Ucraina: si fa strada l’ipotesi di perdere la guerra per evitare l’escalation…

Ucraina, ci sono anche quelli che non scelgono: «Né con Putin, né con la Nato». La manifestazione di oggi nella piazza di San Giovanni a Roma, non è priva di contraddizioni… Da Landini a Donatella Di Cesare e Rifondazione, c’è chi ripete: «Non si risponde alla guerra con la guerra». Le posizioni neutraliste finiscono di mettere sullo stesso piano aggredito e aggressore. Il corteo dei pacifisti è con la Cgil. Come scrive sul Corriere della Sera Antonio Polito: «In ogni talk show ce n’è uno. Quello che dice: più gli ucraini combattono e più dura la guerra. Siccome alla fine vincerà comunque Putin, prima Putin vince e prima ci sarà la pace. Elementare, Watson. Dunque, per il bene degli ucraini, non aiutiamoli a resistere, né con le sanzioni né con l’invio di armi». Questa inversione dell’onere della pace, per cui dovremmo essere noi, Occidente, a «cessare» una guerra avviata da Putin, evitando di farlo arrabbiare e fingendo di non sentire — ovviamente per il loro bene — ciò che gli ucraini ci chiedono a gran voce, può avere effetti paradossali. Non cade in questa palese contraddizione Gianni Cuperlo del Pd: “Sarò in piazza per la pace, ma all’Ucraina non si possono negare aiuti militari”. Chiediamoci: a che punto è giunta questa guerra? A quasi due settimane dall’inizio dell’offensiva russa in Ucraina, c’è un pensiero che si va affacciando nei corridoi delle cancellerie europee. Suona così: l’Ucraina non può vincere la guerra contro Vladimir Putin, malgrado l’invio di armi da parte dell’occidente. Non può, perché, non essendo un paese Nato, le forze dell’Alleanza non possono entrare per combattere l’armata di Mosca. Lo stallo, nel frattempo, sta causando migliaia di morti e minaccia di mietere altre vittime, come ammette il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg a margine della riunione con i ministri degli Esteri di tutto l’occidente a Bruxelles: “I prossimi giorni andranno peggio, con più morti”. E allora? Eccolo il pensiero inconfessabile: Volodymyr Zelensky deve farsi da parte non come segno di resa, ma per evitare la carneficina degli ucraini e una terza guerra mondiale. La scommessa occidentale è che Putin potrà anche prendersi Kiev, ma ormai è un reietto agli occhi del mondo e la sua Russia cadrà economicamente per via delle pesanti sanzioni scattate la scorsa settimana. Ma per questo serve tempo, forse anni. Nel frattempo, sarebbe il caso di fermare il massacro. Quindi trasferire Zelensky fuori dall’Ucraina, concedere il primo tempo a Putin e aspettare che le sanzioni abbattano la Russia: il pensiero fa sempre più capolino seppur timidamente tra le diplomazie. Cresce il timore di un’inutile carneficina e nuovi attacchi alle centrali nucleari. Mentre questo pensiero comincia ad essere sussurrato da qualche fonte diplomatica, scrive Angela Mauro – Huffpost, da Bruxelles: “i militari russi sono a 25 chilometri da Kiev. Da Mosca tornano a dire che Zelensky ha lasciato la città. Gli ucraini smentiscono. A Bruxelles si riuniscono i ministri degli esteri della Nato e poi, tutti insieme, con il segretario di Stato Usa Antony Blinken, partecipano al Consiglio straordinario degli Affari Esteri convocato dal capo della diplomazia Ue Josep Borrell, il quinto da quando è iniziata l’invasione. Vero obiettivo di tutta quanta la giornata: dare ai media un’immagine di unità di tutti gli alleati occidentali. E preparare nuove sanzioni: la prossima settimana Bruxelles provvederà ad allungare la lista degli oligarchi russi da punire”. Borrell non esclude più che possano essere sanzionate anche le banche finora escluse, come la Gazprombank attraverso la quale viene pagato il gas importato dalla Russia. “Stiamo valutando quale potrebbe essere un nuovo pacchetto di sanzioni nei prossimi giorni, potremmo ad esempio allargare il numero di banche escluse dal sistema Swift. Vedremo, i nostri tecnici ci stanno lavorando”, dice l’Alto rappresentante per la politica estera Ue. Un bel problema per paesi ad alta dipendenza energetica da Mosca come l’Italia. Finora Mario Draghi è riuscito a sventare il pericolo. Lunedì il premier sarà ricevuto a Bruxelles dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, accompagnato dal ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani. Il punto è che Putin non ferma l’avanzata militare in un territorio, quello ucraino, che ha anche centrali nucleari. L’attacco alla centrale di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, allarma le diplomazie occidentali, diffondendo preoccupazione