Qualità della vita…

Ieri  20 marzo si è celebrata la giornata internazionale della FELICITA’ promossa dall’Onu. Sono molti i parametri considerati per stillare la classifica dei paesi nei quali i cittadini sono felici: le diseguaglianze, la trasparenza della pubblica amministrazione e le politiche sociali – secondo l’Onu – influiscono più del reddito pro capite. Al primo posto si piazza la Norvegia, il 48esimo posto è per l’Italia…

Qui, diamo seguito a quanto già illustrato in più post qui pubblicati che parlavano di felicità…  in particolare diamo seguito agli ultimi due post – “Per Vivere Bene Elimina la Spazzatura dalla tua Vita… – Alla ricerca della soddisfazione personale…”   e parliamo di Qualità della Vita, relativamente al concetto di salute… che non è solo un generico stato di benessere o una semplice efficienza fiso-psichica, ma un difficile equilibrio di forze antagoniste che devono armonizzarsi fra loro. E la “Felicità” in quanto “soddisfazione per la propria vita” rappresenta l’aspetto soggettivo più importante e significativo proprio della Qualità della Vita di ognuno di noi. È caratterizzata da una dimensione emotiva e da una cognitiva ed è connessa ai fattori oggettivi della qualità della vita stessa, fra i quali importante appare per l’appunto il nostro livello di salute. Malgrado una relativa stabilità, la felicità può essere modificata in particolari periodi della vita come nella fase dello sviluppo, in quella dell’invecchiamento e nel corso di malattie croniche e invalidanti. Poiché queste modificazioni possono migliorare o peggiorare la qualità della vita, è possibile chiedersi se, date come stabili le condizioni oggettive, noi possiamo aumentare lo stato di “Felicità”, cioè il nostro benessere soggettivo? Dobbiamo quindi chiederci cos’è la “Felicità”? Come si valuta? E se è possibile modificare questo nostro stato psichico. Modificare sentimenti ed emozioni a breve termine sembra sia più facile. Sia stimoli esterni, sia anche l’uso di psicofarmaci possono modificare i nostri stati d’ansia, di depressione e tristezza, provocando gioia, allegria e voglia di vivere. Modificare invece il giudizio sulla propria vita o uno stile cognitivo che crei la nostra soddisfazione e i nostri sentimenti positivi di fondo permanenti, questo sembra sia alquanto più difficile. Tuttavia, sarebbe necessario porsi alcune domande preliminari. Cioè, non solo se sia possibile modificare l’attitudine alla felicità, ma anche se rendere una persona felice sia un giusto obiettivo. Più attuale può essere l’osservazione che l’infelicità e il malessere soggettivo sono motivazioni al cambiamento che spingono a raggiungere uno stato di felicità. Lo stato raggiunto può far cadere la motivazione e quindi rendere statica la vita di un uomo. Questo stesso fatto, però, in relazione al movimento dell’ambiente e dell’individuo stesso, può determinare ulteriore discrepanza e disagio e quindi infelicità, cosa che rimette in movimento il processo di miglioramento. Si potrebbe pensare allo “stato di felicità” come ad un sistema in equilibrio che, mediante continue oscillazioni e retroazioni, è sempre in movimento, tendendo a raggiungere una omeostasi che viene poi sempre messa in crisi. Vi è però da osservare che l’attitudine alla felicità, alla soddisfazione e all’ottimismo, cioè ad uno stile cognitivo che porta a questi stati psichici, è nella storia di un individuo una caratteristica assai stabile in età adulta. Una caratteristica che non rende affatto inerte l’individuo, ma risulta utile sia per la sua realizzazione sociale che per la salute fisica e psichica. Quanto alla possibilità di modificare la soddisfazione per la vita e l’attitudine a considerarsi felici, esistono molti lavori che, oltre a sottolineare l’inerzia di questi stati d’animo, li considerano poco influenzabili da fattori ambientali. Anche i problemi di salute possono considerarsi come fatti accidentali che non incidono sul giudizio globale che uno ha di sé. In sostanza, fatti negativi o positivi, esterni o interni, hanno un effetto momentaneo sulla felicità, e poi per un meccanismo di riaggiustamento o di confronto o di riadattamento e di abitudine al nuovo, lo stato psichico e le modalità di fronteggiare l’ambiente ritornano come prima (Briclanan & Campbell, 1971). Naturalmente fanno eccezione a queste considerazioni gli stati estremi, cioè grande miseria o grande benessere malattie molto gravi o eventi sconvolgenti la vita di un individuo. Nei casi di malattie gravi o eventi sconvolgenti la vita di un individuo, tipo le circostanze che riguardano lo stato di coppia, l’individuo non si adatta completamente ai cambiamenti e lo stato di felicità viene compromesso in maniera permanente. In psicologia l’orientamento di fondo si concentra intorno alla set point theory: Ogni individuo è concepito come dotato di una capacità data di felicità, che risulta determinata dai suoi tratti genetici e dalla sua personalità, le cicostanze della vita, come il matrimonio, la perdita del lavoro o una malattia grave, possono spingere al di sopra o al di sotto di questo livello, ma nel tempo il suo adattato edonico lo riporterà al suo livello iniziale. Uno dei sostenitori di questa teoria afferma che le circostanze oggettive della vita assumono un ruolo trascurabile nella spiegazione della felicità (Kamman). Se la teoria del set point fosse corretta è ben poco quello che l’individuo può fare nel tentativo di migliorare il proprio livello di benessere… Affrontare tuttavia la vita con intelligenza positività e non negativa può sicuramente aiutarci e non poco. Sono state effettuate numerose indagini per verificare l’adattamento dell’individuo ai cambiamenti che riguardano lo stato di salute: alcune di queste hanno supportato la nozione di adattamento completo, altre invece l’hanno contraddetta. Uno studio più completo e preciso (Mehnert, Kraus, Nadler, Boyd, 1990) dimostra che la soddisfazione delle persone disabili è in media significativamente inferiore a quella delle persone non disabili. Nel gruppo delle persone disabili, la felicità è più bassa per le persone che presentano difficoltà maggiori. La soddisfazione è inferiore quanto più gravi risultano le condizioni di incapacità in cui l’individuo versa.  La soddisfazione risulta inferiore per coloro che vivono più di una condizione di inabilità. Coloro che sono affetti di incapacità mentale o fisica risultano meno soddisfatti di coloro che sono colpiti da incapacità sensoriali. Più l’individuo è limitato nello svolgimento delle sue attività quotidiane, meno soddisfatto egli risulta. Di conseguenza, questi risultati presuppongono che, in media, un cambiamento sfavorevole nelle condizioni di salute riduca la soddisfazione, e quanto più grande è il cambiamento sfavorevole, tanto maggiore risulterà la riduzione del livello di soddisfazione corrispondente…

E’ sempre tempo di Coaching!”

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