C’è un nuovo rapporto tra gli italiani la Politica, lo Stato e la Democrazia. Il nostro modello di governo tiene ancora ma cresce sempre più l’insoddisfazione sociale. E si va allargando il sì all’elezione diretta del Premier, ovvero il populismo occupa la scena politica e infiltra le istituzioni e lo Stato stesso… La democrazia continua ad essere il modello di governo largamente preferito, dagli italiani. Ma nei suoi confronti cresce per l’appunto l’insoddisfazione. Insieme alla domanda di figure di riferimento. Capaci di “personalizzare” e di rendere visibili le figure di governo, di fronte ai cittadini. Si tratta di una tendenza diffusa, che la 26° edizione dell’Osservatorio “Gli italiani e lo Stato”, condotta dal Laboratorio di Studi Politici e Sociali (LaPolis) dell’Università di Urbino Carlo Bo, conferma e ri-propone, in modo più evidente che in passato: “La democrazia incerta: visioni da un’Italia in crisi di fiducia”. La “scelta democratica” dei cittadini resta dominante. Infatti, i due terzi degli italiani, anzi un po’ di più: il 67%, ritengono la democrazia “preferibile a qualsiasi altra forma di governo”. Una “misura” quasi identica, rispetto a 10 anni fa (era il 69%). Mentre nel 2003 la stessa opinione era espressa dal 73% dei cittadini. Tuttavia, il grado di soddisfazione verso la democrazia, negli ultimi tempi, è sceso al 43%: ben 10 punti in meno rispetto a un anno fa (53%). Si tratta dell’indice più basso degli ultimi anni. Siamo, dunque, tornati al tempo pre-covid. Prima, cioè, che la paura virale rafforzasse il sentimento di comunità fra i cittadini. Questo orientamento ha diverse motivazioni. Ma riflette, in particolare, un crescente grado di in-soddisfazione nei confronti dell’azione e degli attori del sistema democratico. Anzitutto le istituzioni. Nazionali e non solo. Nell’ultimo anno, infatti, il maggior calo di fiducia riguarda anche l’Unione Europea. Scesa dal 45% al 39%. Un atteggiamento significativo, rilevato prima del “No” espresso dalla Camera nei confronti del Mes. Con il voto della maggioranza di governo (senza il sostegno di Forza Italia). Ma flessioni altrettanto significative coinvolgono lo Stato. Negli anni del Covid, pervasi di paure e inquietudine, il sostegno dell’UE appariva, infatti, essenziale. Tanto più dopo l’invasione russa in Ucraina. Ma oggi il Covid non fa più paura. Perché i vaccini e la “consuetudine” ne hanno ridimensionato gli effetti. Inoltre, ci siamo abituati alle guerre. Che si ri-producono, vicino e lontano da noi. In diretta. Sui media. Come in Medio Oriente. Così l’UE rimane un riferimento importante. Ma non quanto negli anni recenti. Le stesse ragioni hanno contribuito a ridimensionare, agli occhi dei cittadini, il ruolo degli enti locali. Anzitutto, la Regione. Ma, soprattutto, i Comuni. Riferimenti importanti e vicini, di fronte ai rischi per la nostra sicurezza. La “confidenza” delineata dal Rapporto di LaPolis-Università di Urbino Carlo Bo nei confronti delle Associazioni di categoria, del Parlamento e di partiti, invece, si conferma molto ridotta. Come in passato. Il declino del Covid ha contribuito a limitare anche la soddisfazione verso la Sanità pubblica. Ma non di quella privata. Tuttavia, fra gli italiani, la domanda di autonomia territoriale “differenziata” rimane elevata. Soprattutto nel Nord. Dove la “differenza” risulta sicuramente più vantaggiosa, per la maggiore disponibilità di risorse. Economiche e produttive. Parallelamente, è cresciuta ancora l’attenzione e l’approvazione verso l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. In passato, d’altronde, nei confronti del Presidente della Repubblica abbiamo rilevato una tendenza di segno analogo ma più accentuata. Si tratta di un orientamento che si ripropone da tempo, nell’opinione pubblica. Segno di una domanda di “presidenzializzazione”. A sua volta riflesso della “personalizzazione”, che ha interessato, anzitutto, i partiti, sempre più identificati con la figura del leader, ma si è progressivamente allargata alle altre istituzioni. Agli altri “soggetti pubblici”. In primo luogo, il Presidente della Repubblica. Che, nella valutazione degli italiani. si colloca ancora davanti