Italia: sempre peggio, dallo ‘scaricabarile’ tra Regioni e Governo, alle sommosse di piazza, ai contro lockdown, a chi vuole murare vivi gli anziani…

la triste verità è che #nesiamouscitipeggiori…

Si capisce che in questi giorni di contagi alle stelle, di caos disorganizzato a Palazzo Chigi e di ‘scaricabarile’ tra Regioni e Governo, anche solo parlare di come ne usciremo appare quanto meno prematuro… mentre di come ne siamo usciti, la prima volta, non ne parla ormai più nessuno… E veniamo a quanto sta succedendo in queste ore. Il Premier Conte ha annunciato un’Italia divisa in tre aree di rischio di contagio virus e conferma il no al lockdown. Nessuna clausura nazionale generalizzata (forse), ma da mercoledì misure differenziate per Regione a seconda del coefficiente di rischio calcolato sulla base dei parametri individuati dall’Istituto superiore di sanità (Iss). L’Italia viene così suddivisa quindi in tre aree di rischio, con tre diversi livelli di intervento in base all’indice di contagio Rt e ai livelli di occupazione dei posti letto negli ospedali. Quindi chiuderanno musei e mostre, tornerà la capienza al 50 per cento sui mezzi pubblici locali, il divieto di spostamento tra le regioni. In base al coefficiente calcolato sui 21 parametri dell’Istituto superiore di sanità, si avvierà – tramite ordinanza del ministro della Salute – un meccanismo automatico con un pacchetto di misure più restrittive per le aree più colpite. Su tutto ciò l’accordo con le Regioni non è stato ancora definitivamente raggiunto. E anche il Governo è ancora diviso sull’ora del coprifuoco… Secondo il report dell’Iss sui diversi scenari, l’intero Paese «è in via di transizione verso uno scenario di tipo 4 con particolare riferimento ad alcune regioni», lo scenario peggiore di diffusione del virus ha spiegato il premier. Ci sono «11 regioni e province autonome classificate a rischio elevato o molto elevato, e altre otto a rischio moderato con probabilità di passare a rischio alto nelle prossime settimane». E per quel che riguarda alla occupazione dei posti letto, ben 15 regioni potrebbero superare la soglia di criticità nelle prossime due settimane. La «strategia va quindi necessariamente ri-modulata in base alle differenti criticità rilevate nei territori», sulla base della circolazione del virus e della tenuta dei servizi sanitari, ha spiegato il presidente del Consiglio. «Sarà quindi necessario introdurre un regime differenziato a seconda dei diversi scenari regionali». Serve «cambiare strategia rispetto alla prima fase», ha detto Conte. «A marzo, in assenza di un piano operativo e sprovvisti di un sistema di monitoraggio così sofisticato, abbiamo emanato provvedimenti uniformi su tutto il territorio nazionale che ci hanno condotto a un lockdown generalizzato. Oggi, se riproponessimo un regime restrittivo indistinto e indifferenziato sul territorio nazionale», avremmo effetti più negativi». Un «sistema molto articolato che ci impone di intervenire in modo più mirato, di restringere le misure su base territoriale». Per cui, ha già anticipato Conte, «non ci dobbiamo meravigliare del fatto che si possano dosare restrizioni e allentamenti». Sembra ormai che ognuno di noi possa sopportare quel che accade, ma solo a condizione che il nostro vicino soffra almeno quanto noi se non di più. E forse è anche per questo che abbiamo fatto due mesi di lockdown nazionale, e probabilmente li rifaremo. Ciò nonostante le polemiche di questi giorni inducono a qualche riflessione anche a proposito di come, diciamo così, avremmo dovuto uscirne: dalle furiose sommosse anticristiane dei cinefili laici sui social network, mortalmente offesi dalla decisione governativa di lasciare aperte le chiese pur avendo appena chiuso i cinema, alla ricorrente proposta di murare vivi gli anziani – per quanto tempo non è chiaro: tre mesi e poi si vede? Fino all’arrivo del vaccino? Finché non ci viene un’idea migliore? – per consentire a tutti noialtri di continuare a uscire di casa, vivere e lavorare come prima. Non mi soffermo, sull’infelice tweet di Giovanni Toti, poi non meno maldestramente rettificato, a proposito dei tanti anziani deceduti per Covid che avrebbero potuto stare a casa, in quanto «non indispensabili allo sforzo produttivo del paese»; tanto meno lo faccio su quel che ha detto in Parlamento quello ‘sgangherato caballero’ di Claudio Borghi. A suo tempo autoproclamatosi ‘economista lombardo’ torna a far parlare di sé per un discorso senza capo né coda alla Camera in cui attacca il Presidente del Consiglio su una questione giuridica, sbagliando in maniera piuttosto grossolana. Strano che la Lega affidi a uno come lui il proprio messaggio, tanto più in un momento così delicato (se adottassimo lo stesso criterio, o anche uno molto più blando, limitandoci a rinchiudere solo i soggetti dannosi allo sforzo produttivo del paese, dovremmo mettere in isolamento interi partiti). Chiarissima l’inadeguatezza di Borghi che ormai va fuori traccia anche per un partito come la Lega… Degno di nota è piuttosto il brusco cambio di clima, dal desiderio di cantare l’inno nazionale dal balcone, “stringendoci a coorte” a questa disperata ricerca del capro espiatorio, di qualcuno su cui scaricare la colpa, il peso e i costi della pandemia. È come se la logica del «prima gli italiani» tipico dei sovranisti avesse contagiato tutti, trasformandosi di volta in volta in «prima i cinefili e gli amanti degli spettacoli di teatro, sportivi e quant’altro assimilabile», «prima i giovani, gli apericena, gli assembramenti da muretto e quant’altro di…», «prima i commercianti, i ristoratori, i barman e quant’altro di…», «dopo, rigorosamente dopo i pensionati». Una reazione forse comprensibile in chi ha già subito perdite enormi e ora rischia di perdere tutto, per non parlare di chi è rimasto senza lavoro sin dall’inizio, che però la reazione si estenda a macchia d’olio, persino in chi al massimo ha dovuto rinunciare alla piscina e al food stellato… pare veramente troppo e indigna profondamente. In fondo, è lo stesso triste spettacolo in corso tra Governo e Regioni. E forse è anche il vero motivo per cui, almeno fin qui, si è preferito imporre un lockdown nazionale durissimo a tutto il paese, pur di non scegliere e distinguere, assumendosene la responsabilità. Insomma, da Palazzo Chigi alle piazze di Roma, Napoli, Firenze e Milano, dai Presidenti di Regione agli intellettuali di Twitter, l’impressione, spiace dirlo, è che #nesiamouscitipeggiori. E forse è anche per questo che ci siamo già rientrati…

E’ sempre tempo di Coaching!

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una sessione di coaching gratuito

0

Aggiungi un commento