Politica: effetto Draghi, i partiti costretti a trovare e rinnovare le loro identità e anche definire le possibili nuove alleanze in Patria e in Europa. La politica italiana sembra quindi andare verso un tripolarismo con socialisti, popolari e liberali ovvero le grandi famiglie politiche europee…

L’operazione che ha portato alla rimozione di Conte da Palazzo Chigi sembrerebbe favorire una divisione di tipo europeo tra i partiti. Un’evoluzione che si può notare guardando l’assestamento in corso nel Pd; la trasformazione della Lega, ancora tutta da verificare, in una versione meno estremista; in più c’è un nuovo centro moderato che chi ha provocato la rivoluzione Draghi, cioè Renzi, aspira a guidare… Si sta quindi marciando verso un sistema tripolare? È questo che si sta costruendo dietro il palcoscenico della politica? Può darsi che l’esito dell’ennesimo capitolo della storia italiana sarà una tendenziale tripartizione che all’incirca potrebbe ricalcare lo schema delle grandi famiglie europee: socialista, popolare, liberale. I presupposti della nascita dell’esecutivo Draghi sembrerebbero praticamente confermare questa possibilità: una riprova, l’autoesclusione dalla maggioranza di Fratelli d’Italia che potenzialmente sospinge Giorgia Meloni all’estrema destra del quadro politico, lasciando in campo  con tutto il rispetto per la destra e della sinistra di Fratoianni,  proprio: socialisti, liberali e popolari (con l’eccezione della Lega, forse provvisoria). L’assestamento del Partito democratico su posizioni teoriche e politiche tipiche del socialismo europeo più connotato – quello, per intenderci che va dal corbynismo alle teorie economiche di Piketty alla sinistra americana – autorizza l’idea di una graduale revisione dei canoni originari del Partito democratico veltroniano (con quali conseguenze interne per ora non si sa ancora bene), in vista di un possibile assorbimento di Liberi e Uguali e con un’alleanza in atto con quel che resta di un populismo sociale del  Movimento cinque stelle (ricordiamoci quel ‘abbiamo eliminato la povertà’) e che speriamo smetta la schizofrenia che li porta a continui strappi con loro stessi. E’ la speranza con cui si guarda alla coalizione organica che si sta mettendo in piedi per vincere le prossime amministrative e in prospettiva le elezioni politiche. E’ un fronte che vede il grillismo politicamente in caduta libera e che ha spezzato ulteriormente il Movimento sulla fiducia al governo Draghi… faccenda che non permette a Nicola Zingaretti e al Pd (che tanto sta discutendo al suo interno tra contrari e favorevoli a un possibile vero e proprio matrimonio con i grillini), di sapere quale sarà il reale vantaggio elettorale? Dall’altra parte la “conversione” europeista della Lega, tutta da verificare alla prova dei fatti, spingerebbe il partito di Matteo Salvini fuori dagli argini del sovranismo estremo e di ultradestra di Marine Le Pen e dei vari personaggi, piuttosto slabbrati, di quest’area che pare aver esaurito la sua spinta propulsiva. Salvini ha fiutato l’aria e adesso abbandona la stalla dell’ultradestra, guardando ormai al contenitore dei conservatori europei, il Partito popolare europeo, chiedendo l’intercessione a Silvio Berlusconi per potervi accedere. Inutile dire che l’azione e l’immagine di un Giancarlo Giorgetti, Ministro di primissima fascia del gabinetto Draghi, ne trarrebbero gran giovamento: i successori di Angela Merkel che si troverebbero molto a loro agio a parlare con il nostro Ministro dello Sviluppo economico appartenente alla stessa famiglia politica. Per lo stesso premier sarebbe una buona cosa. E poi c’è la novità del giorno, che è l’ennesima suggestione che muove dalla mossa di Matteo Renzi di aver “rottamato” il governo Conte 2. Renzi ha demolito Conte come aveva promesso e si è attribuito il merito di aver aperto la strada a Draghi. Tutto sommato, è vero: tranne per qualche esagerazione. Tuttavia adesso Renzi conta meno di prima. Ha perso la rendita di posizione che gli permetteva di bombardare il quartier generale a piacimento, ossia di provocare il crollo del governo. Inoltre Draghi impersona al meglio l’europeismo e c’è minor bisogno delle forze di testimonianza. Ne deriva che anche a Renzi, come agli altri segmenti della galassia centrista, tocca mettersi al lavoro per modellare il futuro. Ossia per allargare il proprio spazio politico, rendendo più moderno ed efficace il messaggio. Intende partire da Italia viva per lavorare alla costruzione di una nuova «casa per i moderati» che in Europa guardi – lo ha scritto nella sua e-news – ad «un mondo liberal-democratico che in Francia ha Emmanuel Macron, in Danimarca Margrethe Vestager, in Belgio Charles Michel, in Lussemburgo Xavier Bettel e ha tanti altri riferimenti nel mondo». Il leader di Italia viva forse per la prima volta non tace il senso vero del suo essere un politico di centro moderato, guardando proprio in Europa ai liberali. Qui in Italia il partito liberale prima di scomparire era un partito di Destra moderata ma orgogliosamente di destra aveva giusto un 3% di voti che è andato