Quotidianamente registriamo la degenerazione della nostra politica… e in questi giorni con l’emergenza coronavirus misuriamo altresì per intero anche il dissesto istituzionale del nostro Paese. Ridotto ormai a “liti tra comari”. L’ esternazione di Conte sul livello di efficienza dell’ospedale di Codogno… comunicata sicuramente in un modo inopportuno, la conseguente reazione scomposta del governatore Fontana e dell’Assessore alla Sanità della Lombardia, le ulteriori uscite di Salvini, in un momento come questo, nonché l’ennesima richiesta di Renzi fanno veramente disperare. E dire che l’Italia davanti alle tragedie e alle crisi si è sempre dimostrata compatta. Non si fa in tempo a congratularsi per il buon atteggiamento delle istituzioni che capita un giorno, come l’altro ieri, in cui gli errori, le meschinerie, l’infantilismo ti fanno pensare che con questa classe dirigente l’Italia non ce la farà mai. Non penso alla ennesima dichiarazione di Salvini il solito brutto figuro che ha detto che la sinistra è contenta che i morti di coronavirus siano tutti al Nord. Veramente indecente. E sempre più mi sorprende come possa accadere che tanta gente possa prendere in considerazione la leadership di un uomo così cinico e pericoloso… Penso invece allo spettacolo orrendo cui accennavo il premier Giuseppe Conte criticare in modo non opportuno un ospedale lombardo in cui si combatte contro l’infezione. Penso alla reazione da ‘vaiassa’ del governatore lombardo Attilio Fontana. Penso anche a tutti quelli che credono di stare nel Paese di Pulcinella cioè a quei sindaci e governatori (vedi Marche) che vogliono farsi le leggi a modo loro… Questo mentre il virus incalza, gli scienziati seppur meno allarmati chiedono misure serie e il mondo fa a noi quello che la Lega avrebbe voluto fare al mondo, cioè chiudere le frontiere. Certo non tutti in questi momenti sanno stare in prima linea. Chi non ce la fa, si accomodi in panchina… e le ‘comari’ facciano un passo indietro… Chi ha buona memoria ricorda tanti momenti difficili ma anche i tanti momenti in cui l’Italia ha dimostrato di essere un Paese che sa affrontare le stagioni difficili. E questa vicenda del coronavirus già tanto problematica sul piano sanitario lo è diventata ancor più sul piano politico perché capace di mostrare in chiaro tutte le storture della nostra catena di comando e anche tutte le fragilità del nostro sistema istituzionale. Pur in presenza di buona volontà da parte di tutti i soggetti interessati e di un indubitabile spirito di abnegazione di tutti gli operatori delle realtà messe al lavoro, siano esse del comparto sicurezza o di quello della salute o della protezione civile. Cosa intendo?! A riguardo va evitato di essere vaghi e/o addirittura qualunquisti evidenziando chiaramente i tre difetti essenziali riscontrabili nella condotta sulla vicenda coronavirus, difetti imputabili (due) alle scelte del governo e (uno) all’architettura istituzionale della nostra Repubblica. I problemi generati dall’atteggiamento del governo sono presto detti e sono tutti legati al fatto che si è scelta per giorni (diciamo dallo scorso venerdì a due giorni fa) la linea della drammatizzazione a ogni costo, plasticamente evidente grazie alle ripetute riunioni straordinarie dell’esecutivo addirittura fuori dalla sua sede naturale (Palazzo Chigi), sostituita dal quartier generale della Protezione Civile. L’emergenza al livello di massima allerta è quindi diventata la “cifra” stilistica della situazione, contribuendo in modo clamoroso a incoraggiare i media (televisioni in primis) a riversare ore e ore di trasmissioni sul tema, con l’effetto di rovesciare tonnellate di ansia sugli spettatori a casa. A tutto ciò va aggiunto però un certo dilettantismo nel considerare gli effetti su scala internazionale, probabilmente dovuto alla scarsa esperienza in tal senso di quasi tutti i membri del governo. Già, perché mentre i nostri partner europei più importanti (ognuno con i suoi metodi, come per esempio i francesi che hanno tenuto molto basso il numero dei test effettuati sulla popolazione alla ricerca dei contagiati) si sforzavano di versare acqua sul fuoco, noi ci buttavamo benzina, con il risultato che oggi rischiamo seri provvedimenti a danno della comunità nazionale, con effetti potenzialmente devastanti sul lato economico. A riprova di questi errori c’è la palese volontà di cambiare rotta che lo stesso presidente Conte sta interpretando da ieri, dopo aver compreso che di emergenza in emergenza stavamo finendo dritto dentro un disastro nazionale in buona parte generato proprio dalla nostra classe dirigente. Infine, il tema della suddivisione dei poteri nella Repubblica, che chiama in causa l’organizzazione su base regionale del sistema sanitario. Ebbene va detto che non tutto sta andando per il verso giusto, come dimostrano le polemiche tra Regione Lombardia e Governo oppure i provvedimenti “solitari” di alcuni governatori contro il parere dell’esecutivo (Marche). Veniamo allora al punto centrale di tutta questa storia, che non può che essere di tipo politico. Al netto dello sforzo personale del tutto apprezzabile di molti ministri (Speranza in testa, ma anche De Micheli, Gualtieri, Lamorgese) il governo si dimostra fragile ed esposto non senza patemi anche a venti leggeri. È fragile perché poco in sintonia con il nord del Paese per evidenti ragioni (basta ricordare che tutti i governatori di quelle zone sono della Lega che conduce l’opposizione di centrodestra), è fragile perché il M5S vive una crisi profonda ed è privo di leader nazionale e persino incapace di decidere quando darsi una nuova guida, è fragile perché il Pd deve ancora decidere se il Conte bis è il suo governo