C’è un discorso dell’attore Jim Carrey (The Truman Show) che fa presente come l’algoritmo dei social network, nella sua infinita saggezza, gli avesse detto più o meno così (cito a memoria): “anche mio padre avrebbe potuto essere un grande attore comico, ma non ebbe il coraggio di rischiare, preferì la sicurezza del posto fisso, e così, quando venne licenziato, perse tutto, e io ne trassi la lezione che puoi fallire anche facendo quello che non ti piace, dunque, tanto vale correre il rischio per fare quello che ami”. Dovrebbe tenerne conto Bonaccini insieme con tutti i suoi sostenitori, nonché anche la stragrande maggioranza degli osservatori, che pensavano che il Governatore dell’Emilia-Romagna avrebbe, dopo aver vinto tra gli iscritti al partito, vinto anche le primarie praticamente senza combattere… e così ha perso senza nemmeno difendersi. Trascinati dalla leadership di Matteo Renzi prima al successo e poi alla sconfitta, la parte liberaldemocratica del Partito democratico ha fatto ben poco per meritare il Segretario. Dopo la sconfitta elettorale, il gruppo dirigente del partito al centro come in periferia l’hanno tirata in lungo… discutendo di ogni sorta di possibilità per cambiare il partito: scioglierlo, cambiare valori e regole, rifondarlo da capo, cambiare o correggere il nome, svolgere il congresso come fase costituente di un nuovo soggetto, con un nuovo statuto e una nuova carta dei valori. Proprio loro, il gruppo dirigente che di sconfitta in sconfitta aveva perso ogni reputazione si presentava come coloro che volevano cambiare tutto… sapendo che non avrebbero cambiato niente se non per l’ennesima volta solo il Segretario Enrico Letta (così sarebbero stati nove i segretari susseguitesi in 15 anni di esistenza del partito) altro che cambiare tutto. Avrebbero almeno dovuto già sapere che si può perdere con onore, per difendere le proprie posizioni e i propri principi… ma che si può perdere irrimediabilmente con Michele Emiliano e Vincenzo De Luca, sicuramente due politici capaci di raccogliere grandi consensi, ma difficilmente classificabili come riformisti e progressisti (comunque li si voglia presentare). Stefano Bonaccini, ha così perso dopo che per mesi ha fatto buon viso a cattivo gioco, assieme a tutti gli altri esponenti del gruppo dirigente, che con lui erano convinti che il Presidente dell’Emilia-Romagna avrebbe dovuto soltanto confermare il proprio profilo concreto e rassicurante, da bravo amministratore, evitando di alimentare polemiche e conflittualità interne. Ha perso praticamente senza combattere, anche perché sono anni che questo gruppo dirigente non fa più una vera battaglia che sia una, pensando solo a conservare le posizioni in attesa che cambi il vento e vengano tempi migliori. Hanno passato gli ultimi anni sempre sulla difensiva, fino al punto di riuscire a diventare dei grigi governisti a tutti i costi (governabilità, e stabilità) senza più ideali e identità politica. Così che a differenza del padre di Jim Carrey, però, più che un grande talento frenato dalla mancanza di coraggio, il loro problema era quello di essere semmai un’eterna esitazione determinata dalla mancanza di idee e di reali convinzioni. Così, il grande girotondo del dibattito interno della Sinistra e sulla Sinistra, parte sicuramente non piccola della ormai trentennale stagnazione politica della Repubblica italiana, torna ancora una volta al punto di partenza. In un certo senso, è come se alle primarie del 2005 avesse vinto Simona Panzino (ve la ricordavate?) la candidata «senza volto». Tutto cambia e tutto torna esattamente al punto di partenza, come doveva essere e com’è sempre stato, secondo la più antica tradizione nazionale. E l’unica domanda che ancora era senza risposta ovvero quella su: chi sarà il prossimo regista, scrittore o cabarettista, dopo Nanni Moretti, Beppe Grillo e anche altri, a gridare che: “con questi dirigenti non vinceremo mai”, all’indomani della prossima sconfitta? Dai e dai, l’occupazione del Pd da parte di una “sempreverde” dirigenza nata dai resti della DC e del PCI è riuscita davvero. Com’è stato possibile? D’altronde la domanda è sempre quella: “ma che male fa? Si muore un po’ per poter vivere”. Il cambiamento, in Italia, è solo un sinonimo di ‘capriola’. Ma questa volta qualcosa di nuovo e di decisamente inatteso è successo davvero. Le elezioni