Politica: è anche questione di stile. Una leader presenzialista. La sovraesposizione insopportabile di Meloni anche quando non c’entra niente…

Ieri la premier è volata di persona a Palermo e poi è apparsa in tutti i tg, anziché lasciare spazio a magistrati e carabinieri. Dopo il disastro comunicativo sulla benzina avrebbe potuto adottare un profilo basso: un’altra occasione sprecata… «Dopo 30 anni finisce la latitanza di Matteo Messina Denaro. Complimenti alle forze di polizia, ai Ros e Gis dei Carabinieri: gli italiani vi ringraziano con tutto il cuore. Con la destra al governo la lotta alla mafia sarà sempre al centro, sulle tracce di Falcone e Borsellino». A uno come Giovanni Donzelli, un emergente di Fratelli d’Italia, scappa la frizione e, tac, sente la necessità di fare subito propaganda sul grande risultato ottenuto ieri dallo Stato con l’arresto di Matteo Messina Denaro. «Con la destra al governo…»: non ha scritto, bontà sua, che è anche grazie alla destra che il boss mafioso sia stato beccato dopo trent’anni anni, ma il messaggio nemmeno tanto subliminale c’è tutto: non l’hanno preso in trent’anni anni, noi l’abbiamo preso in tre mesi. Non dicono a voce alta, i Fratelli d’Italia, ciò che ha twittato il melonianissimo Vittorio Feltri («Ci voleva la Meloni per togliere ogni protezione all’ex inafferrabile criminale») ma il riflesso è quello, poco importa che si tratti di una sciocchezza sesquipedale. E lei ce l’ha avuto, questo riflesso? Si può discutere se il gran movimento di ieri di Giorgia Meloni sia stato opportuno, necessario, consono o abbia debordato dai confini della sobrietà istituzionale. Più chiaramente, c’è da chiedersi se la premier volando di prima mattina a Palermo abbia voluto, come si suole dire, “metterci il cappello”, magari per «prendere fiato – scrive Rino Formica sul Domani – dalle difficoltà del governo». È un interrogativo legittimo e non un’accusa pregiudiziale. Concretamente il viaggio di Meloni nel capoluogo siciliano non serviva a nulla, per una volta non c’era da portare solidarietà o cordogli, non c’erano emergenze in atto. Tutto si era compiuto, e benissimo: bastava un messaggio, una telefonata. Il ministro dell’Interno era in Turchia e quindi non poteva esserci ma forse sarebbe stata sufficiente la presenza del sottosegretario Alfredo Mantovano. Perché dunque c’è andata Meloni? Perché poi farsi riprendere sulla lapide di Capaci (gesto sempre nobile) a favore di telecamere? Perché non lasciare tutto lo spazio d’immagine ai magistrati, ai carabinieri, insomma ai protagonisti della grande impresa? Per dare un’idea: il Tg2 delle 13 come primo servizio ha mandato in onda una prima corrispondenza da Palermo imperniata sull’arrivo della premier; dopo c’è stata un’altra corrispondenza da Palazzo Chigi sulle reazioni della premier; infine, in diretta da Palermo le dichiarazioni sempre della premier. La quale ha ovviamente avuto il suo bello spazio in tutti gli altri telegiornali. Ora, va bene tutto, ma questa presidente del Consiglio che va negli spazi, come si dice in gergo calcistico, è ovunque, non si risparmia, sarà senz’altro ammirata dai suoi sostenitori ma eccessiva per tutti gli altri, che pagano il canone quanto i primi. E questo diventa un tema importante principalmente per lei: il problema della sovraesposizione. Apparire, apparire, apparire. Già a proposito del disastro comunicativo sulla questione dei carburanti si era notata una bulimia di interviste, comunicati, veline, rettifiche, un accumulo di messaggi che aveva fatto girare la testa agli italiani, e non solo la testa. Ieri, in un giorno bello per la Repubblica, ha aleggiato questo presenzialismo che si tollererebbe sì e no in una repubblica presidenziale che non esiste se non nella sua immaginazione. Attenzione, dunque, a non saturare l’aria, ché gli italiani si stancano presto e ci mettono poco ad aprire porte e finestre…

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