o, semplicemente, un “governo amico”. In questo contesto a un certo punto (passata l’emergenza) si dovrà fare un bilancio, anche al Quirinale. E per ora tutto lascia pensare che sarà un bilancio in rosso. Con il risultato di aggravare ancor più la situazione generale del Paese già alquanto compromessa e avendo generato un vero e proprio panico sociale tra i cittadini… La nostra è una degenerazione politica, cominciata alla fine della prima repubblica ed esplosa con tangentopoli, è continuata nella seconda repubblica con il berlusconismo che l’ha trasformata in prodotto commerciale spettacolarizzandola, e non si è attenuata nella terza che al populismo ha aggiunto un uso pregiudicato dei social ed un linguaggio sopra le righe che ha generato una campagna di odio, violenza e intolleranza nel popolo del web e non solo. I nobili tentativi di Moro e Berlinguer di dare alla politica italiana un maggiore ancoraggio sociale con l’alternanza e un maggior risalto alla questione morale, pagato con il sacrificio delle loro vite. Ha visto dopo di loro la deriva diventando irreversibile e lo scadimento della politica è andato sempre di male in peggio. La prima repubblica, con la caduta del muro di Berlino, aveva posto fine ai partiti ideologizzati. Venne Berlusconi e la politica divenne un prodotto commerciale e oggetto di propaganda e di populismo. Al berlusconismo è seguito il renzismo, una sorta di populismo di sinistra, che ha cercato di istituzionalizzare l’individualismo del comando, facendo affondare, con la propria sconfitta, una necessaria rivalutazione della democrazia parlamentare ed una più corretta funzionalità dei partiti, costituzionalmente intesi come organi di progettualità dedicati alla soluzione dei problemi della gente e di una doverosa eticità delle Istituzioni… La personalizzazione dei partiti, il linguaggio della non verità, la propaganda continua, l’occupazione del potere, il sistema generale e offensivo delle nomine (dall’usciere ai Direttori generali e ai vertici degli Enti e delle aziende controllate), hanno generato nei cittadini un senso di profonda disistima dei politici e una diffusa intolleranza che il popolo delle sardine ha così plasticamente evidenziato portando in piazza centinaia di migliaia di persone. I politici non sono in grado di raccogliere questo avvertimento piegati, come sono, nella difesa corporativa dei propri interessi e dei gruppi che rappresentato… Il M5S aveva cavalcato l’antipolitica e l’anti-casta in nome della trasparenza e di colpo era diventato il primo partito, poi si è sciolto come neve al sole, vittima della propria ambiguità tra movimento e partito, e dell’inadeguatezza ed incapacità di governo credendo di poterlo fare solo con gli slogan. Nel frattempo sono cresciute, e notevolmente, le destre, perché, in barba a tutte le analisi e le esegesi politiche, hanno riscoperto – propagandandola al massimo – una sorte di nuova ideologia nel sovranismo e nel nazionalismo, riproponendo e difendendo i confini della nazione e la sua identità contro elementi esterni come l’Europa, l’euro, i migranti. Il quadro politico si è aggravato ed è peggiorato con il ritrovato attivismo (che a dire spregiudicato è riduttivo) di Renzi che, dopo la scissione dal PD – voleva punirlo per il “tradimento” nei suoi confronti riconquistando il suo elettorato e marginalizzandolo. Il bullo di Rignano ha infinita stima di sé stesso e scarsa considerazione degli altri, che considera tutti “bischeri” se, invece di accontentarsi di fare il portatore di palla che la forza politica e i sondaggi gli attribuiscono, pensa di avere il diritto a dare ancora le carte e non si rende conto che il suo tempo è definitivamente scaduto. Ora ce l’ha con Conte di cui teme la concorrenza per una eventuale sua discesa in campo a capo di una lista centrista alleata con il PD, che gli sconvolgerebbe tutti i suoi piani: La guerriglia è continua e la opposizione sulla prescrizione (spinta al punto di votare con le destre) è solo una tappa. Il sistema delle alleanze è messo a dura prova per le sue intemperanze e quelle di Di Maio e, purtroppo, condannano il Governo alla inattività. Prova ne è la lunga telenovela sulla prescrizione che, anche con gli ultimi accordi e le proposte del governo, sono troppo blande e non risolveranno il problema della riduzione dei tempi del processo. Purtroppo neanche il PD e lo stesso Conte parlano il linguaggio della verità preoccupati come sono a mantenere calma l’acqua dello stagno che, però, continua ad imputridire. Quanto a Renzi con il coronavirus si è detto finalmente da solo: “Stai tranquillo Matteo!” E altrettanto avrebbe dovuto fare Matteo Salvini, anziché continuare a dare spallate al Governo, strumentalizzando anche la salute pubblica… prima l’immigrazione, adesso il coronavirus… agitando sempre la chiusura totale delle frontiere sollecitando la sospensione del trattato di Schengen, quale surrogato di una pseudo Italexit… E ieri l’ennesima convergenza a modo loro dei due Mattei con la richiesta di un “Governissimo” tutti dentro ma soprattutto fuori Conte. Adesso anche basta!!! Ma che politica è questa? Francamente considero “pari a zero” le possibilità che nasca un Governo d’unità nazionale, “quando c’è un’emergenza non cambia il Governo, ma le opposizioni semmai assumono un atteggiamento più responsabile”. Altri pochi giorni così e ci sarà solo il tempo di chiedere al capo dello Stato di mandare tutti a casa e di prendersi la tremenda responsabilità di un governo che sia di sua emanazione, composto e guidato da qualche figura eccellente, ma che duri solo il tempo per portare il Paese (in pieno panico) al voto…
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