere credito dalle banche. Uno degli effetti conseguenti è quindi l’impatto sulla domanda: i risparmiatori sono indotti a ridurre le spese, a causa della perdita di potere d’acquisto dovuta ai prestiti più costosi. Molte aziende vedranno calare i loro ricavi, e indotte a loro volta a ridurre ancora di più la produzione, già minacciata dai costi delle materie prime e dell’energia e a tagliare i costi del personale. Tutto con l’obiettivo di riportare sotto controllo l’aumento dei prezzi. Una strategia che non sempre in passato ha funzionato e, soprattutto, che potrebbe non funzionare questa volta che la corsa dell’indice dei prezzi non è trainata tanto dall’inflazione di fondo quanto dall’energia e dalle strozzature dell’offerta nelle catene di fornitura. Guerra, inflazione e recessione, si scorge dopo la pandemia un altro ‘cigno nero’ all’orizzonte l’epicentro è l’Europa. Occorre subito “il cessate il fuoco” e un negoziato di Pace altrimenti sarà per molti un tragico irreparabile disastro… Putin è indifendibile. Ma i casi sono due: o si ha un “golpe” in Russia pronto a travolgerlo e la certezza che non finisca come quello del luglio 2016 contro Erdogan, che quest’anno festeggia anche lui il ventesimo anniversario al potere; oppure è con Putin che si deve parlare. Da posizioni di forza: l’unico linguaggio che Vladimir Vladimirovic capisca. Insomma, i canali di dialogo esistono. Usarli non significa tradire gli ucraini, ma aiutarli, e nello stesso tempo proteggere gli interessi europei. Perché è l’Europa a pagare il costo delle sanzioni, dell’aumento dei prezzi del gas e del grano, della crisi dei profughi, che ovviamente vanno accolti. È sull’Europa che incombe il rischio dell’escalation nucleare. È all’Unione europea che toccherà, se come tutti auspichiamo l’Ucraina entrerà a farne parte, finanziare la sua ricostruzione. Siccome tra alleati veri ci si dice la verità, queste cose a Biden e a Johnson vanno dette… e probabilmente il viaggio di Draghi a Washington il prossimo 10 maggio servirà anche a questo… con buona pace di Salvini e Conte e delle loro sole preoccupazioni elettorali…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuito

 

0

Aggiungi un commento