Politica: continua il caos gialloverde. Draghi va da Biden a dire che l’Europa e l’Italia sono contro Putin ‘senza se e senza ma’. Fallisce il tentativo di Conte e Salvini di buttarla in caciara… Gli occhi dell’Europa guardano al viaggio di Draghi con interesse e anche qualche apprensione, il momento è veramente difficilissimo…

Cinquestelle e Lega cercano di indebolire la posizione del presidente del Consiglio in vista del bilaterale a Washington di domani, ma non vanno da nessuna parte… Nel gioco delle parti tra Giuseppe Conte e Matteo Salvini c’è una curiosa inversione dei ruoli, il primo fa il cattivo e il secondo il buono, mentre l’avvocato intima il capo leghista suggerisce, ma alla fine il tutto è una tenaglia di gomma che non impensierisce più di tanto il Presidente del Consiglio. Che cosa possono fare i gialloverdi? Portare il governo a riferire in Parlamento? Esigere un voto sull’invio di armi pesanti? E in questo caso che farebbero, voterebbero contro? Non scherziamo. Nemmeno i più scapestrati possono pensare che ciò che oggi serve al Paese sia una bella crisi di governo, ipotesi peraltro vista con terrore dai peones grillini; dunque, diciamo che è tutto protagonismo da pre-campagna elettorale: anche se la guerra all’Ucraina non c’entra molto con le elezioni comunali che si terranno a giugno, ma i capi gialloverdi pensano lo stesso che una visibilità sul terreno pacifista, anti-Nato e contro le armi possa fruttare qualche ‘voterello’ in più. Di certo il tam tam Conte-Salvini si nutre di qualunque polemica come quella sulle dichiarazioni poi precisate del Ministro della Difesa Lorenzo Guerini sulla neutralizzazione di postazioni russe, polemica destinata a rientrare rapidamente. Ma dal punto di vista generale è un fatto che a Washington il presidente del Consiglio andrà senza aver verificato se sulla politica estera esista ancora una maggioranza e quanto ampia. Non che gli americani temano un’improvvisa crisi a Roma e tuttavia forse sarebbe stato meglio per Draghi, presentarsi in Parlamento per sfidare Movimento 5 stelle e Lega e ricompattare la maggioranza. A ogni modo, questa verifica ci sarà in un futuro ravvicinato – il 19 maggio è già previsto un question-time – ma ormai certamente dopo l’incontro con Joe Biden di martedì prossimo a Washington sul quale il Draghi è concentrato. Ieri Salvini ha invitato il presidente del Consiglio a fare in modo da «portare Biden a toni più morbidi», una frase piuttosto banale. In realtà Draghi non andrà alla Casa Bianca con intenti pedagogici, anche perché il Presidente degli Stati Uniti non è esattamente l’ultimo arrivato che ha bisogno di consigli così spicci. Piuttosto, nel loro primo bilaterale, Draghi e Biden dovranno affrontare temi strategici (a giugno ci saranno il G7 e il vertice della Nato) e questioni più pratiche, come ad esempio il prezzo del gas americano che giungerà nel nostro Paese, e ovviamente fare il punto sul conflitto scatenato da Vladimir Putin che potrebbe essere entrato in una fase diversa dopo l’apertura di  di Zelensky riguardo alla possibile rinuncia di Kiev alla Crimea, una mossa importante non solo nel merito ma soprattutto perché allusiva di una possibile, parziale apertura di un confronto, a cui peraltro Mosca continua a opporsi. Vedremo cosa succederà nelle prossime ore, ma intanto l’Italia non intende arretrare di un millimetro dagli impegni presi, a partire dalla questione delle armi. Gli Stati Uniti sanno benissimo che il nostro Paese sta pienamente dentro la battaglia delle democrazie contro la Russia e non ha bisogno di conferme su questo punto quanto di capire meglio il rapporto strategico generale tra Usa e Europa, che è poi uno dei temi portanti del discorso di Draghi a Strasburgo dove disse che «una Europa forte è una Nato forte». L’Italia – questo il senso del messaggio del presidente del Consiglio italiano al presidente americano – non è l’anello debole dell’Occidente: l’idea di Draghi di una Conferenza degli alleati per definire il concetto di difesa europea nel rapporto con la Nato verrà illustrata al capo della Casa Bianca. Sullo sfondo, c’è chi non esclude che proprio Mario Draghi potrebbe assumere un ruolo centrale in una successiva fase del conflitto magari dopo la conclusione del semestre di presidenza francese. Draghi resta una carta forte dell’Occidente, Conte o non Conte. E gli americani lo sanno… Quella di Washington per Draghi è una missione europea. Infatti, è diventato fondamentale per l’Europa capire quelle che sono le linee rosse di Biden. Il nostro premier è un asse portante delle sanzioni economiche e sul gas russo servirà che gli USA comprendano la nostra realpolitik… E Putin? L’impressione è che il Donbass