L’astensionismo giovanile è legato anche a passioni “diverse”

In questi giorni mi è capitato di leggere diversi articoli sulla probabile grande astensione dei giovani alle prossime elezioni.

Qualcuno evidenzia che la colpa principale è dei partiti, con impegni per l’elettorato sotto ai 30 anni relegati ai margini dei programmi elettorali  – perché i giovani, in Italia, ormai costituiscono una minoranza dei votanti. Ma di temi che potrebbero stimolare i giovani alla partecipazione politica ce ne sarebbero molti. Da quelli generali, legati all’economia e all’ambiente, a quelli specifici per la loro fascia di età, come la disoccupazione giovanile, il diritto allo studio o lo squilibrio tra generazioni che vede l’Italia al penultimo posto in Europa. In molti  accusano semplicemente i giovani di un sempre più crescente individualismo. Altri sostengono che sia la politica a non essere più attrattiva, in quanto affronta sfide troppo complesse priva d’ideologie (e idee) forti e allo stesso tempo, nei paesi più avanzati, è priva di problemi significativi per la vita di tutti i giorni da risolvere. Più di un sondaggio  fotografa un clima di sfiducia nel futuro, soprattutto da parte dei Millenials che hanno tra i 15 e i 35 anni. Secondo Ilvo Diamanti, autore di uno  studio sull’argomento: “…i risultati dimostrano che viviamo in un’epoca di “passioni tiepide”, disincantate. Con un sempre maggiore allontanamento dalla fede religiosa e dall’impegno politico”. Sicuramente gli ultimi anni hanno messo a dura prova, soprattutto in Italia, chi era alla ricerca di un senso, di progettualità e di modelli di riferimento. Sicuramente i social media hanno contribuito a indebolire relazioni e movimenti, creando condizioni di “affollata solitudine” come direbbe Bauman. Però diversi segnali  sembrano suggerire che, più che passioni “tiepide”, i giovani oggi abbiano in parte dirottato le loro energie e il loro desiderio di cambiare il mondo in altre direzioni. Verso passioni “diverse” da quelle delle generazioni precedenti. Fede e la politica non sono per niente scomparse dall’orizzonte delle nuove generazioni. Per esempio molti giovani si sono mobilitati per la recenti visite del papa in Italia e all’estero oppure hanno sostenuto con passione Jeremy Corbyn nel Regno Unito  e  Bernie Sanders negli Usa alle elezioni presidenziali poi vinte da Tramp. Come numerosi sono i giovani che militano in vari movimenti fi nuova formazione in Spagna e in Grecia… ma anche in Italia. Molti studenti guardano oggi con entusiasmo ai progetti di cooperazione internazionale, ai progetti di sostenibilità e corporate social responsibility delle imprese, all’innovazione sociale. Molti giovani si adoperano per sensibilizzare e informare imprese e cittadini su questi temi. Molti desiderano fare tesi, internship e progetti su questi argomenti, vogliono continuare a lavorare (concretamente) su questi temi e contribuire a creare un mondo più etico e sostenibile. Un mondo che dia a tutti le stesse opportunità e sappia premiare il merito e l’innovazione. Ci credono al punto di accettare di andare all’estero, di ricevere stipendi più bassi in organizzazioni più etiche o no-profit e accettando il rischio di iniziare proprie iniziative imprenditoriali. Un gran numero di giovani non aspira al posto fisso, ma ad attività professionali gratificanti e a diventare imprenditore, a creare start-up innovative. Start-up sostenibili, tecnologiche, sociali, culturali, ibride, cooperative o combinazioni di questi elementi. Imprese in grado di crescere e di avere un impatto positivo significativo sul mondo intero, senza fermarsi a guardare i limiti e i confini del nostro paese. Molti giovani trovano limitate le possibilità di azione della politica nazionale e ovviamente ancora di più le politiche regionali e locali. Un gran numero di giovani si sente europeo o cittadino del mondo e si impegna per politiche d’inclusione e apertura, per i 17 obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite (SDGs), e in generale per movimenti più globali che nazionali, movimenti che trascendono la politica con la p minuscola e specifici credo religiosi. Sono movimenti ancora piccoli in termini numerici, ma in crescita, e possono essere visti collegati a fenomeni nuovi quali l’investimento etico e a impatto sociale, l’imprenditorialità sociale e ibrida, e l’innovazione sociale. Le nuove iniziative su questi temi delle fondazioni ex-bancarie, la nascita di fondi dedicati, l’emergere d’incubatori/acceleratori sociali e l’arrivo in Italia dell’agenzia Britannica  Nesta sono solo alcuni esempi della vitalità di queste nuove iniziative e dell’attenzione che ricevono da parte dei giovani (e di alcuni “meno-giovani”). Questi nuovi settori e temi possono essere oggetto di politiche di sviluppo e investimento innovative, interessate contemporaneamente ai giovani e ad uno sviluppo più equo e sostenibile. Sicuramente ci sono tante situazioni di difficoltà, di precariato, di estraniamento da affrontare con politiche più tradizionali e generali, e sicuramente servono anche altre politiche innovative come per esempio una rimodulazione della tassazione in funzione dell’età. Ma il problema non sono i giovani. Non sono i giovani di oggi a essere intrinsecamente diversi da quelli del ’68 o di altre generazioni. Sono le condizioni, gli esempi e i progetti che gli vengono proposti a esserlo. Per dare un futuro positivo a questo paese sarebbe utile che la politica desse un presente di opportunità concrete ai giovani, riconoscendo che sono cambiate le tecnologie, le modalità di interazione, la centralità della politica, i sistemi di welfare e le relazioni di lavoro… e sono cambiate anche le passioni dei giovani…

“E’ sempre tempo di Coaching!”

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