Politica: l’accordo Letta-Calenda è appena sufficiente sul piano dell’alleanza elettorale. Ma per un elettore di centrosinistra sul versante dei contenuti per le politiche sociali è sicuramente insufficiente…

Come è nel dettato della legge elettorale al momento è più un’alleanza elettorale, che non una vera coalizione su un programma di un futuro governo, il cui collante principale resta soltanto “il muro contro le destre”. Mentre i piccoli accenni emersi sulle politiche sociali lasciano intero il rischio, che un elettore di centrosinistra non lo consideri sufficiente… “Il sonno è di destra, il sogno è di sinistra”. Scriveva così, uno dei più grandi scrittori siciliani del Novecento, Gesualdo Bufalino (è stato scrittore, poeta e aforista. Per gran parte della vita insegnante, si è rivelato tardivamente, nel 1981, all’età di 61 anni, con il romanzo “Diceria dell’untore”). E l’accordo sottoscritto fra Letta e Calenda, cioè tra il Pd e Azione + Europa non ha propriamente la forma dei sogni. Anzi è il minimo sindacale per un elettore di centrosinistra. Ma è sicuramente il massimo che si poteva ottenere da Calenda. Ma la mia diciamo è una critica preventiva, nella speranza che l’accordo sia rispettato in tutti i suoi punti. Fino all’ultimo l’esito di questa trattativa era incerto. E comunque anche il risultato rimane tale. Tra titubanze e riluttanze e nuove tensioni, cosa è cambiato in definitiva? Non lo so per certo, ma nel comunicato si è inserito almeno un punto cruciale legato alle candidature, che stava a cuore agli elettori democratici. Ovvero che ai transfughi di Forza Italia (inizialmente si era ipotizzato che potessero essere piazzati nei collegi “sicuri”) in modo di garantire loro un comodo rientro in Parlamento. Mentre di fatto l’accordo non offre a riguardo alcuna garanzia. Gli ex azzurri dovranno quindi fare la loro parte nella campagna elettorale e dentro allo schieramento per essere rieletti. O, quantomeno, un’eventuale rielezione sarà comunque come per tutti quanti, anche per loro ardua da raggiungere. Ma vediamo: questo accordo cosa porta di beneficio al Pd? Da una parte c’è un partito strutturato, radicato e con una solida classe dirigente. Dall’altra c’è un movimento del quale non si è ancora potuto saggiare l’effettivo appeal elettorale. Se non a Roma, con la candidatura a sindaco di Calenda (un 20% dei voti). Dovremmo ricordarci che i sondaggi sono sostanzialmente numeri in libertà. L’accordo, come detto in premessa, è sicuramente insoddisfacente per un elettore di centrosinistra (proprio perché sul versante delle politiche sociali ci sono solo piccoli accenni). Ma questa alleanza elettorale permette allo schieramento di centrosinistra di porre un argine contro le destre date vincitrici ancor prima del voto. Ora si tratta di capire chi candiderà Azione +Europa nel 30% dei collegi che le spettano. E, soprattutto, se i nomi dei candidati dovranno essere condivisi col Pd e viceversa. Tuttavia, con le basi che sono state gettate con l’accordo, si può tentare non solo di non perdere, ma forse anche di tentare di vincere. Infatti: l’accordo Calenda-Letta è  buono per il Paese. lo scrive Gianfranco Polillo su Formiche,net: “perché sul piano politico fa si che l’esperienza di Mario Draghi non rappresenterà una “parentesi” da dimenticare, al contrario, delineerà le coordinate future. Il Paese ha un bisogno oggettivo di governo e alla fine si affermeranno quelle forze politiche che, meglio di altre, ne sapranno declinare le necessarie funzioni. E lo farà, con maggiore intensità, se il centrosinistra vincerà le elezioni. Ma anche in caso contrario, qualora dovesse essere il centrodestra a conquistare Palazzo Chigi, i suoi effetti si faranno comunque sentire. Basti vedere a quel che sta avvenendo all’interno di quello schieramento. Con Silvio Berlusconi, che rilancia vecchi cavalli di battaglia dalle pensioni agli alberi da piantare. E Matteo Salvini che si comporta come se avesse traslocato nel Paese del Bengodi: flat tax al 15 per cento, riduzione dell’Iva, quota 41 (contributi versati) per le pensioni senza alcun riferimento all’età anagrafica (in teoria anche 55 anni d’età), pace fiscale e rottamazione delle cartelle. Mentre più che fredda e realistica, oltre che giustamente preoccupata, è la reazione di Giorgia Meloni, che mette i piedi, oltre che le mani, in avanti”. Meloni: “Salvini al Viminale? Non si decide ora”. Il Pd, che per tanto tempo ha cercato di tessere la tela del ‘campo largo’, si è trovato in una posizione scomoda con la crisi del Governo Draghi. Secondo me, infatti, non aver coinvolto il Movimento 5 Stelle che non ha votato la fiducia al governo sul decreto “Aiuti” (ma come Frantoiani per 55 volte in questi 17mesi di governo Draghi non ha votato la fiducia; eppure, si dava certa la sua presenza in questo schieramento) potrebbe rivelarsi un errore. Anche perché i voti del Movimento sono comunque, al di là della fiducia non data a Draghi nelle settimane scorse, più “affini” al Pd come posizionamento politico. Inoltre l’accordo tra Pd e Azione + Europa ha creato un forte disagio con sinistra rossoverde che si è sentita scaricata, e sembra aver già trovato in Conte un possibile ripiego. L’alleanza antimeloniana fra Calenda e Letta ha mandato in crisi Fratoianni e Bonelli, che non gradiscono far parte di una probabile coalizione (post voto) che porti avanti l’agenda Draghi. Potrebbero quindi senza chiarimenti allearsi con Conte e fare al caso dei Cinquestelle, che hanno bisogno di qualche amico a sostenerli… Ma forse non tutto è perduto. Nell’accordo di tra Pd e Azione si fa solo riferimento all’esclusione degli ex pentastellati, non al Movimento. Per cui, magari entro qualche settimana, si può pensare che un accordo politico che alla fine includa anche loro contro le destre di Meloni, Salvini e Berlusconi. Magari nei collegi al Sud nei quali i 5 stelle, riscuotono sempre abbastanza successo. Renzi invece è rimasto solo. Infatti nel Pd ci sarebbe stata una rivolta… così è probabile, nonostante la nota protervia del Senatore di Scandicci: “Io corro da solo Calenda ha sprecato l’occasione di costruire un polo riformista del 10%, afferma Renzi. E’ probabile che Italia Viva non arrivi nemmeno al 3%…

E’ sempre tempo di Coaching! 

Se hai domande o riflessioni da fare ti invito a lasciare un commento a questo post: sarò felice di risponderti oppure prendi appuntamento per una  sessione di coaching gratuito

0

Aggiungi un commento