Politica: Governo, la linea d’ombra. Il punto debole di Meloni è la sindrome dell’isolamento italiano…

Durante il vertice di Granada, la presidente del Consiglio ha cercato di mostrare quanto sia forte il legame con altre grandi potenze, come il Regno Unito e la Germania. Un modo per nascondere il mancato accordo sui migranti per colpa dei suoi alleati sovranisti Orbàn e Morawiecki… Se c’è una cosa che Giorgia Meloni non sopporta è di essere accusata di isolare l’Italia nel contesto europeo e internazionale. È diventata una sindrome che manifesta in ogni dichiarazione, come se avesse bisogno di confutare in tutte le occasioni il pericolo di isolamento che le rinfacciano le opposizioni. È il fianco debole che non sopporta. La spiegazione è legata all’origine della sua vittoria e della destra poco equilibrata al centro che ha spaventato le cancellerie del Continente e preoccupato l’Amministrazione americana. A preoccupare in particolare è stata la Lega filo-Putin di Matteo Salvini e gli stessi vecchi slogan trumpiani della leader di Fratelli d’Italia. Poi un po’ tutti nel mondo hanno preso le misure alla nostra presidente del Consiglio che, aggiustando posture e allineandosi sui fondamentali di politica estera, è stata accettata. Ma la sindrome e la paura dell’isolamento sono rimaste, perché c’è sempre quella ambigua e nefasta linea d’ombra che la tiene legata a due Paesi veramente isolati come la Polonia e l’Ungheria. E più cerca di giustificarli e più si incarta in improbabili sofismi. Come è accaduto ieri al vertice europeo di Granada, dove Orbàn e Morawiecki hanno ribadito ancora una volta il loro sovranismo. No al capitolo sui migranti. Il magiaro è arrivato a dire l’assurdo, affermando di sentirsi giuridicamente stuprato perché il regolamento per le situazioni di crisi migratoria è stato deciso a maggioranza qualificata e non all’unanimità. Mentre il premier polacco ha alzato la bandiera del veto per fermare l’invasione imposta da Bruxelles. Così, ancora una volta, al documento finale è stata allegata una dichiarazione sulle politiche migratorie firmata soltanto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel: proprio perché non è stato possibile raggiungere l’unanimità. Ancora una volta, hanno rovinato la festa all’amica italiana. A questo punto la funambolica Giorgia, dopo avere incontrato inutilmente il suo compagno del partito conservatore, ha detto di capire Mateusz e Viktor per la loro diversa collocazione geografica. Una motivazione poco plausibile, anche sui ricollocamenti obbligatori. Un arzigogolo per non dire che è arrivato l’ora di eliminare i veti e votare a maggioranza. Anche perché se si vuole allargare l’Unione europea non è pensabile paralizzare Bruxelles su temi esiziali, come la Difesa e la politica estera, per un Continente che già arranca di fronte ai giganti politici ed economici della Terra. Il comportamento di Varsavia e Budapest potrebbe complicare altri dossier che dovranno essere decisi all’unanimità, come la revisione del bilancio pluriennale dell’Unione europea, da adottare entro fine anno, e l’avvio dei negoziati di adesione con l’Ucraina. Per dimostrare di non essere isolata, Meloni ha stretto un legame speciale con il premier conservatore britannico Sunak. Ha postato una foto in cui si vedono i due al lavoro con delle carte davanti. E anche con la Germania, facciamo finta che tutta vada bene dopo lo scontro frontale sulle Ong finanziate dal governo di Berlino. Dopo l’incontro con Olaf Scholz, la presidente del Consiglio italiana ha fatto sapere di essere soddisfatta per l’accordo raggiunto sul regolamento delle crisi migratorie: «ottimo livello della cooperazione tra Roma e Berlino». Di più e in particolare: «A me il Cancelliere ha detto che bisogna andare avanti con il lavoro in Tunisia e che va replicata la stessa strategia con altri Paesi africani. La strategia dell’Italia è l’unica che può essere efficace». Dunque, sinistra e media fiancheggiatori, rassegnatevi: l’Italia è al centro delle politiche mediterranee e in Africa. È quello che Meloni ha ripetuto e ripete a ogni occasione. Lo ha detto appena arrivata a Granada due giorni fa e ha cercato di dimostrarlo con tutti gli incontri. Uno in particolare, quello che il presidente di turno, lo spagnolo Pedro Sanchez non avrebbe voluto. Quello che dovrebbe blindare l’accordo con Tunisi e l’asse con Londra contro i trafficanti di migranti. Una sorta di patto a sei tra Italia, Regno Unito, Francia, Albania, Paesi Bassi e Commissione Ue. Un incontro convocato a sorpresa da Meloni e dal primo ministro britannico. All’inizio c’erano solo i premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte, e quello dell’Albania, Edi Rama. Dopo si sono uniti Ursula von der Leyen e il presidente francese Emmanuel Macron. Mancavano, guarda caso, coloro che hanno criticato il Memorandum sottoscritto con la Tunisia. Soprattutto il Cancelliere tedesco, che a sentire Meloni si sarebbe convertito alla strategia verso i paesi magrebini. «Siamo tutt’altro che isolati», è il mantra di Meloni, che teme il messaggio di un’Italia sola anche su un altro versante, addirittura e forse più pericoloso di quello sui migranti. Essere isolati sul piano finanziario sarebbe letale. È l’ansia da deficit-Pil-tassi d’interesse. L’ansia per l’attesa del giudizio delle agenzie di rating, per come finirà la riforma del patto di stabilità. Ha una sola strada: rimanere agganciata a quell’Europa che Orbán considera una stupratrice…

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