sia diventata un’enorme grana per Mosca… Brevemente: Cosa porta Draghi a Washington? Porta un’Italia che si è schierata nettamente con l’America di fronte alla guerra russa e che sta armando in maniera non secondaria la resistenza ucraina. Qual è quindi la vera missione del premier? Vorrà sondare cosa ha in mente Biden per l’immediato futuro e fino a che punto ci sono margini di trattativa per le sanzioni energetiche. Gli americani vogliono tagliare una volta per tutte il nesso di dipendenza dal gas russo, un piano che suscita più di qualche remora in Europa, non solo in Italia. La ricerca di vie energetiche alternative nel Mediterraneo dà all’Italia un ruolo da protagonista. La verità è che non sono vie immediate, ci vorranno diversi anni. Nel breve periodo non si può sostituire del tutto il gas russo. Lo dice anzitutto la Germania, offrendo all’Italia un cuscinetto politico non indifferente. Il gas da sud non basta! Ad oggi ci sono molte incognite. Parliamo di accordi di principio, peraltro con Paesi politicamente instabili. Una via praticabile nel medio periodo è quella del gas naturale liquefatto, ma servono i rigassificatori e in Italia la burocrazia non aiuta a preparare la transizione. Il fattore Draghi conta nel pressing economico contro Mosca? Sì, Draghi ha già contribuito alle sanzioni contro la banca centrale russa. Finora le più dolorose per il regime, che cerca di uscirne imponendo il pagamento del gas in rubli. Mentre il premier sarà a Washington, in Italia la bolla politica e mediatica si divide sulla guerra. Questa ambiguità pesa sulla credibilità del nostro Paese? È sicuramente un problema per la coerenza dell’azione governativa, ma agli americani interessa relativamente poco. Draghi ha una missione prioritaria: capire quali sono per Biden le condizioni per aprire velocemente una trattativa che porti al cessate-il-fuoco e alla sospensione di una guerra ormai destinata a durare a lungo e che rischia di allargarsi. Cosa che può succedere anche al di là della volontà americana. L’auspicio di Draghi e l’intesa con Macron è per un:  “Cessate il fuoco e parli la diplomazia”. L’ex Presidente Bce a Strasburgo pochi giorni fa ha rilanciato una nuova Ue. Il nostro premier è intervenuto con un discorso di 50 minuti al Parlamento europeo evocando un “federalismo pragmatico”. “Rivedere con coraggio i Trattati. E dicendo che la guerra russo-ucraina mette a rischio l’unità Ue e che dobbiamo difenderla”. E Poi i dossier chiave: allargamento, difesa comune, indipendenza energetica e gestione dei migranti. Quando il Segretario della Difesa Austin afferma che l’obiettivo è indebolire la Russia non è chiaro dove sia la linea rossa e se Washington ha mai messo in conto veramente un cambio di regime, che in Russia corrisponde a un cambio di Stato. Non c’è dubbio che L’Europa a differenza di Usa e Regno Unito, per via della vicinanza geografica al conflitto e per l’interscambio commerciale con la Russia, abbia già maturato la convinzione che: “l’unico modo per fermare le atrocità della guerra russo-ucraina è trovare una soluzione negoziale”. Infatti, per noi europei una guerra che si sovrappone a una recessione economica molto severa (dovuta alla pandemia) non può che avere conseguenze catastrofiche”. Nel confermare la sua fedeltà atlantica, l’Europa deve senza incertezze evidenziare a Biden queste sue ragioni. La Casa Bianca dovrà quindi tenere conto dei difficili equilibri politici europei, così  come gli europei devono avere chiare le pulsioni della politica estera americana: se la guerra in Ucraina apre lo scenario di una nuova guerra fredda con la Russia, la coesione e tenuta dei fronti interni occidentali saranno infatti un fattore decisivo. L’Europa confermando di essere un alleato leale, deve respingere l’idea che ancora caratterizza i rapporti di USA e Regno Unito con l’Europa Unita che viene considerata un alleato di serie B. L’Europa è adulta. Questa guerra è in Europa e l’Europa deve fermarla! Intanto Putin prepara la parata del 9 maggio. Cosa c’è da festeggiare? Cercherà di presentare come una vittoria l’avanzata nel Donbass ma è un bottino assai magro. I russi controllano l’autostrada, da Mosca si può arrivare in Crimea. Al lato della carreggiata però non hanno il controllo. E c’è un altro fattore da tenere in conto. Non vorremmo essere nei panni dello Stato che dovrà occuparsi del Donbass. Un tempo fiore all’occhiello dell’industria sovietica, oggi è una regione arrugginita e devastata dai bombardamenti che hanno compromesso la macchina industriale. Gestirla richiede investimenti enormi, c’è da dubitare che sia l’Ucraina che la Russia possano farsene garanti…

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