Le onde lunghe della crisi di governo scuotono di nuovo il Pd. Il partito, infatti, si divide su tempi e modi della soluzione, fra chi vuole andare al voto subito. Zingaretti e la maggioranza del partito e chi invece cerca accordi con i grillini per un governo Conte bis che allunghi i tempi ed eviti il ritorno rapido alle urne. E guarda un po’ è proprio lui Matteo Renzi: “coerenza zero e la faccia come il culo”. A partire da un accordo sul taglio dei parlamentari e con la motivazione che non si può fare aumentare l’Iva. Renzi sembra proprio avere cambiato idea, rispetto a poche settimane fa: “mai un governo coi 5 Stelle” tuonava minacciando Zingaretti & Compagni. Ricapitolando: il teorico della politica dei pop corn, dei #senzadime, del ‘mai con il M5S’… strategie che hanno contribuito a far arrivare Salvini al 40%… propone oggi un governo con il M5S per fermare Salvini. Un capolavoro di coerenza e lungimiranza. Non sarebbe stato più corretto andare alla direzione del partito, proporre le sue tesi, sottoporle a un confronto costruttivo e a un voto? Non sarebbe più semplice lavorare al fianco del segretario Zingaretti per dare un contributo al dibattito non semplice ma fondamentale sul futuro del paese dopo i disastri del Governo Lega-M5S che ancora una volta passa da una decisione di una grande comunità come quella democratica? Perché no? Il retroscena dice che Renzi vuole evitare ad ogni costo che Zingaretti vada al voto e cancelli la sua presenza nei gruppi parlamentari. Inoltre, gli serve prendere tempo per organizzare la sua scissione e andare così alle urne con il suo nuovo partito. Lo stato del dibattito nel partito è comunque sintetizzato molto ben da un botta e risposta fra Luigi Marattin e Pierluigi Castagnetti. “A troppi non è chiaro – o fanno finta che non sia chiaro – cosa significhi aumentare di 23 miliardi le imposte sui consumi in un anno di (se va bene) stagnazione dei redditi e in un paese debilitato da 14 mesi di cialtronate. No aumento Iva e poi immediatamente al voto”. twitta il renziano Marattin. “No caro Luigi, la manovra – sostiene Castagnetti, uno dei padri nobili del Pd – la debbono fare loro e non altri mentre loro stanno a godersela in campagna elettorale. Se non vogliono farla prima del voto gli italiani sapranno chi ringraziare”. Nicola Zingaretti è dunque contro a un “accordicchio” e lo scrive sul suo blog su HuffPost. Senza se e senza ma: “Con franchezza dico no. Un accordicchio Pd-M5s regalerebbe a Salvini uno spazio immenso. Nessuna paura del voto”, – dice il leader dei democratici. – “Il sostegno a ipotesi pasticciate e deboli, non illudiamoci, ci riproporrebbe ingigantito lo stesso problema dopo poche settimane”. Dunque stop alla tesi caldeggiata da Matteo Renzi, che controlla ancora i gruppi parlamentari dem e rilancia con un’intervista al Tg 1. “Solo dopo aver messo i conti a posto, si vada a votare e vi assicuro che noi e i Cinque Stelle staremo da due parti diverse”, – dice l’ex premier. “Non vado a mangiare la pizza con Grillo nemmeno se mi pagano. Ma Salvini ha rovinato l’estate agli italiani aprendo una crisi di governo dalle spiagge con le cubiste. Il governo è un fallimento, ma la scelta dei tempi porta la Borsa a bruciare miliardi, lo spread a volare e all’aumento dell’Iva al 25%. Tutto ciò è folle”. Renzi, si dice “convinto che ci sia una maggioranza (PD, 5Stelle e Forza Italia) per un governo Istituzionale che salvi il Paese. Chi dirà ‘no’, si assumerà la responsabilità davanti al Paese di consegnare alla destra estremista il futuro dei nostri figli”. L’uomo di Rignano sull’Arno, ancora una volta da prova di non avere alcuna coerenza e di pensare alla politica senza saper prescindere da se stesso e dal suo ruolo. La qual cosa è ormai