Renzi: “Pensano di essersi liberati di me, ma hanno sbagliato. Andrò in scuole e tv”. Lo dice come sempre con un tono strillato e arrogante tanto da apparire minaccioso… Rieccolo il senatore semplice di Firenze e Scandicci che annuncia il suo ritorno almeno quello mediatico: “Non vivo nell’ansia di tornare da qualche parte ma vivo nell’ansia di non lasciare la politica a chi crede che sia un prolungamento di Facebook”. E’ noto che per quanto riguarda la comunicazione via web il nostro uomo preferiva di gran lunga Twitter. Poi attacca il governo: “Toninelli un bugiardo. M5s cambia idea sull’Ilva e ora deve fuggire da Taranto. Salvini scommette sulla paura”. E pensare che all’esordio da senatore semplice aveva promesso che sarebbe stato in silenzio per due anni. Poi aveva annunciato che sarebbe stato fuori dal giro per qualche mese. Poi all’assemblea del PD di Luglio aveva parlato addirittura prima dell’eleggendo segretario Maurizio Martina, le sue dimissioni risultavano così ufficiali e definitive e salutava il partito con un attacco frontale a Gentiloni indicandolo col suo governo, responsabile della sconfitta elettorale del 4 marzo. E alle minoranze “rumoreggianti”, dopo essersi per l’ennesima volta auto-assolto da qualsiasi responsabilità per il tracollo elettorale del partito, aveva dato appuntamento al congresso sfidandole e dicendo loro “…perderete di nuovo!“ Poi con Martina neo segretario impegnato a portare quel che resta del PD al congresso… forse per far finta di dare una mano, s’era assentato per qualche tempo girando per il Mondo, impegnato in conferenze internazionali (sembra che all’estero lo prendano ancora sul serio?!). E anche, s’era impegnato in una “nuova attività” come commentatore televisivo per realizzare qualche puntata sulle reti Mediaset (o Netflix?) sulla “Grande Bellezza” …di Firenze. Quasi fosse un novello Sorrentino. E comunque visto che per lui non vale il detto: “si può perdere il pelo ma non il vizio” …tanto che li conserva entrambi – sia il pelo sullo stomaco che il vizio di strafare – ci sono state anche, un paio di interviste giornalistiche e altrettante comparsate televisive così da non farsi scordare dall’elettorato del PD e continuare a rendersi inviso a gran parte dello stesso. Nei giorni scorsi, sarà l’aria di casa, dal palco della Festa dell’Unità a Firenze, ma poi anche a Milano l’ha detto chiaro e tondo: “Andrò nelle scuole, in tv. Pensano di essersi liberati di me, ma hanno sbagliato”. Matteo Renzi fa così il suo ritorno sulla scena politica nazionale. Spiega che sarà presente, ancora di più: “in questi mesi Lega e Cinque stelle hanno raccontato un sacco di bugie e quando arriveranno i nodi al pettine noi (lui e i renziani) ci saremo. Il tempo si sa è galantuomo”. Poi un affondo su Beppe Grillo “Non prendiamo lezioni da lui, noto evasore fiscale“. Ma il suo sguardo o meglio il suo ragionamento è rivolto soprattutto ai prossimi mesi del PD in previsione del congresso: “Chi vince deve sapere di avere tutto il partito con sé. Perché per due volte a me nel partito hanno fatto la guerra e sono stato colpito dal fuoco amico. Quando il segretario Martina darà avvio al processo congressuale si inizia e poi chi vince, vince, chi perde dà una mano. Altro che correnti nel partito facciamo tutti l’opposizione“. Anche a Milano ottiene applausi. E in effetti il ritorno sulla scena di Matteo Renzi non potrebbe essere più esplicito. I toni sono sempre durissimi. Parla di un governo di “cialtroni”. E sulla Lega dice: “Hanno rubato”. E ancora sul partito: “Dopo mesi, il PD deve smettere di fare analisi e iniziare a fare opposizione dura e forte contro questo governo”. Poi l’affondo da ex segretario. “Bisogna avere la forza di dire che con la personalizzazione siamo arrivati al 41%, con la spersonalizzazione al 19%”. E qui la frecciata chiaramente è tutta per gli avversari interni. E quindi altre invettive contro il governo M5s-Lega. Contro Danilo Toninelli che “è un bugiardo e un ministro bugiardo deve dimettersi“. Il pretesto sarebbero le pressioni sul caso Autostrade denunciate dal ministro delle Infrastrutture: “La mail di Aiscat risale a gennaio 2018, ma il ponte è crollato ad agosto”. Un altro “colpetto” al presidente del Consiglio “Chi è l’avvocato di Aiscat? Giuseppe Conte. Conte non è l’avvocato del popolo, ma l’avvocato delle concessionarie autostradali” e poi attacca Luigi Di Maio sulla chiusura della trattativa dell’Ilva e il via libera ad Arcelor Mittal: “Ci hanno detto che noi facevamo del male ai bambini di Taranto, e i 5 Stelle hanno detto che avrebbero chiuso l’impianto poi sappiamo cosa hanno fatto: sono stati costretti a fuggire dalla manifestazione di Taranto. Nelle rivoluzioni chi parte giacobino finisce per finire sul patibolo”. L’ex presidente del Consiglio e ex Segretario PD non risparmia critiche anche a Matteo Salvini: “L’immigrazione è diventato l’unico problema, nessuno parla più di Flat tax, della Fornero, reddito di cittadinanza non pervenuto”. Accusa il senatore di Rignano, “con una scommessa sulla paura hanno fatto credere di poter governare l’Italia, hanno preso 150 poveretti in una nave della Guardia costiera e l’hanno bloccata, dicendo che così bloccano l’immigrazione”. Poi è tornato a ironizzare sulla vignetta con il capo del Viminale ed Emmanuel Macron, pubblicata sulla copertina di The Spectator, dove il leader della Lega è ritratto come un troglodita: “Questa è l’immagine che stiamo dando dell’Italia nel mondo: ‘Wilma, passami la clava”. Cavolo che grinta! Veri comizi da capo partito. Il primo a Firenze fatto in contemporanea quasi fosse una contro programmazione con quello di Martina a Ravenna alla chiusura della Festa dell’Unità nazionale … e poi quello di Milano l’altro ieri… così da segnalare al mondo politico, ce ne fosse ancora bisogno, che il PD… è unito in una pseudo-opposizione verbale dalle comuni invettive sul governo ‘verdegiallo’. Ma alquanto disunito ancora una volta al suo interno. Senza una linea politica vera e alternativa… disunito sulle stesse sue prospettive politiche e la natura della rappresentanza del Partito Democratico. Ci siamo dunque. Renzi, contraddicendosi ancora una volta, sta organizzando strutturalmente la sua corrente per fermare Zingaretti e potrebbe addirittura puntare al rinvio del congresso, vista la situazione emergenziale politica e economica del paese. Terminate le kermesse delle Feste dell’Unità di fine estate nel Pd, si entra quindi nel vivo del dibattito su chi scenderà in campo per la prossima segretaria e quale sarà la data effettiva del congresso. Renzi e i renziani non hanno ancora un nome da opporre per l’appunto a Nicola Zingaretti, l’unico candidato ufficiale oggi in campo. Negli ultimi giorni è circolata l’ipotesi dell’ex viceministro Teresa Bellanova, sponsorizzata anche da Maria Elena Boschi. Ma la partita è ancora lunghissima. Per ora la corrente renziana prova a riorganizzarsi e strutturarsi con un incontro prima dell’appuntamento della Leopolda del 20 ottobre una data che appare troppo in là. Quindi i renziani terranno un incontro prima della Leopolda il 21 e 22 settembre, a Salsomaggiore. Che significa? Da tutto ciò traspare la tentazione (mai realmente accantonata) dell’ex segretario di ricandidarsi alla guida dei Dem. Quindi un cambio di programma. Si anticipa di un mese: il 21 (san Matteo) e 22 settembre per non lasciare campo libero a Zingaretti. Non più Firenze ma Salsomaggiore. Non più il lavoro instancabile dei fedelissimi parlamentari twittatori, ma la costruzione di una vera rete sul territorio, giocata sul ceto politico locale, quello con i voti e le tessere. È già tardi per cercare di orientare l’esito del congresso. Bisogna accelerare. La Leopolda rischia di essere troppo lontana nel tempo. Eppoi va verificata subito nei numeri, nei consensi, la possibilità di tenersi aperta la porta, per un possibile ritorno di Matteo Renzi. Una sua “nuova” corsa alla segreteria. A Salsomaggiore, naturalmente lui ci sarà. E ci saranno i parlamentari che rappresentano già la sua maggioranza alla Camera e al Senato. Ma che probabilmente non sono più sufficienti per una maggioranza piena nel partito. Vanno quindi invece coltivati sul territorio, tutti quei dirigenti che con i loro pacchetti di voti possono determinare il risultato della consultazione congressuale fra gli iscritti e se si faranno nelle primarie aperte. A guidare la corrente saranno oltre al renziano che più di altri ha fatto il lavoro di raccordo in questi anni: Luca Lotti. che sarà affiancato da Antonello Giacomelli e Ettore Rosato. Un contributo diretto arriverà probabilmente anche da Maria Elena Boschi. Che cosa dire… pensare? Se non constatare che continua “l’Opa ostile” dell’ex segretario… nei confronti della sinistra, per la trasformazione definitiva del PD nel Partito di Renzi. Un’operazione di potere personale per rimanere a tutti i costi sulla scena politica, continuando a rifiutare le ragioni vere delle débâcle elettorali. Almeno quelle che più spesso vengono addotte: “Abbiamo perso il contatto con il popolo, con la parte più debole della società“. Una militante interpellata alla festa nazionale del Pd a Ravenna spiega così la disfatta elettorale, dalla quale il partito non sembra essersi ancora ripreso. Come lei la pensano molti altri. “Non sarà facile il rilancio, dobbiamo tornare in mezzo alla gente con nuove idee e nuovi dirigenti“. Tra iscritti ed elettori prevale il disorientamento. C’è chi confida nell’avvento di Zingaretti e chi crede ancora in Renzi.. Ma – obiettano ormai in molti – non è questione del leader ma di linea politica”. Pochi si fanno illusioni in vista delle prossime scadenze elettorali. Più d’uno è perfino incerto se continuare a votare Pd. Ma non manca chi si dice convinto che lo spazio politico per ripartire ci sia, “purché si azzeri tutto, compreso il nome e il simbolo“. Quindi altro che uniti e “rinnovati” e tutti quanti protesi a recuperare il consenso di chi li ha lasciati e ha portato il suo voto altrove. O di quant’altri da tempo non si recano più alle urne. Altro che lavorare unitariamente per una “rifondazione” delle ragioni ideali e politiche del PD per consolidare la fiducia di coloro che ancora lo votato e per recuperarla da coloro che se ne sono andati altrove o si sono astenuti. Così andando avanti c’è chi dice ormai chiaramente che il PD è prossimo a “scomparire” dal panorama presente e futuro della politica italiana e Europea. In breve, continuano ad esserci due PD. Quello di Martina & C., e parrebbe dello stesso Zingaretti, che vorrebbero un nuovo partito rinnovato nei contenuti e rinnovato nelle forme della sua rappresentanza con un ritorno tra la gente e con la centralità dei problemi del lavoro, dell’ambiente, del welfare, dell’integrazione. E quello di Renzi & C. che continuano a pensarsi come l’ombelico della politica italiana e vogliono (soprattutto lo vuole Renzi) un partito costruito sulla leadership di un Capo unico, indiscusso e indiscutibile… con lo sguardo rivolto ad un modello elitario di partito in puro stile “macroniano”. “Pensano di essersi liberati di me, si sbagliano”. Non vi sembra che tra i due Matteo della politica italiana, ci siano meno differenze di quel che l’uno dell’altro reciprocamente pensano. La partita del congresso si fa quindi molto delicata. Per i renziani, padroni del partito per cinque anni c’è una questione di posti, ma anche di linea politica. Per questo va bene la Leopolda per “la prova del nove” della strategia renziana, ma poi ci vuole una corrente organizzata e strutturata che mantenga la barra del partito in linea con le volontà del capo. Intanto tra la base sempre più disorientata e rimasta attonita tra le macerie del fu partito democratico, c’è chi parafrasando Battisti dice a Renzi: “ancora tu… ma non dovevamo vederci più?”
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