Innanzi tutto, va detto che: “nessuna proposta di presidenzialismo merita di essere discussa se non è accompagnata dalla indicazione del sistema elettorale con il quale verrà eletto il Parlamento”. Infatti, a ben guardare al momento tutte le proposte restano vaghe e appaiono come terribili scorciatoie miranti ad accrescere il potere del Presidente della Repubblica/Capo del governo. Quindi cos’è il presidenzialismo? “Per lo più i suoi imperterriti proponenti non sanno di cosa parlano. Comunque, non dicono che cosa vogliono tranne un punto: l’elezione popolare diretta del Presidente della Repubblica, che, sia subito chiaro, non è l’elezione del governo, ma, nel migliore dei casi, del capo del governo. Se l’esempio sono gli Usa, allora non è neppure vero che si tratta di elezione popolare diretta, fra il voto degli elettori e il presidente si frappongono i Grandi Elettori. Può succedere quindi che chi vince il voto popolare non conquisti la presidenza: il democratico Al Gore nel 2000 ebbe 500 mila voti in più di George W. Bush; nel 2016 Hillary Clinton ottenne 3 milioni di voti in più rispetto a Trump. Succede anche che il presidente eletto non abbia la maggioranza del suo partito in una o in entrambe le camere del Congresso: governo diviso (non solo “anatra zoppa”). Nella nomina dei suoi ministri (segretari), dunque, nient’affatto eletti/legittimati dal voto popolare, il presidente Usa deve sempre tenere conto delle preferenze dei senatori che possono confermarli o respingerli. Giorgia Meloni sembra essersi espressa per il semipresidenzialismo francese, presidente eletto con il 50 per cento più uno oppure dopo un ballottaggio. Se il partito del presidente oppure la sua coalizione hanno la maggioranza assoluta nell’Assemblea Nazionale, il presidente nomina il primo ministro e i ministri, non tutti parlamentari quindi non eletti dal popolo. Se nell’Assemblea nazionale esiste una maggioranza diversa da quella presidenziale, il presidente dovrà accettare come primo ministro colui/colei indicato/a da quella maggioranza e i ministri da loro prescelti. È la situazione nota come coabitazione nella quale chi governa è il primo ministro sicuramente non eletto da popolo. In entrambi i “presidenzialismi”, l’uomo/la donna sola al comando potrebbe essere costretto a fare i conti con Congresso/Parlamento. Sono sicuramente stabili, ma politicamente possono risultare deboli e inefficaci. Lascio da parte qualsiasi discussione sui freni e contrappesi, molto differenti fra Usa e V Repubblica francese, ma segnalo che nessuna proposta di presidenzialismo merita di essere discussa se non è debitamente accompagnata dalla indicazione del sistema elettorale con il quale verrà eletto il Parlamento. Al momento, ma non da oggi, tutte le vaghe e confuse proposte “presidenzialiste” che sono state avanzate (formulate sarebbe un complimento immeritato) appaiono come terribili scorciatoie miranti ad attribuire e accrescere il potere decisionale del Presidente della Repubblica/Capo del governo. Finirebbero fuori strada lasciando pesanti macerie istituzionali”. Fin qui, le precisazioni del Prof. Gianfranco Pasquino Professore Emerito di Scienza Politica. Ma sul presidenzialismo, le polemiche politiche sono fiorite anche in ragione di gaffe (forse volute), come quella fatta da Berlusconi qualche settimana fa… riassumendo i fatti: una volta approvata la riforma presidenzialista, Mattarella sarebbe obbligato a dimettersi? Così sembrava suggerire Berlusconi nella sua esternazione su un domani caratterizzato dal presidenzialismo della nostra Repubblica. La risposta dice che non è necessariamente così anche perché la riforma potrebbe contenere la clausola che la sua applicabilità inizierebbe al termine del mandato di Mattarella. Ciò detto, da un lato, sono convinto che per ammirevole sensibilità costituzionale, Mattarella annuncerebbe le sue irrevocabili dimissioni un minuto dopo l’approvazione della riforma. Dall’altro, credo che chi fra i sedicenti riformatori presidenzialisti pone il problema del mandare a casa Mattarella segnali di essere personaggio costituzionalmente incolto e screanzato nei confronti del quale è doveroso avere il massimo di diffidenza…
P.S. Dal punto di vista istituzionale e politico, il più forte e autorevole capo di governo al mondo è stato il Primo Ministro inglese, Margaret Thatcher (1979-1990) e poi Tony Blair (1997-2007). Eletti in un collegio uninominale, ma leader del partito che ha conquistato la maggioranza assoluta in Parlamento, i Primi ministri del Regno Unito godono di un potere decisionale senza paragoni.
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