politiche sono state vinte 5 mesi fa, e per la prima volta della Repubblica Italiana, dalla destra-destra e al governo, oggi, c’è una giovane donna Giorgia Meloni con il suo partito Fratelli d’Italia, che ha di fatto cannibalizzato i suoi alleati Matteo Salvini e Silvio Berlusconi e i loro partiti, Lega e Forza Italia. Domenica scorsa le Primarie del Pd sono state vinte da una giovane donna che si è iscritta al partito solo due mesi fa, proprio per partecipare alle primarie e per tentare di essere eletta Segretaria da una maggioranza di non solo iscritti e che una volta eletta ha sottolineato: “anche questa volta non ci hanno visto arrivare”. L’elezione della Segretaria del Pd è un momento importante per tutto il Paese e la vittoria di Elly Schlein è inequivocabile. Avere un milione e più di persone che trovano il tempo per dire la propria è un elemento da valorizzare. Cosa è accaduto? Chi ha saputo rappresentare (e portare a votare) nonostante la nausea che gli elettori del centrosinistra “mediamente” provavano per il gruppo dirigente che ha portato il Pd alla sconfitta …ha vinto! E’ uscito un sentimento talmente forte che questa postura, il non far parte di quel gruppo dirigente, ha contato più che la rispettiva nomenclatura di supporto. In alcune città, Province e Regioni in cui il 99% della nomenclatura (nazionale e locale) era con Bonaccini, ha vinto Schlein. Un risultato che mette un clamoroso timbro alla fine di un Pd che probabilmente era già morto, senza saperlo da parecchio tempo e sicuramente siamo di fronte ad un dato del tutto inedito. E’ anche l’atto finale della derenzizzazione del Pd (vocabolario Treccani: “sottrarsi a legami, influenze e riferimenti relativi a Matteo Renzi e alle sue posizioni politiche”), che fa scomparire dal panorama politico italiano le parole centrosinistra e centrodestra. Questa è la percezione che ho, dopo le primarie che hanno incoronato Elly Schlein al ruolo di prima Segretario donna, sembra sciogliere i nodi gordiani che hanno caratterizzato i democratici, direi dal tempo del Lingotto ad oggi. Vedo ora, principalmente ancora due questioni: prima di stabilire se questa è veramente una virata secca, dovremmo chiederci cosa c’entrasse, nel bene o nel male, il Pd attuale con le tesi del Lingotto? La famosa Vocazione Maggioritaria: quella presunzione di voler rappresentare tutti quanti, in una società sempre più frantumata in mille interessi corporativi e individuali… fino a far scomparire il “bene comune” dall’orizzonte di ogni forza politica. Alla fine, credo si sia dimostrato vero il timore che, come è stato detto più volte in questi 15 anni di esistenza del Pd, la ‘cosa’ non abbia mai funzionata fin dalle origini. Il famoso “amalgama non riuscito”. Mi ricordo un libro di Emanuele Macaluso grande dirigente del PCI che, fin dal giorno della celebrazione del Lingotto, già contemplava il futuro, infatti il libro si intitolava: “Al capolinea”, in cui spiegava perché quel Pd non sarebbe andato da nessuna parte. Che quella linea non avrebbe funzionato lo dimostrarono poi le successive rapide dimissioni, solo dopo sedici mesi alla guida del partito, di Walter Veltroni all’indomani della sconfitta dell’elezioni regionali sarde. Poi ci sono stati Dario Franceschini per qualche mese (febbraio-novembre 2009), poi Bersani e poi Renzi, ma senza voler fare la storia degli ultimi 15 anni del Pd, osservo (con il senno del poi) che è stato sempre un “soggetto politico” discusso per essere praticamente senz’anima e senza un’identità precisa. Cosa è stato quindi quel Pd? Sicuramente un partito di servizio e di sistema che, comunque andassero le elezioni, restava dentro le varie maggioranze con diverse formule. Il risultato delle ultime elezioni non è stato solo l’ennesima sconfitta di quel Pd, ma ha fotografato una circostanza ormai oggettiva: non esiste proprio più oggi la possibilità di un partito con quella postura politica (vocazione maggioritaria), dunque, da questo punto di vista è evidente, che il partito dentro quest’ennesimo percorso congressuale, si ritrovava senza una linea di possibile rinnovamento nella continuità, come si diceva un tempo nel vecchio linguaggio politico democristiano e comunista. Questo ci porta ad una contraddizione fantastica, che è quella di una giovane donna neoiscritta e che già anni fa aveva tentato per altre strade