riassorbito nella galassia azzurra Forzista di Berlusconi… Liberale ha soprattutto da noi significato neo-liberismo in economia. Questo è quel che realmente è successo. Che ha scavato un fossato che ormai pare incolmabile proprio tra Renzi e gran parte del Partito democratico. Il Governo Renzi, la sua leadership politica nel Pd, è stata tutta giocata sull’ambiguità di un “mondo liberale democratico che aveva in Europa e nel Mondo come centro della propria azione politica un uso spregiudicato del liberismo economico”. Un esempio per tutti il Job-Act utilizzato dal Governo Renzi per ridimensionare le istanze di un “riformismo sociale” portato avanti trasversalmente dalle due sinistre che hanno fondato il Pd (quella democristiana e quella della sinistra che veniva dal Pci poi PdS e Ds). Non c’era possibilità che non finisse così. Troppo ampie le distanze programmatiche e culturali. Persino esagerato per via dei modi del Rottamatore di Italia viva, l’abisso personale creatosi oggi fra i dirigenti  dei due partiti. Italia viva è quindi il primo mattone della nuova casa del centro moderato. Renzi sogna Macron e la prossima Leopolda, a novembre, sarà dedicata a Renew Europe, l’iniziativa del presidente francese. Davide Faraone ha spiegato che la cosa potrebbe coinvolgere «Carlo Calenda, i radicali, i socialisti, il gruppo di Toti, e vediamo che succederà alla fine dentro Forza Italia». Calenda è assai guardingo, conoscendo Matteo Renzi e poi ha una convinzione culturale che gli fa dire: «non si può partire da intese parlamentari da alchimie di Palazzo ma occorre guardare alle persone alle loro esigenze e bisogni»: è un segnale che il processo (al di là delle mire renziane) non sarà né breve né in discesa… Peraltro non è una novità: già in passato il capo di Italia Viva aveva guardato a Parigi, ma non è facile trapiantare a Roma un esperimento che ha avuto successo (non senza grosse difficoltà) in Francia grazie a particolari e non ripetibili circostanze. La Francia è una repubblica semipresidenziale. La Costituzione della Quinta repubblica dichiara che il paese è “una repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale”. A maggior ragione è complicato per un politico a cui tutti attribuiscono doti tattiche fuori del comune, insieme a una notevole spregiudicatezza, ma il cui consenso oscilla da tempo tra il 2 e il 3,5 per cento. Per il momento però in Parlamento s’è costituito di fatto un gruppone che potrà costituire un particolare riferimento per l’azione di Mario Draghi (probabilmente anche di più dell’intergruppo costituito con la maggioranza senza Iv del Governo Conte 2, che rischia di essere alquanto fantomatico. In prospettiva – risolvendo (un punto non facile) i protagonismi personali – l’operazione di questo “gruppone” potrebbe giovarsi di un’aria nuova, e di un clima meno distruttivo, con alcune ricette programmatiche innovative rispetto al disastro del neo-liberismo economico, inoltre, come sottolinea Renzi, avrebbe un ancoraggio europeo niente male (specie se Emmanuel Macron dovesse vincere per la seconda volta la Presidenza francese). Non è una cosa di domani. Ma di un dopodomani che verrà, se il quadro politico italiano ammesso e non concesso avrà evoluzioni di tipo europeo… Letto e riassunto così, sembrerebbe tutto abbastanza credibile e quindi realizzabile. Se però come capita a me vi trovate a leggere molto di politica, sapete che i ragionamenti sulle possibili evoluzioni dei partiti e delle loro future alleanze, rappresentano l’architrave di numerosi editoriali di importanti firme del giornalismo italiano distribuite tra importanti testate di quotidiani e/o di Blog di giornalismo economico/politico a diffusione nazionale su internet… “pennellate” di parole che vogliono far intravvedere tracce di un futuro “normale” per il nostro Paese e per l’Europa, scossi in quest’ultimo decennio dal ribellismo populista autodefinitosi «né di destra né di sinistra», nonché da un sovranismo nazionalista venato da tensioni razziste e xenofobe che aspirava ad avere ‘i pieni poteri…’ Vale il detto: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e fin quando scomposizioni e ricomposizioni delle identità e degli schieramenti politici sono solo discussioni di palazzo e interessano gli apparati e le leadership dei partiti, si rischia che siano solo chiacchere al vento. Mentre le persone di carne ed ossa dentro la quotidianità e sempre più caotica nostra società, combattono duramente, nel tentativo di non soccombere prede del virus, di non perdere il lavoro, di difendere un minimo di reddito che permetta di sopravvivere e far fronte ai problemi giornalieri, orecchiando con disinteresse tutti i discorsi accennati di identità e schieramenti partitici. Concludendo, in poche parole: se la politica continuerà ad essere lontana dalla vita vera delle persone, non scalderà certo i loro cuori e anche questo  possibile tripolarismo in formazione tra i nostri partiti in socialisti, popolari e liberali così come si suddividono in Europa ci troverà del tutto indifferenti…

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