francamente a prova di conati di vomito. Dario Franceschini, vedendo i rischi di una spaccatura, di un Pd del segretario e di un Pd renziano. Cerca di sedare la rissa interna al partito. “Dopo l’intervista di Matteo Renzi invito tutti nel Pd a discutere senza rancori e senza rinfacciarci i cambi di linea. Io lo farò. Anche perché in un passaggio così difficile e rischioso, qualsiasi scelta potrà essere fatta solo da un Pd unito e con la guida del segretario”. Dunque da un lato l’invito a non delegittimare Zingaretti, dall’altro un’apertura a ragionare intorno alle nuove aperture renziane al M5S. Franceschini, che appartiene all’area che sostiene Zingaretti, il 22 luglio aveva proposto di aprire ai grillini, ma era stato sonoramente bocciato dallo stesso Renzi che aveva annunciato la sua uscita dal partito in caso di dialogo. Anche Carlo Calenda si era schierato contro. E sembra non avere cambiato idea: “Governo tecnico per qualche mese, votato dal Pd, M5S e Forza Italia, per fare cosa? Folle piano di Renzi, così Salvini va al 60%. Così si perdono le elezioni e l’onore”. Contro le aperture dell’ex premier ed ex segretario si schiera anche Francesco Boccia. “Il Pd non è un autobus su cui salire quando capita. È il partito dei progressisti e dei riformisti italiani. Caro Renzi, Nicola Zingaretti il segretario eletto dalle primarie di cinque mesi fa con oltre un milione e seicentomila elettori, indica una linea politica chiara, vieni nella prossima direzione, e portaci il tuo contributo e voteremo insieme le scelte definitive che farà il Pd dopo la caduta del governo Lega-M5S”, dice il responsabile Economia del Pd… E il presidente del Partito Democratico Paolo Gentiloni su Twitter cerca di unire le anime del partito: “Ci aspettano prove difficili. Quando il gioco si fa duro i duri smettono di litigare”. Il Pd, dunque naviga in acque agitate. Ma anche il centrodestra ha i suoi problemi. Forza Italia, per esempio, teme di restare fuori dalle alleanze di Salvini. E non accetta l’idea di appoggiare un governo Pd-M5S. “Forza Italia guarda con distacco a ipotesi di un ‘governo della ribollita in salsa renziana, un’indigesta ricetta che umilia la volontà degli elettori e sazia gli appetiti di un gruppo di disperati guidati da Grillo a cui si aggiunge Renzi. Risuktando pronti a tutto pur di non mollare le poltrone”. Dice il portavoce dei gruppi di Camera e Senato di Fi, Giorgio Mulè. Non c’è dubbio con la crisi di governo, il Quirinale guardava al Pd per non consegnare il Paese nelle mani di Salvini: Ma Renzi pensa ancora di fare il suo partito, mentre Zingaretti vuole tornare alle urne. È quindi necessario risolvere prima l’ennesimo dilemma tra unità e rottura all’interno del partito… C’è una frase, tra le tante pronunciate nelle ultime ore dal leader leghista, che ha alzato il livello di guardia dell’allarme al Quirinale. Quell’invito agli italiani a conferirgli “pieni poteri”, prefigurando uno scenario che sposti il Paese fuori dal recinto delle regole democratiche, facendolo piombare in un contesto proto-dittatoriale. Timori che, peraltro, mal si conciliano con il fatto che il Viminale “leghista” dovrebbe essere l’istituzione che dovrebbe garantire la regolarità delle elezioni. Mattarella sa benissimo che qualsiasi possibilità alternativa al governo sovranista passa dal Partito Democratico, che, mai come oggi, ha bisogno di trovare quell’unità che negli ultimi anni è sempre stata un miraggio. Sia che si tratti di sostenere un governo che spinga la Lega all’opposizione, sia che si tratti di affrontare un delicatissimo passaggio elettorale tra fine ottobre e inizio novembre… Inutile dire che il capo dello Stato è già al lavoro per trovare una soluzione non è dato di sapere se alternativo ad un