nei vertici in corso a Bruxelles. “Poteva essere una catastrofe”, dice Borrell. Al di là dell’autore dell’attacco – da questa parte del mondo sono convinti siano stati i russi che invece accusano gli ucraini – si capisce che il conflitto è ad altissimo rischio. Non serve arrivare all’uso dell’atomica. Le centrali nucleari ucraine potrebbero provocare l’apocalisse se diventassero bersagli scelti o accidentali. Per ora, il pericolo pare sventato. Il direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, fa sapere che l’incendio non ha compromesso i sistemi di sicurezza dell’impianto. Ma lo scenario è da incubo. Eppure, la riflessione di ‘sacrificare’ è davvero troppo ‘hard’ o troppo acerba per finire sui tavoli di discussione adesso? Benché chi la accarezza si pone l’obiettivo alto di fermare la guerra, salvare la vita al presidente ucraino e a tanti ucraini. In attesa del collasso della Russia, ormai isolata dalla comunità internazionale. Sarebbe come perdere un primo tempo, perdere l’Ucraina, per vincere dopo, con i piani di indipendenza energetica da Mosca su cui i leader torneranno a discutere al summit convocato dalla presidenza francese a Versailles giovedì e venerdì prossimi. Oggi il presidente ucraino ha sentito al telefono i presidenti della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e del Consiglio Europeo, Charles Michel. Da quello che trapela non gli è stata avanzata una richiesta di lasciare Kiev. Ne la richiesta potrebbe partire da Bruxelles, riflettono alcune fonti diplomatiche. Dovrebbe essere lui a compiere il passo in nome dell’obiettivo di salvare la vita ai suoi connazionali che si stanno organizzando con trincee fatte di pneumatici e bottiglie molotov per resistere al potente esercito russo. Tipo black-bloc, senza nemmeno l’esperienza dei Riot Games, contro un esercito di carri armati. Una lotta impari, malgrado le armi che l’occidente ha scelto di inviare. La Polonia annuncia che manderà anche aerei, addirittura. Con il rischio, dice a mezza bocca qualche fonte diplomatica, di portare il conflitto fuori dall’Ucraina, magari in un paese Nato, con conseguenze atroci per l’umanità. Ma la linea dura, ben rappresentata dall’approccio polacco, dai Baltici e anche dalla Gran Bretagna che oggi in sede Nato ha chiesto di inviare più armi a Kiev, per ora ha la meglio. È la posizione di coloro che sperano e scommettono che Putin sarà costretto a fermarsi a colpi di minacce e di sanzioni. Perché la campagna d’Ucraina non gli sta andando bene come pensava, è l’argomentazione dei sostenitori dell’approccio muscolare. Gli Stati Uniti sono di questo avviso, per esempio. Molto chiaro il messaggio di Antoni Blinken in mattinata: “La Nato è un’alleanza difensiva, noi non cerchiamo il conflitto. Ma se il conflitto viene da noi saremo pronti”. È una frase che evidentemente mette nel conto la malaugurata possibilità che la guerra sconfini dall’Ucraina a un territorio Nato. Ma al di là dei toni roboanti, l’Alleanza sta cercando di evitare questo scenario apocalittico. È per questo che oggi non passa la proposta, avanzata dagli ucraini a più riprese, di istituire una ‘no-fly zone’. Troppo alto il rischio di incidente, escalation, guerra mondiale contro un paese, la Russia, che ha l’atomica. Da parte loro, i maggiori paesi dell’Ue, a cominciare dalla Germania, non abbandonano i tentativi diplomatici. Oggi con che chiede al capo del Cremlino di fermarsi. Ne ottiene solo la promessa che i negoziati con gli ucraini in Bielorussia continueranno, nuovo round nel fine settimana. La Turchia si propone per ospitare un incontro dei ministri degli Esteri di Russia e Ucraina al Forum diplomatico di Antalya, previsto per l’11 marzo. Mosca ha accettato l’invito. In conferenza stampa, Borrell nega che esista un piano per salvare Zelensky, trasferirlo in una capitale occidentale al sicuro, magari fargli formare un governo in esilio. Ma questa possibilità era emersa da Washington, quando sono scoppiate le ostilità. E finora Zelensky si è sempre opposto, agitando con fierezza la determinazione a combattere l’invasore. “Non chiederemo a Zelensky di arrendersi”, ci risponde Borrell. Ma lo stesso capo della diplomazia europea ammette che “le sanzioni non fermano la guerra nel giro di una nottata”. “Ne puntano a un cambio di regime in Russia”. Succederà quando ci sarà il “collasso del sistema economico russo, ma per questo ci vorrà tempo”. E il sacrificio di tante di vite umane. Aiutiamo dunque chi resiste perché è giusto. Ma anche perché amiamo la pace…

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