di costruire una vicinanza con quel Pd, subito dopo la questione dei 101; e che è stata, oggi, eletta Segretaria del Pd da una maggioranza fatta da iscritti e non iscritti, da elettori e di possibili tali. Questo voto è lo specchio di un nuovo mondo politico a Sinistra: come sarà fatto questo mondo lo vedremo presto nel proseguire del prossimo periodo. Per quel che mi riguarda posso solo dire che, dentro e ai lati di questo “nuovo” Pd, vedo rinascere un qualcosa in cui personalmente credo. l risultato delle primarie che ha ribaltato quello delle sezioni mostrando la richiesta di svolta a Sinistra, per invertire la rotta neoliberista di quel partito non è stata questione di un semplice cambio di leadership. Inoltre, il fatto che siano andati a votare più di un milione di persone che è certamente molto meno di tutte le primarie precedenti, ma è comunque molto di più di quanto tutti gli altri partiti che oggi si pongono al governo e all’opposizione sono stati capaci di fare in una qualsiasi domenica fredda e piovosa per eleggere e consolidare i loro di leader. Questo risultato sicuramente potrà contribuire, da un lato, alla uscita di alcuni dirigenti piddini di centro (vedi Fioroni), che non si sentono più rappresentati dalla Sinistra della nuova Segretaria e che scivoleranno ma credetemi questa volta molto “sottovoce”, verso l’aria liberaldemocratica di Italia Viva e Azione, mentre dall’altro lato bloccherà l’Opa ostile sul bacino elettorale Pd a favore del M5S. Occorrerà valutare attentamente questi fattori che si intrecceranno nel futuro prossimo di questo nuovo Pd. Per primo, come reagirà Matteo Renzi rispetto appunto alla collocazione dei suoi supporters a suo tempo rimasti comunque all’interno del Pd a fare da guastatori, che torneranno a lui, senza alcuna dote. Personalmente non credo proprio che se lo raggiungeranno in Italia Viva, ciò sarebbe la fonte di ulteriori danni elettorali per il Pd, anzi, ma questa al momento potrebbe essere solo una supposizione, credo che questa più chiara identità di Sinistra del partito… che rappresenta alcune delle fattezze ideologiche di Schlein, potrà servire a recuperare un pezzo dell’elettorato che è finito ai 5Stelle, oltre che a recuperare, un pezzo del ‘disincanto’ di molti votanti della Sinistra finiti negli anni scorsi nell’ampia astensione che caratterizza ormai la scena elettorale italiana. Sono queste le cose di cui la Elly si dovrà occupare, non di andare al governo domani o dopodomani. “Ricostruire rappresentanza è molto di più che azzeccare sequenze di parole… è sentire la vita delle persone sulla propria pelle e condividerne il destino. È costruire politiche attive capaci di migliorare la condizione umana delle persone, per davvero”. Così scrive Marco Bentivogli su Repubblica ed è un chiaro e importante suggerimento per Elly Schlein. Inoltre, da un rapido giro di orizzonte fatto su Twitter, per vedere le reazioni, mi sono accorto di molti rimpianti per il vecchio Pd che sembra un Pd curiosamente identificato con il vecchio Pci. Rimpianti espressi da elettori dichiaratamente di destra ma non da operai ne dà iscritti al Pd che abbiano votato per Bonaccini. Ciò mi sembra la fotografia di una cosa che era davanti ai nostri occhi, ma che molta dell’informazione ufficiale, sia la carta stampata che i media, non voleva vedere e/o commentare: ovvero l’inesistenza di un Centro ampio moderato nel nostro Paese. Questa cosa non c’è o se c’era è comunque finita da parecchio tempo. L’esito clamoroso di queste primarie è proprio che sancisce il lancio di un ponte verso più mondi da un luogo che stava progressivamente arretrando e sprofondando nell’irrilevanza politica. Quello che questo voto rivela impietosamente, in quanto è soprattutto espresso da chi non gradisce proprio l’idea di costruire una prospettiva politica con Renzi e Calenda, che la maggioranza degli italiani considera ormai questi due leader totalmente inaffidabili! Giorgia Meloni ha costruito il suo partito su un modello novecentesco, con tesi, identità e sezioni sul territorio, dopo il partito liquido berlusconiano e dopo la rete informatica grillina. Schlein, che ha anche lei, alcuni valori non negoziabili e crede in certi principi che chiaramente inserirà nel suo programma, pensa ma con una veste sicuramente più innovativa, a un partito decisamente identitario e quindi