a tutti. Insieme alle “Forze dell’Ordine. E al Papa. Due figure che rispondono alla domanda di “sicurezza” in un “contesto incerto”. Di conseguenza, sono importanti, anzi: “le più importanti” sul piano istituzionale. E “morale”. Per questo generano “fiducia”. Che è, in parte, col-legata alla “fede”. Anche sul piano lessicale. La ricerca di LaPolis-Università di Urbino Carlo Bo, però, mostra come, insieme alla “personalizzazione delle figure pubbliche e di governo”, sia cresciuta anche la “personalizzazione” dell’impegno. Della partecipazione. Negli ultimi anni, infatti, si è allargato il coinvolgimento dei cittadini in associazioni di volontariato, a livello locale. E non solo. Mentre si è accentuata l’attenzione verso il consumo etico e solidale. Con implicazioni significative a ogni livello. In quanto questi due comportamenti si rafforzano reciprocamente. Promuovono e sostengono l’impegno politico. E contribuiscono a consolidare il sentimento democratico. Le relazioni sociali, personali e, quindi, la partecipazione sono, quindi, importanti.Perché costituiscono le basi della democrazia. Di una “buona democrazia”. E permettono di rendere il futuro meno incerto. Per contrastare l’idea che l’unica certezza, oggi, sia l’incertezza. Al Paese “in attesa” che emergeva dall’analisi dello scorso anno, il 2023 risponde con un vento di sfiducia nelle istituzioni e di insoddisfazione verso i servizi. Nonostante un calo di 3 punti percentuali, le istituzioni che godono di maggior fiducia restano la Presidenza della Repubblica, nella persona di Mattarella, e le Forze dell’Ordine, entrambe al 67%. Papa Bergoglio (64%) scende di 4 punti. Segnali di un’opinione pubblica tornata “mobile” si trovano anche in riferimento alla Chiesa e ai sindacati, che continuano la loro discesa di ulteriori 3 punti. Ancora più in crisi è la fiducia riposta verso Associazioni imprenditoriali (-10), Comuni (-9) e Regioni (-8). Lo Stato scende di 5 punti e, proprio in vista delle elezioni europee, si osserva un calo di fiducia verso l’UE (-6). Lo scivolamento dei consensi è poi confermato dall’andamento dei “grandi malati” della rappresentanza: i partiti, che scendono al 12%; il Parlamento, al 19%. Uno dei presìdi della fiducia rimane la Scuola, stabile al 56%. Tuttavia, se l’istruzione raccoglie un buon livello di consensi, la fiducia verso altri servizi segnala criticità. I trasporti urbani confermano un consenso altalenante, scendendo oggi al 29%, mentre le ferrovie rimangono stabili (38%). Terminata l’emergenza sanitaria, il ritorno al servizio ordinario porta con sé una forte crisi di insoddisfazione nei confronti della Sanità pubblica, che diminuisce di 15 punti. Mentre l’orientamento verso la Sanità privata rimane stabile al 55%. Per chi potrà permettersela. Oltre un terzo degli italiani (35%) si dichiara infatti insoddisfatto della propria situazione economica. Ancor più netti sono i giudizi sull’andamento economico dell’Italia, con il 68% che esprime malcontento. Un’insicurezza economica che resta lontana da quella di dieci anni fa, ma è simile a quella dell’annus horribilis 2020 e del 2022, con lo scoppio della Guerra in Ucraina. Ci siamo ormai abituati a un’economia stagnante, oppure ci aggrappiamo a speranze fragili e non ancora del tutto disattese? Guardando al domani, c’è una costante: il futuro è incerto e carico di rischi (51%). Incertezza che non si manifesta in egual modo in tutto il Paese e che percorre crinali di continuità con fratture consolidate. Il futuro appare incerto soprattutto per giovani e donne, così come per donne e uomini di mezza età. Al punto che il grado di insicurezza verso il futuro si abbassa solo tra gli over-55. Tra le formazioni politiche, chi sembra più capace di trarre profitto elettorale da questa incertezza sono la Lega e, in misura maggiore, il M5S. In conclusione, l’Italia appare non più sospesa e “in attesa”, bensì sfiduciata, nella cornice di nuove crisi internazionali. Eppure, va segnalata la mobilità di giudizi e opinioni. Un Paese attento, che sa indignarsi, soprattutto per lo stato in cui vige la Sanità. Un Paese, quindi, non (ancora?) del tutto rassegnato. Dopotutto: “c’è ancora domani”.
