Italia: arriva Mandrake? No, Draghi. Una società squinternata e divisa alla ricerca disperata di stabilità…

Nonostante l’emergenza Covid e gli annessi e connessi sul piano economico e sociale, Matteo Renzi è andato avanti, sostenendo che i veri responsabili della crisi erano coloro che nella maggioranza del Conte 2 la volevano nascondere… A poco è servita l’illusione di una possibile tregua in extremis durata le ore dell’esplorazione di Fico sull’esistenza effettiva di una maggioranza di sostegno ad un Conte ter. Matteo Renzi l’ha dissolta l’altra sera… ribaltando il tavolo del falso confronto sui contenuti del Conte ter… che Renzi non ha mai veramente voluto. L’interesse, palese di Renzi, era da un lato quello di presentarsi ancora una volta come arbitro della maggioranza nonostante la mancanza di consenso di un elettorato della sua formazione politica, creatore e distruttore di governi… cacciatore dello scalpo del premier Conte come lo fu di quello di Enrico Letta. Dall’altro lato, l’interesse strategico, che Renzi mascherava (neppure poi tanto), era quello di rompere l’asse tra il Pd e i Cinquestelle, lasciando i due partiti nudi in una prospettiva elettorale (altro che alleanza strutturale) senza un quadro politico di riferimento comune. L’obiettivo della crisi era quindi rottamare Conte, spaccare i 5stelle, ridimensionare ulteriormente il Pd, aprire le contraddizioni in seno all’Opposizione… soprattutto in Forza Italia nel tentativo di richiamare il partito di Berlusconi o parte di esso al centro dello schieramento politico… ovviamente riprendendosi piena centralità e visibilità politica… Portando così Draghi al governo del Paese in occasione della gestione dei finanziamenti del Recovery Fund… e rendendo ancor più indefiniti i confini tra la destra e la sinistra del nostro schieramento politico. Renzi ha rotto tutto, perché voleva andare più a destra nel perenne tentativo di riaggregare il Centro. Non ha mai creduto nella coalizione di centrosinistra e nel progetto politico con il Movimento e il Partito democratico. Subito dopo la scissione dal Pd, se non fosse scoppiata la pandemia, avrebbe fatto cadere il governo un anno fa. Missione compiuta? Oggi Renzi intervistato da La Repubblica canta vittoria e si intesta un “capolavoro politico”. Ma è veramente così? A ben guardare, chi si vanta di aver vinto al ‘tirassegno’, oggi, non mette in conto lo scoperchiamento definitivo dell’impotenza totale della politica nostrana (certificata proprio dall’innaturalità della crisi, aperta mentre il Paese è assediato sul piano sanitario, economico, sociale), che alla fine comporta solo un ulteriore indebolimento della democrazia e degli equilibri istituzionali nel nostro Paese e ridà fiato al populismo… Crescono i contagi, i morti e il debito pubblico.  Aperta la crisi, bisognava affrontare i problemi lavorando per una soluzione, nell’interesse generale… invece continuando ad agire nel modo divisivo che gli è caratterialmente congeniale Renzi accentua il problema della corrispondenza tra formule politiche e realtà sociale del Paese. La sua caccia ai centristi non ha senso perché il centro non è più una gravità permanente tra gli italiani… L’Italia si governa al centro, diceva Ciriaco De Mita, che di quel centro fu padrone assoluto per circa un decennio. Ma era l’Italia degli anni Ottanta, prima del terremoto antipolitico di Tangentopoli, prima dell’eutanasia dei partiti nella Seconda repubblica. E, soprattutto, quando c’era un ceto medio, naturale piedistallo sociale di un centro politico, sangue e carne del moderatismo liberale. “Senza borghesia nessuna democrazia” preconizzava Barrington Moore Jr. (sociologo statunitense) più di mezzo secolo fa, ed è difficile dargli torto adesso, specie dalle nostre parti, dove il moderatismo è morto e anche la borghesia non si sente tanto bene da un bel po’ di tempo. Proprio il centro è assai nominato e ricercato nelle sue varie incarnazioni di questi giorni, si chiami Italia Viva, Centro democratico o Cambiamo, Più Europa, Azione o Unione di centro; sia fatto di politici di lungo periodo o costruttori o responsabili dell’ultima ora… oppure ancora di brunettiani e carfagnani, tentati dalla libera uscita da Forza Italia troppo schiacciata sulla destra di Meloni e Salvini. Un grande centro alla ricerca della stabilità perduta. Viviamo un tempo dove divario e diseguaglianza sono, diventate, parole chiave su cui lavorare se si immagina un Centro, o comunque un polo moderato, che esista in Parlamento come punto di equilibrio tra pulsioni e interessi contrapposti… Ma la stabilità non sta necessariamente nella composizione di un parlamento per via di un sistema elettorale – sul proporzionale poi qualche dubbio è più che lecito – anche se il maggioritario è tramontato definitivamente, ne è resuscitabile con la vocazione maggioritaria prima di Veltroni e oggi di Renzi, ma sta per l’appunto nella corrispondenza tra formule politiche e realtà sociali rappresentate. Così alla fine non avrà molto senso questa affannosa caccia ai centristi di oggi e di domani se il centro politico non corrisponderà alla condizione di vita tra gli italiani in carne e ossa. Come? Riformando e sbloccando il Paese senza soprattutto dimenticare chi è rimasto indietro negli ultimi vent’anni di questa corsa… che radicalizzeranno sempre più queste loro condizioni in una contrapposizione populista a destra come a sinistra… che non eviteranno al Paese il piano inclinato di campagne elettorali di nuovo inquinate da promesse iperboliche, a partire dalle elezioni locali per risalire a quelle regionali e politiche nazionali, che sono il sale del populismo, di destra e di sinistra, e il ‘cianuro’ del buon senso nell’esaltazione del senso comune… ancor più al tempo del Recovery Plan che rischia una suddivisione impari delle risorse a disposizione accentuando ulteriormente divario e diseguaglianza… la società italiana è così bloccata nella instabilità politica e sociale aggravata dalla pandemia  Covid-19… riuscirà Draghi che non è Mandrake… a ricomporre le fratture della nostra società, che proprio la politica ha di giorno in giorno contribuito nell’ultimo ventennio a rendere più profonde, eccettuando le diseguaglianze di reddito e di vita in generale tra categorie, le regioni e i territori? Se la politica non rappresenta la Società e solo fine a se stessa…

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