strutturato con tesi, identità e circoli sul territorio. È la condizione che rende possibile che questo “nuovo” Pd torni a crescere a partire dal tesseramento di quest’anno. Meloni ha fatto un percorso sicuramente diverso non solo politicamente: ma ha saputo tirar su un partito novecentesco. Il dato clamoroso emerso dalle ultime elezioni politiche è che, mentre negli ultimi anni tutti chiedevano di lasciarsi alle spalle il Novecento, ha vinto proprio il partito più novecentesco per l’appunto Fratelli d’Italia, che è proprio un partito tipico del secolo scorso. Che ha saputo prosciugare fortemente il consenso ai suoi alleati Lega e Forza Italia. Ma, tornando ai fondamentali, ciò ci dice che adesso avremo una Destra al governo e una Sinistra all’opposizione, che si scontreranno su due basi valoriali ben distinte e distanti… e questo finalmente, smentisce la tesi secondo cui la leadership del Paese si contende al Centro. Una tesi di democristiana memoria, costruita su una forma di partito interclassista… che oggi, ma per la verità già da più tempo, e scomparso nelle democrazie occidentali. Quindi, volenti o nolenti, oggi, non valgono più centrodestra e centrosinistra, sono due parole che scompariranno dentro una radicalizzazione valoriale identitaria e rispetto alle grandi questioni economiche che determinano la ridistribuzione della ricchezza nelle varie aree geopolitiche del globo che sono nell’insieme destinate ad incidere, se non addirittura rimettere in discussione la stessa condizione umana, anche in questa parte del Mondo qui in Occidente, in questo primo secolo del terzo millennio. Meloni ha un partito strutturato fatto a sua immagine. Da questo punto di vista Schlein, al di là dell’appoggio strumentale che le daranno logicamente pezzi del vecchio establishment del Pd (Franceschini, Boccia piuttosto o assieme a Orlando, Bettini e lo stesso Cuperlo) presenta un punto di forza e di novità non tanto nella attuale struttura-partito, che non è certo fatto a sua immagine, ma in quel reticolo fatto da vari movimenti e mondi giovanili… che caratterizzano e arricchiscono anche altre Sinistre nel Mondo e che disegnano una forma di partito inclusivo aprendosi sul piano culturale e programmatico alle questioni ambientali e al lavoro e alle sue vecchie e nuove problematiche: occupazione e sua precarietà, bassi salari, orari di lavoro e di vita, nuove tutele sociali e salute pubblica, ecc.. Elly Schlein non ha nulla a che vedere con il comunismo. Si è formata nel clima internazionale della sinistra radicale, quella di Occupy Wall Street, slogan divenuto in Italia Occupy Pd. Molte delle cose che quel mondo sostiene, a cominciare dall’urgenza di lottare contro il cambio climatico, porre un freno alla crescita delle disuguaglianze, far pagare le tasse alle multinazionali, ai padroni della Rete, ai miliardari al sicuro nei paradisi fiscali, sono giuste. Ma quel mondo porta con sé anche una carica ideologica, fatta di politicamente corretto, di cultura della cancellazione del passato, di linguaggio perbenista: tutte cose che fanno venire l’orticaria all’italiano medio. Ma anche per questo Elly Schlein sembra oggi adatta a rianimare il Pd, a riportare alle urne i delusi della sinistra, a mobilitare i giovani, insomma a costruire una buona affermazione alle Europee del prossimo anno, quando si voterà con il proporzionale puro e conterà molto il voto d’opinione; ma non è vero che sembra meno adatta a costruire una coalizione in grado di battere il centrodestra. La Sinistra può avere una chance solo se recupera da una parte i ceti popolari e dall’altra un elettorato non per forza individuabile con il termine “moderato” sicuramente con il termine “democratico” che aveva guardato con interesse prima a Prodi e poi a Renzi, salvo abbandonare entrambi, rifugiandosi per disincanto nell’astensione. Solo così e lavorando soprattutto su precise priorità e precisi programmi, senza false promesse, potrà far crescere una azione d’opposizione, in grado si sconfiggere politicamente questo governo di destra della Meloni, che a poco più di tre mesi dal suo insediamento, vediamo già giorno dopo giorno andare in difficoltà, su ogni materia di governo, sia qui nel Paese, che in generale in Europa e anche rispetto alle sue alleanza e legami internazionali…
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