Sul piano della partecipazione la XXVI edizione dell’osservatorio Gli italiani e lo stato (Università di Urbino Carlo Bo) suggerisce una sorta di “revival” partecipativo: un ritorno alla fase pre-covid. I dati dell’attivismo politico, sociale, civico sembrano avere recuperato quasi del tutto il lockdown e la comprensibile caduta partecipativa. Quando la mobilitazione collettiva si esprimeva dai balconi con l’#andratuttobene e si è poi incanalata nella protesta no-vax. È tornata forte la voglia dei cittadini di essere Cittadini nella comunità. Tutti gli indicatori mostrano segni postivi. Cala invece la soddisfazione sul funzionamento della democrazia. In questa cornice, si osserva anche una diffusa pratica dell’utilizzo “etico” del denaro, con finalità filantropiche, civiche ma anche politiche. Il 60% degli italiani ha speso soldi dove parte del guadagno serviva a finanziare una buona causa (es. la ricerca medica), il 52% ha fatto donazioni o offerte in danaro ad associazioni o organizzazioni che si occupano di iniziative che riguardano la società. Il 50% ha acquistato dei prodotti in base a motivi di tipo etico, politico o ecologico. Il 29% ha boicottato un prodotto o una determinata marca per le stesse ragioni. Dietro questo tipo di consumi vi è una presa di responsabilità verso la dimensione collettiva: la comunità. Si tratta di un modo di essere cittadini, attenti, critici, attivi, che attraverso il consumo prendono posizione su determinate issue come l’ambiente, la sicurezza alimentare, i diritti civili, la dinamica economica e politica nella cornice globale. Questo attivismo non collide con le forme tradizionali della partecipazione. Ma allarga il repertorio dell’impegno verso lo spazio della cittadinanza attiva. Infatti, i soggetti che hanno contribuito al fundraising offrono un profilo piuttosto definito sul piano della cultura politica. Non solo mostrano una sensibilità “altruistica” più forte, ma si dicono anche più soddisfatti del funzionamento della democrazia (49 vs 36%) o più interessati alla politica (55 vs 42%). Sono anche più attivi. L’uso eticamente orientato del denaro intreccia forme di consumerismo politico come il boicottaggio di determinati prodotti o brand (36% vs 21%). Il consumo critico viene maggiormente praticato (57 vs 40%). Sono più coinvolti in azioni di volontariato (56 vs 33%), di discussione politica online (32% vs 23%) e nel prendere parte a iniziative politiche di partito, di protesta e altre ancora. Dunque, al di là del sentimento antipolitico e del disincanto che segna questa epoca, c’è anche una cittadinanza attiva, “responsabile”, integrata nella comunità, attenta a questioni di interesse collettivo che esprime la propria critica anche attraverso forme di impegno che vanno oltre le modalità tradizionali della politica. Esiste dunque una sorta di network, un’area di movimento, che intreccia la filantropia a una domanda di inclusione politica. Un’area nella quale consumare “bene” fa “bene” anche alla democrazia.
In quale stato si trova la nostra democrazia? Verso quale stato vorremmo portarla? I dati del Rapporto su Gli italiani e lo Stato 2023 ci restituiscono un quadro critico, incerto. Nel quale si contrae la fiducia nei confronti delle istituzioni democratiche. E cresce l’attrazione delle “alternative” alla democrazia. Per la parte maggioritaria di italiani la democrazia rimane the only game in town (67%). Colpisce, tuttavia, che oltre un intervistato su dieci non esprima una preferenza tra regime democratico o autoritario (12%). Forse ancora di più che, per due persone su dieci, la soluzione autoritaria sia persino auspicabile, a certe condizioni. Un dato più che raddoppiato negli ultimi venti anni. Non è da escludere che almeno una parte di quanti esprimono tale orientamento confonda autoritarismo e autorevolezza della politica. Ma il dato da registrare è, comunque, quello di una certa stanchezza democratica. Proprio in quest’area di indifferenza, quando non di ostilità alla democrazia maturano, peraltro, le critiche più radicali verso il “sistema”: il rapporto e l’equilibrio tra i suoi poteri. Un incrocio nevralgico rimane quello che riguarda politica e magistratura. Il 52% degli intervistati ritiene che il terzo potere dello Stato si muova (in parte) sulla base di precisi obiettivi politici. Addirittura, è il 71% degli elettori di Fratelli d’Italia a sposare questa posizione. Forse non troppo a sorpresa, considerate le recenti dichiarazioni del Ministro della Difesa Guido Crosetto. Uno scontro, quello tra politica e magistratura, che proAltro tema caldo riguarda lo snodo delle riforme. I principali progetti sul tavolo del governo – premierato e autonomia differenziata – risultano altamente divisivi. La ridefinizione degli equilibri tra stato centrale e regioni (a statuto ordinario) spacca esattamente a metà il Paese (50%). Ma separa anche in modo piuttosto netto forze di opposizione e di maggioranza (con egli elettori leghisti in prima fila) e le diverse aree del Paese, con un favore che cresce spostandosi da Sud verso Nord (Est). L’introduzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio vede un 55% di favorevoli, che anche in questo caso si concentrano soprattutto tra gli elettori di centro-destra (ma con un significativo 60% anche tra chi vota M5s). Non certo abbastanza per far dormire sonni tranquilli ai proponenti, in vista del possibile referendum. Non va tuttavia trascurato che, in chiave generale, l’obiettivo di rendere l’esecutivo italiano più forte e stabile mette d’accordo il 61% degli intervistati. A sottolineare come, al di là della sua “qualità”, il progetto risponda ad un problema sentito. Si tratta di un dato che raggiunge punte del 69% tra gli under-45. Di parere opposto un terzo degli italiani, che intravedono nel rafforzamento dell’esecutivo dei rischi per la tenuta democratica. Il Rapporto su Gli Italiani e lo Stato, giunto alla XXVI edizione, è realizzato dal LaPolis – Laboratorio di Studi Politici e Sociali dell’Università di Urbino Carlo Bo, in collaborazione con Demos & Pi. La rilevazione è stata condotta da Demetra con metodo MIXED MODE (Cati – Cami – Cawi). Periodo 4 – 7 dicembre 2023. Il campione (N=1.298, rifiuti/sostituzioni/inviti: 11.129) è rappresentativo della popolazione italiana con 18 anni e oltre, per genere, età, titolo di studio e area geografica (margine di errore 2.4%).
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