ritorno rapido alle urne, che potrebbe rivelarsi catastrofico per la tenuta economica e sociale del Paese. Soluzione che passa, appunto, per il Partito Democratico, per un Movimento 5 Stelle rinnovato e sicuramente con una nuova guida e, perché no, per quella parte di Forza Italia che, in fondo, non ha alcuna intenzione di “morire salviniana”. I margini sono alquanto strettissimi, ci proverà? Un’eventuale maggioranza Lega-FdI che uscisse dal voto avrebbe davanti delle praterie parlamentari per eleggere il prossimo presidente della Repubblica, mettere mano alla Costituzione e scardinare gli equilibri istituzionali del Paese, facendolo diventare più simile all’Ungheria di Orban che ad una moderna democrazia occidentale. Ma d’altronde se Zingaretti è convinto di potersela giocare alle urne, polarizzando lo scontro con la destra e risvegliando il ventre molle dell’elettorato deluso del centrosinistra e del Movimento 5 Stelle… bisognerà pur dargli credito visto che è Segretario da soli 5 mesi… altrimenti il problema resterà aperto e con un Pd balcanizzato come quello che si presenta oggi, è impossibile cominciare qualsiasi tipo di ragionamento di governo vero. In particolare con un problema che ancora risponde al nome di Matteo Renzi. Che opportunisticamente sta ragionando seriamente solo rispetto a se stesso, in netta contrapposizione ad un “nuovo corso” di rifondazione di un centrosinistra più ampio del PD portato avanti da Nicola Zingaretti… che ha bisogno di misurarsi con nuove elezioni che cancellino proprio le ambiguità politiche del renzismo che ancora oggi vantano un potere d’interdizione nel partito che alle ultime elezioni hanno condotto a dimezzato i voti dall’elettorato. Caro Renzi così e troppo comodo: hai finito i pop corn e ora vorresti passare dall’altra parte del bancone a riempire i sacchetti degli altri. No, non funziona così. La politica è ‘sangue e merda’ ma non può essere carne da macello. La politica, quella seria, è innanzitutto coerenza. Non è coerente invocare un governo di unità nazionale quando pochi giorni fa hai votato al Senato insieme a quel partito che dici essere pericolo per la democrazia. Non è coerenza ripetere un Monti bis, con tutti gli stessi identici errori, quando appunto hai detto che quel governo fu un errore. Non è coerenza dire che bisogna tagliare i parlamentari senza una riforma costituzionale adeguata e poi gridare al ‘pericolo democratico’. Nulla di quello che si sta dicendo in queste ore per giustificare il rinvio del voto è coerente. Nulla è reale politica. Zingaretti certamente sente l’afflizione prodotta da dubbi e incertezze, anche alla luce della rapida evoluzione del quadro politico. Ma ha un’unica certezza, almeno per ora, che non ha alcuna intenzione di appoggiare un governo di cui faccia parte anche il Movimento 5 Stelle. Ha detto troppe volte no (sollecitato dagli attacchi dei renziani) a questa ipotesi per cambiare idea in maniera così repentina. Da quando è in sella al Nazareno ha sempre dato un messaggio molto chiaro al Colle: il Pd non è disponibile a sostenere esecutivi che agli occhi dei cittadini possano sembrare come il risultato di giochi di palazzo, che finirebbe per dare ancora più forza a Salvini. E Renzi, dovrebbe aver capito, che molti elettori se ne sono andati dal Pd a causa sua, proprio per i suoi errori di incoerenza nonché politici. E con lui ancora in campo non torneranno a votare il Partito democratico. Sono troppo uguali i due Mattei. E a differenza di Matteo Renzi, Zingaretti ha sempre mostrato di avere coerenza rispetto alle cose dette… mentre a Renzi l’unica cosa che non fa torto è quella di una totale incoerenza e di avere: “la faccia come il culo”.
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