Politica: di bozza in bozza. La manovra cambia ancora e per il fisco i ricchi non si toccano…

La Lega di Salvini chiede di eliminare Quota 104 sulle pensioni, Forza Italia si oppone all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi. Palazzo Chigi esclude i prelievi diretti sui conti degli evasori. Ancora non è arrivata in Parlamento, ma sulla manovra si sta scannando il centrodestra, cioè chi l’ha scritta. Il Consiglio dei ministri l’ha varata il 16 ottobre, da allora si litiga. È stato il leader leghista Matteo Salvini a cercare di riaprire la discussione, chiedendo di eliminare la cosiddetta Quota 104 sulle pensioni (che innalza di un anno l’età a cui si può smettere di lavorare). Da lì in poi, è partita la lista dei desideri degli alleati, come racconta il Corriere. Forza Italia, tramite il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani si oppone all’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi, dal ventuno al ventisei per cento. Ritocca al Carroccio, che strepita contro la norma per pignorare i conti correnti agli evasori, poi esclusa dalla stessa Giorgia Meloni. Sono arrivate proteste dai sindacati dei medici, che temono una riduzione fino al dieci per cento della quota retributiva delle pensioni di chi è stato assunto prima del 1996. Cgil e Uil paventano lo sciopero di otto ore e l’Anci, con il presidente Antonio Decaro, chiede di essere convocata perché con i tagli «diventa difficile gestire un Comune». Di fronte a tutto questo, il ministero dell’Economia ha emanato una nota: «Le indiscrezioni giornalistiche sulla legge di stabilità pubblicate in questi giorni su diversi temi di grande interesse (ad esempio pensioni, tasse, presunti prelievi da conti correnti e altro) sono frutto di bozze non definitive, non diffuse da Mef e dunque da ritenersi non attendibili». E allora una nuova bozza, con alcune correzioni. Per esempio, niente pignoramento telematico se la cifra da riscuotere è sotto i mille euro. L’ultima modifica è datata 25 ottobre: è stato inserito un comma per finanziare il ponte sullo Stretto, fissa di Salvini. Una «spesa complessiva» di 11,63 miliardi di euro distribuiti fino al 2032. Infine, se mettiamo la lente di ingrandimento sulla parte fiscale della manovra cosa si evidenzia? Per recuperare il gettito perduto con la riduzione al 23% dell’aliquota al 25 si sarebbe potuta introdurre un’altra aliquota sui redditi molto alti, per esempio sopra i 100.000 euro. Si è scelto invece di togliere 260 euro dalle detrazioni (escluse, dopo un concitato tira e molla, quelle sanitarie) a chi supera i 50.000 anche di un solo euro… Con il D. L. dello scorso 4 maggio il governo, preso da entusiasmo per il buon andamento (temporaneo) del PIL, ha portato lo sgravio contributivo, per la seconda metà dell’anno, dal 3 per cento al 7 fino a 25.000 euro di retribuzione, e da 2 al 6 fino a 35.000. Con la legge delega fiscale del 9 agosto veniva indicata una (prima) riduzione degli scaglioni, già diminuiti da Draghi da cinque a quattro. Con la legge di bilancio il problema era quello di attuare il passaggio a tre scaglioni, ed anche di confermare o meno, comunque per il solo 2024, gli sgravi contributivi. Perché le due cose costano sui 14 miliardi, con un PIL che arranca faticosamente. La riduzione meno costosa degli scaglioni era quella di eliminare il secondo, da 15.000 a 28.000, abbassando al 23 l’aliquota del 25. Confermare gli sgravi contributivi, per tutto il prossimo anno, era però dura, per cui al MEF hanno pensato di mantenere i 7 punti fino a 15.000 euro, ma poi ridurre a 6 punti fino a 28.000 e quindi altre tre diminuzioni fino a 3 punti da 32.000 a 35.000. Si toglieva qualcosa ma questi lavoratori beneficiavano già della scomparsa del secondo scaglione. Vi sarebbero stati però vincenti e perdenti; ad esempio i lavoratori con retribuzioni tra 25.000 e 28.000 avrebbero conservato gli stessi 6 punti che avevano già, ottenendo in più da 200 a 260 euro di riduzione dell’Irpef. Ma ci sarebbero stati anche i perdenti, tra 15.000 e 22.000 e, ancora di più, tra 30.000 e 35.000. La notizia del provvedimento era trapelata e il Corriere della Sera ne aveva parlato il 23 ottobre. Ma, evidentemente, arrivata la proposta a Palazzo Chigi, la presenza di perdenti è sembrata politicamente non accettabile. Pertanto, gli sgravi sono stati confermati per tutto (e al momento solo) il 2024 con un costo che raddoppia a circa 10 miliardi. Resta ovviamente il salto brusco per gli stipendi che superano i 35.000. L’aliquota marginale ha un’impennata, ma forse il modo più semplice è dire che bisogna arrivare a 37.320 euro per avere lo stesso reddito imponibile. Si è presentato poi un secondo problema: l’eliminazione del secondo scaglione porta uno sgravio per tutti i redditieri con reddito maggiore di 28.000; quindi anche dei più ricchi. I meloniani vorrebbero evitare di essere esposti a questa critica; come fare? Non certo mettendo uno scaglione per i redditi superiori, c.d. per esempio, a 100.000 euro, con un’aliquota al 44%. Ecco allora la soluzione: togliamo i 260 euro a coloro che hanno detrazioni al 19% e reddito imponibile superiore (anche di un solo euro) a 50.000, cioè chi sta nell’ultimo scaglione. Una mano dà e l’altra toglie. Ma, viene annunziato su tutti i media, con esclusione delle spese mediche, che, tra l’altro, hanno già una franchigia di spese inferiori a 129,11 euro (le vecchie 250.000 lire); perché altrimenti tutte le spese mediche fino a quasi 1.500 euro sarebbero azzerate, e toccare le spese mediche è poco simpatico. D’altra parte, però esentare le spese mediche significa rinunziare a gran parte di 550 milioni di risparmi per il bilancio; significa anche che a perdere i 260 euro saranno solo quelli che hanno mutui ipotecari “prima casa”, spese scolastiche per i figli ecc., che sono una minoranza (circa il 10%); questo basandosi sui dati di chi ha presentato detrazioni nelle dichiarazioni del 2022. Alla fine, la paura di rimangiarsi qualcosa che era stato annunziato ha prevalso, e le spese sanitarie rimangono escluse; chi, pur avendo più di 50.000 euro di reddito imponibile, ha solo spese sanitarie si terrà i 260 euro. E gli altri (circa 240.000 contribuenti) che si sentiranno trattati come figli di un dio minore? Se ne dovranno fare una ragione…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: riceverai una risposta oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuita

 

0

Aggiungi un commento